Edson Arantes do Nascimento era un ragazzino di 15 anni quando fu selezionato per entrare a far parte della prima squadra del Santos, una delle squadre storiche del calcio brasiliano. Edson Arantes do Nascimento ha vestito la maglia dei Peixe per diciotto anni (più uno nella “Primavera”), segnando in 665 presenze 647 reti.
Grazie alle prodezze di quel ragazzo, il Santos per due volte vinse la Coppa Intercontinentale, contro Benfica e Milan, laureandosi, praticamente,squadra più forte del Mondo nel 1962 e nel 1963. Edson Arantes do Nascimento è tutt’oggi il top scorer della coppa che vedeva di fronte i vincitori dell’allora Coppa dei Campioni europea e della Coppa Libertadores sudamericana con 7 reti (allora si giocava in partite di andata e ritorno con eventuale spareggio). Ma è stato con la Nazionale brasiliana che Edson Arantes do Nascimento si consacrò a livello universale.
PER TUTTI PELE’
“Ma chi era ‘sto Edson Arantes do Nascimento?”, dirà il solito tifoso che segue con poca attenzione il mondo del calcio? Edson Arantes do Nascimento, nato a Três Corações, nello Stato di Minas Gerais, il 23 ottobre 1940, è noto a livello globale con il soprannome di Pelé, il più forte calciatore della storia.
Pelé è riconosciuto come colui che ha cambiato il gioco del calcio ed è stato la quintessenza del futebol brasileiro fatto di giocate sopraffine e gioco di squadra con l’obbiettivo di vincere.
1281 GOL IN CARRIERA
Intelligente tatticamente, Pelé è stato un giocatore tecnico, veloce e con uno spiccato senso del gol, tanto da aver segnato (si dice) 1281 reti in partite ufficiali.
Su Pelé si è scritto tutto ed il contrario di tutto, ma divide ancora oggi su due versanti: è stato davvero il giocatore più forte della storia? Come mai non è mai venuto a giocare in Europa?
Una cosa è certa: se i Beatles erano “più famosi di Gesu'”, Pelé è lo sportivo per antonomasia, tanto da essere stato nominato, con Muhammad Ali, sportivo del Novecento.
O REI, IL MITO
Ma come nacque il “mito” Pelé? Innanzitutto il futuro O Rei nacque…sciuscià, pulitore di scarpe per strada e giocò a calcio nella sua cittadina con stracci a mo’ di palla o con la frutta. Iniziò a giocare nel Bauru, ma a quindici anni venne notato da un osservatore del Santos, squadra dell’omonima città nello Stato di San Paolo ed una delle più forti dell’intero Brasile.
SANTOS NEL CUORE
Edson entrò nel club a 16 anni e ne uscirà a trentaquattro, dopo diciannove stagioni consecutive. Con la squadra bianconera Pelé vinse da protagonista dieci campionati paulista, cinque Taca do Brasil consecutivi (l’ex campionato brasiliano) e, sopratutto, due Coppe Libertadores ed altrettante Coppe Intercontinentali.
Dal punto di vista personale, Pelé vinse undici classifiche marcatori del campionato paulista, di cui la prima a soli sedici anni, vincendone undici (di cui le prime nove consecutivamente) segnando qualcosa come 398 reti solo in campionato.
Nel 1974 lasciò la squadra brasiliana, si prese un anno sabbatico per approdare nel campionato Nord-americano nel 1975 con i Cosmos di New York. Pelé fu coperto d’oro ed in tre stagioni giocò 64 partite segnando trentasette reti e vincendo il titolo nel 1977, la sua ultima stagione prima del ritiro. Ogni anno entrò nel top team del torneo e l’esperienza fu importante anche perché grazie a lui molti americani si avvicinarono al “soccer”: la partita del suo addio si disputò il 1° ottobre 1977 con un amichevole tra le uniche squadre in cui giocò, il Santos ed i Cosmos, e Pelé giocò un tempo con una squadra e l’altro con l’altra. Alla fine del primo tempo i Cosmos decisero di ritirare la maglia numero 10 del loro giocatore più forte.
