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Football Legend: Michel Platini

PLATINI

Agrate Conturbia è un comune di circa 1.500 abitanti a 30 km a nord di Novara. Un paesino immerso tra le colline come tanti in quella zona di Piemonte. Agrate Conturbia è nota a livello nazionale per un parco faunistico. In quel paesino del Novarese nacque Francesco Platini. Platini era un muratore alla fine degli anni Dieci del Novecento partì per andare a cercare fortuna in Francia insieme ai suoi due fratelli e alle sue due sorelle. Si stabilirono a Jœuf, in Lorena, città di minatori, poco dopo si sposò ed ebbe un figlio cui diede il nome italico di Aldo.

LE ORIGINI

Nel frattempo, i fratelli di Francesco Platini tornarono ad Agrate, mentre l’ex muratore riuscì a mettere da parte un bel gruzzolo per aprire un bar nel paese. A sua volta Aldo, che era diventato un insegnante e faceva l’allenatore “a tempo perso”, si era sposato con una donna di origine italiana ed il 21 giugno 1955 ebbe un secondo figlio, cui diede il nome Michel (la primogenita venne chiamata Martina).

Il nipote del signor Francesco divenne, a partire dalla metà degli anni Settanta, il più forte giocatore di Francia e, negli anni Ottanta, il più forte calciatore d’Europa ed uno dei più forti del Mondo. Eh sì, Michel Platini ha sangue italiano nelle vene (piemunteis, a dire il vero) e proprio in Italia si è affermato come Calciatore, con la C maiuscola, ancora in Piemonte, con la maglia della Juventus. Platini iniziò “a fare il calciatore” con la maglia del Nancy, si è affermò con la maglia del Saint-Etienne ed è divenne un fenomeno con la maglia bianconera.

IL VERO NUMERO 10

Platini è stato un vero numero 10, non solo di maglia: piedi educati, abilità tecniche fuori dal comune, dribbling e fiuto del gol che lo hanno reso un idolo. Si è ritirato dal calcio presto, ma in pochi anni vinse tutto, sia a livello di club che di Nazionale. Nato centrocampista, si affermò come bomber senza esserlo di ruolo. Il suo bagaglio tattico e tecnico lo ridussero a quello che oggi è il falso nueve, una prima punta che non è una prima punta naturale, ma che segna come tale.

Amante di Mazzola e Rivera, ma anche di Beckenbauer, Cruijff e Muller, Platini ha incarnato il mito del ragazzino che sognava di fare il calciatore e che ci è riuscito. Il tutto grazie alla devozione verso il “dio pallone” e alla voglia di migliorarsi sempre e di alzare l’asticella della perfezione.
Dopo aver iniziato nella squadra di Joef, Platini nel 1972 passò al Nancy: pochi mesi prima era stato bocciato ad un provino con il Metz in quanto gli venne “diagnosticata” una insufficienza cardiaca.

Con il club lorenese militò sette stagioni (una in Ligue 2): prima di allora, in parte dovuto al carattere spigoloso e al poco physique du rôle, non si pensava che Platini avrebbe avuto una carriera da calciatore professionista. Al Nancy, Platini debuttò ad appena 17 anni e alla sua prima stagione segnò solo due reti: in sette stagioni ne siglò 127. Con le prodezze di Platini, il club arrivò quarto nel campionato 1976, nel 1977 il centrocampista arrivò terzo nella classifica del Pallone d’oro (dietro a Kevin Keegan e ad Allan Simonsen) ed in quel biennio fu eletto miglior giocatore di Francia. Nel 1978 alzò la da capitano la prima (e finora unica) Coppa di Francia del Nancy e partecipò al Mondiale argentino, dove segnò una rete, ma la Francia fu subito eliminata.

