SILVIO PIOLA – Nel 1913 diventava Presidente degli Stati Uniti d’America il democratico liberal Thomas Woodrow Wilson; in Turchia ci fu il colpo di stato dei “Giovani turchi”; iniziava la seconda guerra balcanica e l’imprenditore americano Thomas Ford diede una svolta nel processo industriale creando la catena di montaggio. In Italia, a livello sociale, in quell’anno, fu consentito di votare a tutti i cittadini di sesso maschile che avessero compiuto almeno 30 anni; a capo del governo c’era il liberale Giovanni Giolitti e, a livello calcistico, la Pro Vercelli vinceva il suo quinto scudetto. Nel mentre, a Robbio, piccolo paese immerso nelle risaie della Lomellina, il 29 settembre nasceva Silvio Piola, il calciatore italiano più forte di tutti i tempi. Un esempio per tante generazioni di calciatori.
In carriera Piola indossò le maglie di Pro Vercelli, Lazio, Torino, Juventus e Novara con cui chiuse la carriera dopo aver segnato 274 reti in Serie A: l’ultimo suo gol, datato 7 febbraio 1954 contro il Milan, lo realizzò all’età di 40 anni sei mesi e nove giorni. Un record che durò sino al 19 maggio 2007, quando l’allora difensore del Milan Alessandro Costacurta segnò a 41 anni e 25 giorni, mentre in Nazionale Dino Zoff lo superò con l’ultima partita giocata a poco più di 41 anni (Piola si fermò a 38 anni e sette mesi). Il record che Piola manterrà a lungo sarà quello di marcature in Serie A. Il campione pavese è ancora oggi il capocannoniere storico in massima serie della mitica “Pro” (51 reti), dei biancocelesti capitolini (143) e dei biancoblù piemontesi, con 70 gol.
Nonostante i record, Piola ebbe un solo enorme rimpianto: non aver mai vinto lo scudetto, se non sfiorandolo per ben quattro volte (una volta con la Lazio, una volta con il Torino, due volte con la Juventus). Gli andò meglio in Nazionale, poiché vinse da protagonista il Mondiale francese del 1938: l’allora attaccante della Lazio segnò cinque reti tra cui la doppietta in finale contro l’Ungheria. Piola si è sempre dichiarato un vercellese “verace” perché, oltre a legarsi sin da piccolo alla città di sant’Eusebio, con le bianche casacche debuttò in Serie A a 16 anni e l’anno successivo, da titolare, realizzò ben tredici gol in campionato: un predestinato, anche se i quadri societari sapevano bene che in riva al fiume Sesia non sarebbe rimasto a lungo.
L’avvento del professionismo impose la sua cessione, ponendo fine al mito della Pro Vercelli alla sua ultima stagione nella massima serie: era l’estate 1934 e Piola sbarcò nella capitale. Fu ceduto alla Lazio del presidente Gualdi grazie alle pressioni del regime fascista: il direttore amministrativo del PNF, Giovanni Marinelli, e il Presidente della FIGC, Giorgio Vaccaro, vollero a tutti i costi l’attaccante alla corte di mister Walter Alt per vincere il titolo e lo acquistarono per 300 mila lire, cifra esorbitante per l’epoca, vista anche la giovane età del calciatore. L’acquisto di Piola rientrava nel progetto della dirigenza biancoceleste di vincere il primo scudetto, riservato fino ad allora solo alle squadre del Nord, tra cui i bicciolani piemontesi. Piola giocò nella Lazio nove stagioni, con le sole soddisfazioni di un secondo posto in campionato (1936/1937) e di due vittorie nella classifica marcatori (nelle stagioni 1936/1937 e 1942/1943) con 21 reti segnate. Con la guerra entrata nel vivo, Piola decise di tornare al Nord: nel 1943 fu acquistato dal Torino e l’anno successivo passò alla Juventus, realizzando sotto la Mole cinquantatre reti in tre stagioni.
Nell’agosto 1947 il bomber di Robbio scese di categoria, in serie B, alla corte dell’ambizioso Novara dell’imprenditore Delfino Francescoli. La Juventus lo cedette senza indugio e sotto la cupola di San Gaudenzio il trentaquattrenne Silvio Piola trovò una “seconda vita”, giocandovi sette stagioni, realizzando 86 reti in campionato e portando i novaresi in A nel 1948 (vincendo il torneo di Serie B) e all’ottavo posto nella stagione 1951-1952, il miglior piazzamento in massima serie per i gaudenziani. Anche nelle file di una “provinciale” non perse il senso del gol ed il 3 febbraio 1952, contro il Milan, segnò il suo trecentesimo gol in carriera: alla fine le sue reti saranno 349 in oltre seicento incontri. Nel 1954 decise di ritirarsi e di fare l’allenatore: dopo un anno in Nazionale, per quattro anni diresse il Cagliari in Serie B e nel 1958 entrò in Federazione come talent scout e allenatore dei giovani. Ricoprì quel ruolo fino al 1976 quando andò in pensione, uscendo dal mondo del calcio in punta di piedi, com’era nel suo stile.
Morì il 3 ottobre 1996, pochi giorni dopo aver festeggiato il suo ottantatreesimo compleanno, nella cittadina sesiana di Gattinara. Alla sua memoria sono stati intitolati gli stadi di Novara e Vercelli (le due squadre dove il campionissimo Piola diede il meglio di sé), oltre al premio alla giovane rivelazione che si è messa in luce durante il corso dell’ultimo campionato di Serie A. Cosa rimane nel 2016 di Silvio Piola? Purtroppo non esistono filmati sulle sue gesta e tutto ciò che si sa di lui è frutto di ricordi di qualche nonno, immagini in bianco e nero, libri ed articoli di giornali dedicati ad un uomo che ha scritto le più belle pagine del calcio italiano.
Chi lo ha visto giocare si ricorda di vedere in lui ciò che ora rappresentano i vari Messi, Cristiano Ronaldo e Ibrahimovic: un giocatore completo (ma schivo), volitivo (ma non mediatico, per i tempi che furono), serio (ma non capriccioso), corretto (ma per nulla snob). Chissà cosa direbbe oggi Silvio Piola del calcio di oggi che è veloce, “spezzatino”, dominato dalle pay tv, con pochi italiani nelle rose e con gli stadi vuoti? Il suo pensiero è ricordato all’ingresso degli spogliatoi dello stadio del Novara con questa scritta: “Amate la vostra società la maglia che portate: difendetela, siate dei generosi in campo. La gente vi applaudirà sempre”. Questo era Piola e purtroppo di giocatori (e soprattutto uomini) come lui mancano non solo nel calcio, ma anche nella vita di tutti i giorni.