Football Legend: Marco Van Basten

Marco Van Basten, il ‘cigno’

Utrecht è una cittadina posizionata al centro dei Paesi Bassi, una cittadina come tante altre nel paese dei tulipani e delle biciclette. Per chi ama (o segue) il gioco del calcio non si può non legare Utrecht ad uno dei calciatori più forti degli anni Ottanta-inizio anni Novanta, Marco van Basten.

DA MARCEL

Nato Marcel, Van Basten è stato un attaccante prolifico, vincente e vittorioso ma anche molto sfortunato: ha unito vittorie e gol incredibili ad una caviglia malandata che lo costrinse a ritirarsi all’alba dei trent’anni, proprio quando un calciatore entra nella sua fase top. E pensare che prima di allora aveva vinto il vincibile.

Van Basten, soprannominato “il cigno di Utrecht” per la sua eleganza ed il suo danzare con il pallone, legò il suo nome all’Ajax e al Milan. Il padre Joop fu anche lui un calciatore con la maglia degli olandesi del VV DOS (con il quale vinse anche un titolo in Eredivisie alla fine degli anni Cinquanta) e volle che anche il figlio giocasse a calcio, anche solo per divertirsi. Ma nelle movenze e nei tiri si vedeva già che aveva stoffa da vendere.

A 16 ANNI ARRIVA ALL’AJAX

A 16 anni entrò nel settore giovanile dell’Ajax, la squadra più forte d’Olanda nota anche per il suo floridissimo vivaio.

Il giovane Marco cresceva fisicamente, cresceva tatticamente e cresceva mentalmente ed il 3 aprile 1982 debuttava in campionato contro il NEC Nijmegen. A 18 anni van Basten giocò una buona fetta di secondo tempo, segnando anche. Insomma, chi ben comincia…Ah, il diciottenne van Basten diede il cambio ad un certo Johan Cruijff, la Leggenda (con la L maiuscola) del calcio orange, prossimo al ritiro. Il cambio non fu solo tecnico, ma fu anche un vero passaggio di consegne.

Con la maglia degli ajacidi, Van Basten giocò sei stagioni (1981-1987) vincendo tre titoli nazionali, tre Coppe d’Olanda, una Coppa delle Coppe e tre classifiche marcatori consecutive, segnando nelle ultime due stagioni sessantotto reti solo in campionato. E nel 1986 vinse anche la Scarpa d’Oro, il premio assegnato annualmente al calciatore che segnava di più in stagione in Europa. Una macchina da gol ed un fiuto del gol incredibili e come pochi.

La sua ultima stagione ad Amsterdam fu travagliata tra un’epatite ed un infortunio ad una caviglia, il cui intervento lo tenne lontano dal campo per tre mesi, non impedendogli di vincere la classifica marcatori e, soprattutto, la Coppa Coppe 1986/1987 contro i tedeschi dell’Est del Lokomotiv Lipsia, con gol vittoria dell’allora numero 9 biancorosso: dopo quattordici anni ad Amsterdam tornava una coppa europea.

PASSA AL MILAN

A fine stagione, Marco Van Basten approdò nella Serie A italiana. Ad aggiudicarselo, per meno di due miliardi di lire, fu il Milan del presidente Silvio Berlusconi. Van Basten era la ciliegina sulla torta di una squadra costruita per vincere e che aveva appena preso un altro giocatore olandese, l’attaccante classe 1962 Ruud Gullit dal PSV Eindhoven. Allenatore dei quel Milan era Arrigo Sacchi, alla prima stagione sulla panchina di una squadra della massima serie nazionale. Berlusconi voleva riportare il Milan sul tetto d’Italia, d’Europa e del Mondo e, anche grazie a MVB, ci riuscì: era un Milan di campionissimi e van Basten ne era il più talentuoso e quello più di prospettiva.

Il primo gol in maglia rossonera arrivò in campionato contro il Pisa su rigore. Un rigore che fece storia: il rigore con saltello, il suo marchio di fabbrica. Da quel 13 settembre 1987 arriveranno in tutto 125 reti. Ma poco dopo l’attaccante dovette operarsi alla caviglia e tornò solo sei mesi dopo, proprio nel rush finale contro il Napoli campione in carica. Fu una corsa a due che alla fine vide prevalere il Milan, vincitore nello scontro diretto del 1° maggio, anche con un gol dell’allora numero 9 olandese. Primo anno in Italia, scudetto vinto e otto reti, di cui tre in campionato: il meglio doveva ancora venire.

Se il primo anno in Italia fu tribolato (fisicamente) per Van Basten, l’Europeo tedesco del giugno successivo fu devastante.

CON LA MAGLIA ‘ORANGE’

Il giocatore era carico di voglia di far bene, ma l’allora CT Rinus Michels (il guru del “calcio totale”) decise di non farlo giocare dal 1′ nella prima partita contro l’URSS e gli orange persero. Michels nella partita successiva contro l’Inghilterra decise di far partire l’attaccante del Milan (con la maglia numero 12) dall’inizio e lui ricambiò con una tripletta.