NEL ’79 PASSA AL SAINT ETIENNE

Nell’estate 1979 Platini approdò alla squadra francese più forte di allora, quasi al pari del magico Stade de Reims doppio finalista di Coppa Campioni negli anni Cinquanta, il Saint-Etienne. I “verdi” della Loira, fino a quel momento, avevano vinto nove scudetti, sei Coppe di Francia, cinque Supercoppe nazionali ed erano stati finalisti di Coppa dei Campioni, a Glasglow, nel 1976, contro il Bayern Monaco di Beckembauer e Muller. Con il numero 10 di origine italiana, il club allenato da Robert Herbin vinse un titolo nazionale (l’ultimo della sua storia), una volta si classificò al secondo posto, fu due volte finalista-perdente di Coppa di Francia mentre a livello europeo la squadra non ebbe risultati eclatanti. Nonostante questo, Platini in tre stagioni con la maglia “vert” mise a segno ottantadue reti in 145 caps e nel 1980 si classificò ancora terzo nella classifica del Pallone d’oro dietro i tedeschi Bernd Schuster e Karl-Heinz Rummenigge.

MONDIALE SPAGNA ’82

Platini nell’estate 1982 partì per la volta della Spagna a giocare il Mondiale di calcio spagnolo: la Francia si classificò quarta ed il numero 10 del CT Michel Hidalgo siglò due reti. La stessa estate, per circa 148 milioni, Platini sbarcò in Italia, alla Juventus. A volerlo fortemente fu Gianni Agnelli, che se ne innamorò dopo averlo visto giocare in due partite eccellenti del centrocampista francese contro l’Italia. I bianconeri bruciarono la concorrenza di Arsenal, Paris Saint Germain, Real Madrid e Bayern Monaco. E pensare che nel 1977 l’Inter e Platini avevano trovato un accordo di massima, ma lo slittamento dell’apertura delle “frontiere calcistiche” all’estate 1980, fece sfumare tutto ed il giocatore si accasò alla Vecchia Signora cinque anni dopo e dopo il passaggi ai “verts”.

PASSA ALLA JUVE

La Juventus, campione d’Italia in carica e con sei campioni del Mondo in rosa, quella stessa estate si accaparrò anche le gesta di un giovane calciatore polacco affermato, Zbigniew Boniek. Insomma, era ancora la squadra da battere. I primi mesi italiani di Platini furono molto difficili: la Serie A non era la Ligue 1, i difensori italiani non erano quelli francesi e la forma fisica non era al top: nel girone di andata siglò solo quattro reti. Il girone di ritorno invece vide il giocatore segnare ben dodici reti e vincere la sua prima classifica marcatori. Da quella stagione, il numero 10 di Joef divenne una leggenda non solo juventina, ma calcistica.

DUE SCUDETTI E UNA COPPA CAMPIONI

Con la maglia dei bianconeri, Platini giocò cinque stagioni, vinse due scudetti, una Coppa Italia, tre volte la classifica marcatori consecutivamente (a sedici squadre, con 16, 20 e 18 reti), una Coppa delle Coppe, una Supercoppa europea, una Coppa dei Campioni, una Coppa Intercontinentale e, soprattutto, tre Palloni d’oro. Platini come Cruijff, ma vincendo il trofeo di “France Football” consecutivamente.
Platini si ritirò dal calcio il 17 maggio 1987 al termine del campionato dove il giocatore segnò in tutto due sole reti: la sua ultima partita fu contro il Brescia. In cinque stagioni, Platini disputò 222 partite e 103 reti in totale.

Gli anni juventini consacrarono il talento di Platini in una Serie A che era al top del calcio europeo e lo misero nella “condizione” di superare, come prestazioni e talento, un mostro sacro del calcio transalpino come Raymond Kopa.
In Italia, Michel Platini segnò in ogni modo, ma è diventato famoso il suo calcio di punizione, dove da fuori area calciava facendo fare alla palla una traiettoria particolare, permettendo al portiere avversario di poter solo vedere entrare in rete la palla dopo aver scavalcato la “barriera” avversaria.