E allora la domanda ritorna preponderante: perché andare negli USA e non confrontarsi nei principali tornei europei? Semplice, perché dopo il Mondiale cileno vinto dal Brasile nel 1962, l’allora governo verde-oro nominò Pelé “tesoro nazionale”, impedendone la cessione all’estero, e quindi in Europa.
Ma è con la Seleçao che Pelé divenne mito
A diciassette anni, e dopo aver già vinto due volte la classifica marcatori, Pelé fu convocato dall’allora CT Sylvio Pirillo per un’amichevole contro l’Argentina ed il giovane talento (aveva 16 anni e 257 giorni) segnò il gol della bandiera. Un anno dopo fu convocato per il Mondiale svedese. Partito riserva, entrò in campo contro l’URSS e non lasciò più la maglia numero 10 brasileira da titolare.
In quel Mondiale segnò sei reti in quattro partite (una al Galles nei quarti, tre alla Francia in semifinale e due in finale contro la Svezia), ma è la prima rete della finale che è stata considerata per anni la miglior rete in un Mondiale: dribbling in area, “sombrero” sull’avversario e rete.
Pelé tornò in Brasile da idolo indiscusso e commosso per aver regalato la prima Coppa Rimet alla sua Nazione. Da allora, è ancora oggi il più giovane a segnare ad un Mondiale (17 anni e 239 giorni), a segnare una tripletta e a giocare una finale e a vincerla (17 anni e 244 e 249 giorni). Il nome del giovane Edson iniziò a girare per il mondo, un mondo allora senza social network e con poche tv nelle case.
Quattro anni dopo Pelè fece parte della spedizione verde-oro in Cile per difendere il titolo. Titolo che la Seleçãobissò, ma senza in campo il suo campionissimo in quanto messo ko alla seconda partita contro la Cecoslovacchia (al debutto segnò contro il Messico) e da allora fu costretto a vedere il torneo dalla panchina.
Quattro anni dopo Pelé era ancora più osannato di prima e partecipò allo sfortunato Mondiale inglese: anche in quel caso, un fallaccio di gioco lo costrinse al ko e alla panchina dopo la prima partita ed il Brasile uscì subito al primo turno dopo sei edizioni. Nonostante riuscì a fare gol contro la Bulgaria, diventando il primo calciatore a segnare in tre Mondiali diversi. Il tutto a 26 anni da compiere.
IL DIO DEL CALCIO
Ma a Messico ’70 Pelé ebbe la rivincita dopo due Mondiali negativi: vittoria finale e gol in finale contro l’Italia per un Brasile considerato (ancora oggi) come il Brasile più forte di sempre. E’ stato il Mondiale di Pelè in tutti i sensi, tanto che ancora oggi molti si chiedano come abbia fatto a segnare quel gol di testa in finale marcato da Tarcisio Bugnich, sovrastandolo in maniera imperiosa. Il giorno dopo (22 giugno 1970), il “Sunday Times” uscì con un titolo che ancora oggi è leggenda:”Come si scrive Pelé? D-I-O”. Il numero 10 del CT Zagallo segnò altre quattro reti e fu il primo a segnare in ben quattro Mondiali diversi (come lui, anche I tedeschi Uwe Seeler e Miroslaw Klose).
Pelé gioco dopo la finale messicana ancora quattro partite amichevoli dopo di che decise di lasciare per sempre laSeleção. Con la maglia verde-oro giocò 92 partite segnando 77 reti ed ancora oggi è il top scorer brasiliano di sempre.
Pelé, come detto, si ritirò dal calcio giocato il 1° ottobre 1977 a 37 anni e chi pensava che Pelé, terminata la stratosferica carriera, si fosse seduto su una panchina, si sbagliava di grosso: niente carriera da allenatore per lui.
