Home Serie A Football Legend: Lev Yashin

Football Legend: Lev Yashin

Lev Yashin

Nell’anno della morte di Giovanni XXII e JFK, del disastro del Vajont, del “I have a dream” e del primo disco dei Beatles, il calcio festeggiava il trionfo di Lev Yashin, il più forte portiere della storia.

IL NUMERO 1… IL PIU’ FORTE

Nel 1963, dal punto di vista calcistico, si assistette ad un miracolo: un portiere riuscì a vincere il Pallone d’Oro. Il prestigioso premio assegnato annualmente da “France Football” non venne assegnato all’attaccante di turno e nemmeno ad un difensore o ad un centrocampista, ma lo vinse un estremo difensore di 34 anni, nativo di Mosca e tesserato per la Dinamo Mosca, Lev Yashin.

PALLONE D’ORO

Da quel dicembre 1963 a oggi si sono susseguiti 52 edizioni del premio con 36 vincitori diversi (24 attaccanti, 9 centrocampisti, 3 difensori), un cambio di denominazione (Pallone d’oro FIFA, dal 2010) ma mai nessun altro portiere ha vinto il premio. Ci arrivarono vicini due italiani, Dino Zoff (1973) e Gianluigi Buffon (2006): si disse che il portiere della Juventus e della Nazionale italiana vincitrice del Mondiale quell’anno lo avrebbe meritato, ma non avendolo dato a Buffon, il primato di Yashin si presume durerà ancora nel tempo. Neppure Manuel Neuer, estremo difensore del Bayern Monaco e Campione del Mondo in Brasile, nell’edizione 2014, riuscì a vincere il premio, andato a Cristiano Ronaldo davanti a Lionel Messi, ça va sans dire, due attaccanti.

A vent’anni Yashin entrò nella squadra del Ministero degli Interni dell’Unione Sovietica, la Dinamo Mosca, dopo un passato da operaio durante la guerra. Lascerà quei colori solo nel 1971, dopo 326 partite ed quasi cento calci di rigore neutralizzati. Chiedere a Sandro Mazzola che se ne vide parare uno il 10 novembre 1963 in Italia-URSS.

5 TITOLI CON LA DINAMO

Con la maglia biancoblu’ della Dinamo vinse cinque titoli nazionali e tre coppe nazionali, mentre tra il 1956 e il 1966 rese la Selezione sovietica una delle Nazionali più temibili al Mondo, sebbene non avesse assi in campo, salvo il proprio portiere.

Nel 1956, grazie alle sue parate, l’URSS vinse l’oro olimpico a Sidney contro la Jugoslavia e Yashin subì due reti in cinque incontri (uno fu ripetuto). Due anni dopo i sovietici parteciparono al loro primo Mondiale, dove furono eliminati nei quarti di finale dalla Svezia padrona di casa.

IL RAGNO NERO

E’ tra il 1960 ed il 1966 che nacque il mito del “ragno nero” (dal colore della sua divisa): nel 1960 l’URSS vinse la prima edizione degli Europei di calcio che si tennero in Francia, subendo solo due reti, di cui una nella finale contro la Jugoslavia. Nel 1962 la Nazionale rossa partecipò al suo secondo Mondiale e fu eliminata nei quarti dal Cile padrone di casa. Yashin subì un infortunio che lo costrinse a giocare quella partita con una benda ad un occhio in stile “piratesco”.

Il 1963 è l’anno della sua consacrazione: in campionato incassò solo sei reti e portò alla qualificazione il suo Paese agli Europei che si sarebbero tenuti l’anno dopo in Spagna. Il destino volle che agli ottavi dovette affrontare, il 10 novembre, l’Italia. A Mosca vinsero i russi per 2 a 0, mentre il ritorno si giocò a Roma. Passarono in vantaggio i russi. L’Italia al 60′ ottenne un calcio di rigore. Sul dischetto, come detto, si diresse Mazzola che si vide parare il rigore dal “ragno nero”. Mazzola dirà che Yashin lo ipnotizzò e, quando partì la sua rincorsa, gli sembrò che avesse mani ovunque, pronte a parare in ogni angolo della porta, diventata piccola nel frattempo.

A dicembre, meritatamente, gli fu assegnato il Pallone d’oro, succedendo al cecoslovacco Josef Masopust. Ottenne 73 punti, staccando di diciassette Gianni Rivera e di ventidue Jimmy Greaves del Tottenham, entrambi attaccanti. Come corollario di una stagione strepitosa, venne convocato per il “Resto del Mondo” nella partita celebrativa del centenario della Football Association, la Federcalcio inglese. Sebbene giocò solo i primi 45′, compì molte parate e anche a Wembley si prese una pioggia di applausi. E pensare che dopo il Mondiale cileno voleva ritirarsi…

Nel 1964 arrivò ancora in finale all’Europeo contro la Spagna padrona di casa, con vittoria delle “furie rosse”. Nei Mondiali inglesi del 1966 la CCCP si classificò quarta, miglior piazzamento della sua storia. Non giocò da titolare il Mondiale messicano e l’anno successivo appese i guanti al chiodo una volta per tutte. La FIFA gli dedicò un’amichevole internazionale allo stadio di Mosca, dove oltre 100 mila persone lo applaudirono al termine della partita.

SFORTUNATO FUORI DAL CAMPO

La sua vita lontana dai campi da gioco fu però sfortunata: emarginato dal mondo del calcio, nel 1985 gli fu amputata una gamba a causa di una tromboflebite, ma accompagnò ugualmente la Nazionale olimpica a Seul 1988 dove vinse il secondo oro olimpico della sua storia. Poco tempo dopo si ammalò di tumore e morì a Mosca il 20 marzo 1990, pochi mesi prima dell’inizio del Mondiale italiano, dove la sua Nazionale avrebbe preso parte per l’ultima volta nella sua storia.

Post mortem gli furono dedicati titoli ed onorificenze che solo i grandi calciatori si sono meritati: l’intitolazione del premio dato al migliore portiere di un Campionato mondiale; il titolo di migliore giocatore russo della storia; il titolo di miglior portiere del Novecento.

E pensare che nel 1950 giocò la sua prima volta da titolare in amichevole prendendo gol direttamente dal rinvio del portiere avversario e fu mandato a difendere i pali della squadra di hockey ghiaccio per punizione.

 

Exit mobile version