Una carriera prestigiosa quella di Platini, detto “le roi” per ovvi motivi, che ebbe un momento molto contestato: l’esultanza dopo la rete siglata su rigore il 29 maggio 1985, all’”Heysel”, contro il Liverpool nella tragica finale dove morirono 39 persone, di cui trentasei tifosi italiani giunti nella capitale belga per vedere la terza finale bianconera. Molti criticarono il gesto del numero 10 bianconero in quello che è stato l’unico neo di una carriera esaltante.

Gli anni juventini sono stati il top di Platini anche in Nazionale: campione d’Europa con i “galletti” nel 1984 nell’edizione casalinga e terzo posto al Mondiale messicano del 1986. La Francia di quei tempi è stata la più forte di sempre (prima di quella del double Mondiale-Europeo del biennio 1998-2000), con in campo gente come Jean Tigana, Alain Giresse, Luis Fernández, Patrick Battiston e Bruno Bellone. Platini segnò solo in quell’edizione nove reti, record di marcature in un singolo Europeo e ancora oggi l’ex capitano della Francia è ancora il top scorer di sempre della manifestazione.

DA CT DELLA FRANCIA

Appese le scarpe al chiodo, Michel Platini non lasciò il mondo del “rettangolo verde” e divenne CT della Francia. Con i Bleus, Platini fu allenatore dal novembre 1988 al giugno 1992: quattro anni deludenti, dove la Nazionale non riuscì a qualificarsi per i Mondiali italiani ed uscì amaramente già al primo turno dell’Europeo svedese del 1992 con sconfitte pesanti, nonostante una qualificazione conquistata a mani basse.

CARRIERA DIRIGENZIALE

Lasciata la panchina, Platini si gettò a capo fitto nel comitato organizzatore che portò la Francia ad ospitare, a distanza di sessant’anni, il Campionato del Mondo del mondo di calcio (poi vinto). Ma la carriera dirigenziale di Platini era appena all’inizio: dal 2001 al 2008 è stato vice Presidente della Federcalcio francese e, nel frattempo, il 26 gennaio 2007 divenne il settimo Segretario della UEFA succedendo allo svedese Lennart Johansson. Per la prima volta un ex calciatore veniva eletto a capo della Federcalcio europea. Platini “bissò” anche nel marzo 2011 e nel marzo 2015.

Sotto la sua presidenza, nacque la nuova UEFA Champions League non solo con tre squadre dei top campionati direttamente ai gironi e con la quarta a giocarsi l’accesso con i play off, ma anche con il nuovo format per favorire anche le Nazioni calcistiche più deboli, affinché possano aspirare a partecipare alla coppa più prestigiosa d’Europa. La Coppa UEFA cambiò denominazione (e format anch’essa) diventando UEFA Europa League. Sotto la sua segreteria, si inizio anche a parlare di fair play finanziario come fondamento basilare di ogni squadra.

Ma a Platini non interessava più la governance del calcio europeo, ma quella mondiale: lo scorso 29 luglio, in vista delle elezioni per il nuovo segretario della FIFA, si candidò per la poltrona di massimo dirigente calcistico mondiale. Ma i guai erano dietro l’angolo: lo scorso 8 ottobre, Platini è stato sospeso dal Comitato Etico FIFA per aver intascato, quattro anni prima, una tangente di 2 milioni di franchi ed il 21 dicembre lo stesso Comitato lo ha squalificato per otto anni (poi ridotti a sei), dicendo così addio ai sogni di gloria di diventare il ex calciatore a diventare il massimo dirigente sportivo mondiale.

Se la carriera dirigenziale di Platini è finita in malo modo, agli amanti del calcio interessa cosa ha fatto Platini in campo: un tripudio di spettacolo, gol e vittorie pazzesche. Ne ha fatta di strada quel ragazzino di origini italiennes un po’ discolo che sognava di fare il calciatore e di diventare forte come i suoi idoli Kopa e Pelé. E pensare che poteva anche smettere di giocare, se avesse dato ascolto ai medici del Metz.

Ed invece, come nel film “Sliding door”, ha preso un’altra via. Per il bene del calcio.

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