L’indimenticabile, il mito, il Super Santos
Qual è il ricordo più vivo nella mente delle persone? Il primo bacio, il primo giro in macchina o in motorino, il giorno della discussione della tesi di laurea, il giorno del matrimonio, una vacanza con gli amici. Questi sono ricordi standard per la quasi totalità delle persone.
Eppure molti non dimenticheranno le partite giocate in strada o al parchetto di turno imitando i giocatori preferiti, pettinati come loro, con le scarpette all’ultimo grido in partite a perdifiato nei pomeriggi d’estate. Alzi la mano chi non ha mai fatto la conta delle squadre e chi veniva scelto per primo (segno di essere capaci) o per ultimo (segno di non essere capaci).
Abbiamo giocato in campi verdi e in campi spelacchiati, al sole o con qualche goccia che cadeva, al mare come in montagna come nella via dietro a quella dove si abitava. Di mattina, di pomeriggio, di sera.
Ai tempi bastava un tot di ragazzini da una parte e dall’altra (possibilmente in numero pari), un portiere che poteva essere anche “volante” e passavano tutte le amarezze. E poi c’era lui, l’oggetto che differenzia il gioco del calcio da qualsiasi altro sport: il pallone da calcio. Ma in particolare un pallone, non un “5” di cuoio, ma un pallone leggero di cui (forse) custodiamo una copia sgonfia nella nostra cantina: il Super Santos.
Lo spazio “Football Legend” di questa settimana è dedicato a lui, il pallone della Mondo di Alba. L’azienda cuneese, specializzata nella produzione di palloni sportivi e prodotti di carattere sportivo, deve la sua fama anche per questo pallone che ha fatto sognare tanti ragazzini che ora sono padri e nonni e che possono raccontare a propri figli e ai propri nipoti di come si divertivano (e alla grande) qualche decennio fa.
Creato nel 1962, in un’epoca in cui le tv in casa degli italiani erano poche e quelle che c’erano erano in bianco-nero, questo pallone ha segnato un’epoca. E’ ignoto chi fosse il suo vero inventore (chi dice il figlio del titolare, chi un suo operaio), fatto sta che tutti i bambini che hanno avuto quel giocattolo saranno sempre grati al suo inventore. Chiunque esso sia.
Si potrebbe azzardare che il suo nome fosse legato in parte a Pelé, allora il giocatore più forte in attività militante nel Santos, squadra brazileira allora vincitrice della Coppa Intercontinentale e considerata la squadra più forte del Mondo.
Qual è stato il successo di questo prodotto? Innanzitutto il prezzo, molto economico. Poi il fatto che in quegli anni il calcio si stava imponendo come sport popolare e amato in tutta la Penisola, oltre al fatto che si poteva trovare in vendita ovunque.
La sua forma era particolare: sfera di 23 centimetri dall’inconfondibile colore arancione con le righe nere che richiamavano i palloni professionistici dell’epoca, scritta nera con i contorni gialli. Bastava che l’amico di turno avesse quel pallone e partivano partite che si sperava non finissero mai con quella sfera che ricordava i palloni di cuoio usati negli anni Cinquanta e Sessanta. La Mondo lo aveva fatto anche giallo con le strisce nere, poco dopo lo fece tornare al suo colore naturale.
Al Super Santos hanno dedicato canzoni, album e sketch teatrali rendendolo davvero un prodotto da memorabilia. Un oggetto di culto, come i Roy Rogers, le schede telefoniche, il Grillo parlante o la “figu” di Pizzaballa.
Con il Super Santos il tiro era (abbastanza) preciso e tutti ci siamo sentiti veri calciatori. Del resto il gioco del calcio è lo sport più popolare del Mondo per un semplice motivo: è praticabile ovunque, basta avere un qualcosa di rotondo e come porte si possono ancora usare alberi, zaini o giubbotti e via che si viaggia di fantasia, oltre a calciare un pallone con il nome della squadra più forte del Mondo con in rosa il giocatore più forte della storia.
Il Super Santos ha avuto anche dei “figli”. Due su tutti, il Super Tele e il Tango. Il primo, uscito anch’esso dalla fabbrica piemontese, negli anni Settanta, il secondo prodotto dalla tedesca Adidas durante i Mondiali argentini. Due palloni da calcio completamente agli antipodi tra loro, non solo come prezzo, ma anche come prodotto in sé: con il Super Tele, qualsiasi tipo di tiro faceva fare alla palla acrobazie non richieste, mentre il secondo era più bello e più professionale. Oltre che un altro successo commerciale.
Il Tango era più bello stilisticamente, era più pallone da calcio e negli anni Ottanta la nuova moda. E dopo il Tango sono arrivati altri palloni da calcio celeberrimi, tutti marchiati Adidas e tutti diventati dei miti: dall’Azteca all’Etrusco, dal Fevernova al Teamgeist, dal Jabulani al Brazuca. E chissà come si chiamerà il pallone di Russia 2018.
Eppure ai bambini degli anni del ventennio Sessanta-Ottanta bastava anche uno sgangherato Super Tele per avvicinarsi ai giocatori professionisti che calciavano il Tango o l’Etrusco della situazione. Il Super Tele, fratello più fortunato (commercialmente) del Super Santos, più leggero e di plastica sottile colorata e più vicino ai palloni “pro”, con gli esagoni neri e la restante parte della sfera di colore bianca, rosso, azzurra, gialla, verde o “rainbow”. Il tutto confezionato dentro una semplice retina che permetteva al negoziante di turno di affiggerlo in alto quasi come fosse il codino del calci-in-culo dove noi facevamo balzi enormi per poterlo prendere, rompergli la retina, calciarlo violentemente, mandarlo sotto un’auto in sosta, sopra un albero o sul balcone del vicino. Oppure si bucava, come la maggior parte dei casi. Ma il suo costo molto basso permetteva a mamma e papà di non svenarsi per comprarne un altro al loro figlioletto. Che tempi, quelli dell’accoppiata Super Santos – Super Tele!
Poi con il nuovo secolo sono arrivati gli smartphone, le console, i tablet e altre cose tecnologiche che hanno allontanato i ragazzi dalle strade e dai campi polverosi per giocare attaccati ad un device o un tool con la testa abbassata, mentre allora la testa era abbassata solo per poter calciare meglio il Super Santos.
E’ sempre difficile (e brutto) stilare classifiche, ancora di più affermare se era meglio giocare in strada o al parchetto con il Super Santos o oggi essere in strada con lo smartphone in mano. I tempi sono cambiati, ma siamo sicuri che i 30-40enni di oggi hanno vissuto dei bei momenti sfidandosi face-to-face con gli amici a partite di calcio che si sperava non terminassero mai.
E poi scusate: se il telefono cellulare cade, non rimbalza e si rompe, mentre il Super Santos (e i suoi simili) non si rompe, rimbalza e può essere ricalciato. Con lo smartphone rotto non si può fare nulla, mentre con il Super Santos “caduto” si può ripartire, si lancia la palla in avanti al compagno più bravo che segnerà. Magari il gol che deciderà l’ennesima partita in spiaggia o all’oratorio.
Forse è meglio il Super Santos. Non credete?