Il post calcio di Pelé è stato un insieme di autobiografie, documentari e qualche comparsata. Nel 1981, l’ex giocatore del Santos è tornato a fare il calciatore in un celebre film di John Huston, “Fuga per la vittoria”, ambientata durante la Seconda guerra mondiale e che raccontava una sfida calcistica tra una squadra mista di calciatori di Dynamo e di Lokomotiv Kiev ed una squadra composta da ufficiali della Luftwaffe, passata alla storia come la “partita della morte”. Nel cast, oltre a O Rei do Futebol, ci furono Sylvester Stallone e gli ex calciatori Bobby Moore, Osvaldo Ardiles, Paul Van Himst, Kazimierz Deyna, Hallvar Thoresen, John Wark, Co Prins, Mike Summerbee, Russell Osman, Kevin O’Callaghan e Werner Roth.
La scena più celebre del film, oltre alle parate di Stallone, è stata la rovesciata con gol dello stesso Pelé.
LA PERLA NERA
Da allora, la “perla nera” ebbe molte onorificenze, come essere ambasciatore ONU ed UNESCO, calciatore del Secolo per la FIFA, il CIO, l’International Federation of Football History & Statistics, nonché dichiarato “Patrimonio storico-sportivo dell’umanità” e ministro dello sport sotto la presidenza del socialdemocratico Fernando Cardoso.
Per il centenario della nascita della FIFA, la stessa Federcalcio mondiale incaricò l’ex 10 del Santos di redigere la lista dei migliori calciatori della storia: nel 2004 supervisionò una lista di 125 calciatori, comprese due donne.
Un uomo paladino del calcio ed esportatore nel Mondo di bontà e di sani principi che legò il calcio alle lotte contro tutte le discriminazioni, il razzismo e le droghe.
Ad agosto ci saranno le Olimpiadi estive a Rio e Pelé potrebbe essere l’ultimo tedoforo, quello che accenderà il braciere olimpico. L’unico cruccio di Pelé è stato quello di non aver mai partecipato ad un’Olimpiade e di non aver mai vinto una medaglia: si spera che il CIO gli darà l’onore di accendere il “sacro fuoco di Olimpia”.
Edson Arantes do Nascimento è una superstar che dominò il mondo calcistico, un’icona vivente che superò ogni primato. Pelé fu un genio che in ogni occasione reinventava costantemente il gioco del calcio.
PELE’ O MARADONA?
Divide ancora oggi l’opinione pubblica su chi tra l’ex 10 diTrês Corações e Diego Armando Maradona sia il giocatore più forte della Storia del calcio. L’attaccante argentino divide con il brasiliano il primo posto (o il secondo, in base per chi si faccia il tifo) di giocatore più forte della storia del calcio, ma a differenza del “pibe de oro”, Pelé ha solo giocato in Brasile con la maglia del “suo” Santos e non ha mai giocato in nessun club europeo, come invece fece Maradona giocando con Barcellona, Napoli e Siviglia. E proprio la rivalità con Maradona è una domanda che ieri e oggi (e si crede anche in futuro) animerà i dibattiti tra i tifosi: chi è “peleniano”, chi è “maradoniano” ma in tanti concorderanno che la rivalità è solo a livello di “simpatia”, visto che Pelé ha giocato agli albori della tv dove solo la radio ed i giornali erano le fonti dove “vedere” le giocate del talento brasiliano, mentre l’argentino ha giocato con la tv a colori e con le prime trasmissioni dedicate al calcio. Pelé ha vinto tre Mondiali, Maradona uno anche se il “diez” lo vinse da solo mentre Pelé è stato il più forte in una squadra di forti. Maradona ha combattuto i poteri forti, Pelé (dopo il ritiro) è stato coccolato dal grande calcio e dalla Federcalcio mondiale ed è andato “a braccetto” con i poteri forti.
Il calcio di Pelé era diverso da quello di Maradona ed entrambi non hanno nulla in comune con il calcio attuale. Molti però vorrebbero vedere giocare contemporaneamente la “perla nera” ed il “pibe”.
IL CALCIO…
Una cosa è certa: Pelé, piaccia o non piaccia, è stato il Calcio.