I Paesi Bassi batterono poi l’Irlanda e superano il turno dove, in semifinale, affrontarono i padroni di casa della Germania guidati dall’interista Lothar Matthäus. Vittoria per 1 a 2 e gol vittoria di van Basten a due minuti dal fischio finale.

In finale, l’avversario fu ancora l’URSS e questa volta la vittoria andò agli olandesi e van Basten segnòin rete con un gol da cineteca: gol di destro al volo in area da posizione laterale. Un gol da manuale, un gol “alla Marco van Basten”.

E a fine stagione, van Basten vinse anche il Pallone d’Oro, superando in classifica i compagni di squadra Ruud Gullit e Frank Rijkaard, arrivato alla corte di Sacchi con il mercato estivo dagli spagnoli del Real Saragozza.

COL MILAN

La stagione 1988/1989 sarà quella della definitiva consacrazione: il Milan non vinse lo scudetto (arrivò terzo dietro Inter e Napoli), ma vinse dopo venti anni anni la Coppa dei Campioni. Marco van Basten fu il capocannoniere di quell’edizione della “coppa dalle grandi orecchie” e fu decisivo contro Vitosha Sofia (quattro reti al ritorno), Stella Rossa Belgrado e Werder Brema. In semifinale fu uno dei mattatori contro il Real Madrid in quella che è passata alla storia come “la partita perfetta”, oltre ad aver segnato il gol del pareggio all’andata di testa in tuffo. In finale, in un Nou Camp totalmente rossonero, il Milan affrontò la Steaua Bucarest ed i rumeni si dovettero piegare per 4 a 0 con doppietta di Gullit e dello stesso Van Basten. In appena tre anni, Berlusconi aveva portato il Milan sul tetto d’Europa.

La stagione vide il Milan vincere anche la Supercoppa italiana contro la Sampdoria (3 a 1 e gol finale di van Basten) e a dicembre la Coppa Intercontinentale contro il Nacional Medellín di Higuita. A distanza di venti anni, il Milan era tornato sul tetto del Mondo, per la gioia (e la promessa mantenuta) di Berlusconi. E lo stesso dicembre van Basten vinse il suo secondo Pallone d’Oro, superando ancora due compagni di squadra, Franco Baresi ed ancora Rijkaard.

CAPOCANNONIERE DELLA SERIE A

Il 1990 di Van Basten fu incredibile: capocannoniere della Serie A (con 19 reti), vittoria della Coppa Campioni, della Supercoppa europea e della Coppa Intercontinentale. E anche in questo tris di vittorie, il marchio del numero 9 olandese fu determinante, soprattutto nelle vittorie di Vienna e Tokyo, dove fece l’assist vincente per Rijkaard e due assist per lo stesso Rijkaard e per Stroppa in Giappone nel 3 a 0 all’Olimpia Asuncion. In campionato, il Milan arrivò dietro una fantastica Sampdoria.

Ma i cicli sono destinati a concludersi: nel 1991 Sacchi divenne allenatore della Nazionale e a Milanello arrivò Fabio Capello. Uno dei motivi che portò all’addio del “mago di Fusignano” fu una diatriba che ebbe proprio con Van Basten e che spinse Berlusconi a tenere il suo attaccante a scapito del  tecnico romagnolo.

Con il nuovo tecnico (rinomato sergente di ferro), Marco Van Basten vinse la sua seconda classifica marcatori con 25 reti ed il suo secondo scudetto italiano.

E l’8 ed il 25 novembre 1992 Van Basten, uomo-traino di un Milan di campionissimi, superò se stesso, segnando quattro reti al Napoli in campionato e al Goteborg nei gironi di Champions League.  Per la prima volta, un giocatore segnava quattro reti in un singolo match della nuova formula della Coppa dei Campioni  (da allora lo eguagliarono in undici).

PALLONE D’ORO

A dicembre 1992 ecco arrivare il terzo Pallone d’Oro: per la prima volta un attaccante puro vinceva tre volte l’ambito trofeo messo in palio da “France Football”. L’asso di Utrecht supererò Hristo Stoičkov e Dennis Bergkamp. MVB eguagliò l’ex compagno di squadra Cruijff e Platini nel computo delle vincite.

LA CAVIGLIA ‘MALEDETTA’

Ma la caviglia iniziò a creargli seri problemi e l’olandese fu ancora costretto ad andare sotto i ferri e saltare buona parte di stagione. Tornò in campo il 25 aprile 1993 e due settimane dopo siglò il gol numero 90 in campionato con il Milan. Il destino volle che quello fu la sua ultima rete con la maglia rossonera. Ironia della sorte: il primo e l’ultimo gol li siglò con in porta Alessandro Nista (Pisa ed Ancona).

Van Basten non era al top del condizione, ma volle disputare la finale di Champions contro l’Olympique Marsiglia a Monaco di Baviera. La partita era, in pratica, la rivincita di quella “del black out” di due anni prima. I rossoneri partirono con i favori del pronostico, ma la coppa fu vinta dai francesi. Van Basten giocò una partita opaca, complice i falli subiti dagli avversari e da una condizione fisica nel complesso insoddisfacente.

Qualche settimana dopo il giocatore si fece operare per la quarta volta (!) alla caviglia e questa volta l’assenza fu lunghissima, tanto da fargli saltare le intere stagioni 1993/1994 e 1994/1995.

L’estate 1995 vide Van Basten ancora alle prese con il recupero dall’operazione ma il 17 agosto ci fu la notizia che scosse il Mondo del calcio: Marco van Basten si ritirava. E la sera successiva, prima del Trofeo Berlusconi contro la Juventus, l’ormai ex attaccante di Utrecht fece un commovente giro di campo in borghese per salutare i suoi tifosi. Si chiudeva la carriera di uno dei giocatori più forti della storia del calcio, un giocatore che aveva fatto sognare milioni di tifosi, anche non di fede milanista.

Nel 1999, durante i festeggiamenti per i cento anni dalla nascita del Diavolo, Marco Van Basten fu eletto “milanista del secolo”: il giusto premio per un giocatore che ha fatto la storia del club meneghino.

Ma l’ex “cigno” non era uno che rimaneva con le mani in mano e allora decise di intraprendere la carriera di allenatore: nel 2003 iniziò dalla panchina della Primavera della squadra che lo aveva lanciato, l’Ajax. L’anno dopo la Federcalcio olandese gli conferì l’incarico di CT della Nazionale maggiore al posto di Dick Advoocat.

Il “saldo” di Van Basten con gli orange fu molto positivo, tanto che in 52 partite, le vittorie furono 35, le sconfitte 6 ed i pareggi undici.

VAN BASTEN ALLENATORE

Van Basten portò la Nazionale del suo Paese a qualificarsi e a disputare i Mondiali del 2006 e gli Europei di Svizzera ed Austria di due anni dopo: eliminazione agli ottavi in Germania, eliminazione nei quarti dopo aver vinto a mani basse un girone di ferro di qualificazione con Italia, Francia e Romania. Al termine della manifestazione europea venne sostituito da Bert van Marwijk.

Nell’estate 2008 tornò all’Ajax, ma ad allenare la prima squadra. La sua unica stagione in sella gli ajacidi durò…il tempo di un campionato, visto che si dimise al termine della stagione con il club terzo e non qualificato per la successiva Champions League.

Dopo tre stagioni “a riposo”, il 1° luglio 2012 l’Heerenveen pensò a van Basten come nuovo tecnico e lui accettò. Il club frisone non era un top team nazionale, ma una squadra che lottava per la salvezza a fine stagione. Nei due anni con il club biancoblù ottenne un ottavo ed un quinto posto, senza qualificazioni alle coppe europee.

La stagione successiva trovò un accordo con l’AZ Alkmaar, ma il “cigno” dopo tre giornate decise di “mettersi in aspettativa” a causa di alcuni problemi fisici e psicologici (si parlava di problemi cardiaci e di stress).

Risolti i suoi problemi, dallo scorso agosto Van Basten è entrato a far parte dello staff della Nazionale maggiore olandese di Danny Blind ed i suoi problemi sembrano del tutto passati, anche perché il nuovo ruolo è di assistente ed un po’ “in ombra” rispetto al passato.

Cosa rimane di Marco Van Basten oggi? Sicuramente l’attaccante di Utrecht è stato un giocatore che ha fatto la storia e la fortuna di Ajax e Milan, ma non solo: era amato dai tifosi delle sue squadre ma anche da quelli avversari, in quanto umile in campo e fuori e capace di farsi volere bene.

Tanti si sono innamorati del gioco del calcio grazie alla classe e alla leggiadria del “cigno”, dove il pallone gli dava del “tu”.

Si è sempre parlato di “nuovi Van Basten”, ma ad oggi nessuno sembra avvicinarsi: Zlatan Ibrahimovic è il giocatore che si dice da anni essere il suo erede designato, in parte per il ruolo, in parte per la prolificità ed in parte per il numero 9 che il ragazzo di Rosengård aveva quando militava (e segnava) nell’Ajax. “Ibra” ha sempre glissato sulla questione, quasi a sentire come un “peso” il paragone con il “cigno di Utrecht”.

Se il “Van Basten allenatore” ha ancora tutto da dimostrare e ha capito che allenare non è come giocare (come lui sono in tanti gli ex campioni che hanno fatto male in panchina, da Maradona a Platini a Gullit), il “van Basten calciatore” è stato un maestro di questo sport, un uomo leale in campo e capace di far sognare una tifoseria (quella milanista) che grazie (anche) a lui è tornata nel giro di due anni sulla vetta dell’Europa e del Mondo.

Peccato si sia ritirato (nei fatti) a solo 28 anni. Chissà cosa avrebbe fatto in carriera se avesse avuto le caviglie al 100%, ma con i se e con i ma non si gioca a calcio.

Van Basten ha fatto però i fatti. E questo può più che bastare.