In questi ultimi anni, nel lessico calcistico mondiale, è sulla bocca di tutti una particolare parola spagnola, “cantera”. La cantera è un termine che in italiano è paragonabile a “vivaio”, “settore giovanile” e, impropriamente, “Primavera”. Chi segue un po’ il calcio lega l’espressione “cantera” al Barcellona, che ha nel suo vivaio de “la Masia” il centro dove il club catalano forgia i suoi talenti e che lo ha reso uno dei club non solo più importanti del Mondo, ma un vanto ed un fiore all’occhiello. Da “la Masia”, creata nel 1979 e diventata ancora più grande con il trasferimento dalla Masia de Can Plans presso il centro sportivo “Gamper” cinque anni fa, sono cresciuti i vari Josep Guardiola, Carles Puyol, Andres Iniesta, Xavi, e Lionel Messi poi affermatesi in prima squadra.
Se “la Masia” è la cantera numero 1 di Spagna, negli anni Ottanta la cantera più prolifica fu quella degli arcirivali del Real Madrid, il Castilla. In Spagna da anni, tra la Segunda división e Segunda división B, giocano quelle che sono le nostre squadre Primavera, con la possibilità di farle giocare contro squadre professionistiche con l’intento di far maturare i giovani calciatori dando loro spazio e poi portare i più meritevoli in prima squadra. In base ad un regolamento specifico, la squadre “B” non possono essere promosse inPrimera división e non possono retrocedere, a meno che non si tratti della squadra “A”. Da quando esiste la Segunda división, una sola squadra “B” è riuscita a vincere il campionato, il Castilla nella stagione 1983/1984, con Amancio Amaro in panchina, già giocatore del Real tra il 1962 ed il 1976.
In quegli anni il Real Madrid, dal punto di vista del palmares, non se la passava bene: non vinceva la Liga da cinque stagioni, in Europa non vinceva più dalla sesta Coppa dei Campioni del 1966 e tra 1981 ed il 1983 aveva anche disputato due finali europee, perdendole entrambe contro Liverpool e Aberdeen in Coppa dei Campioni e in Coppa delle Coppe. In più, il calcio spagnolo era in mano alle squadre basche, con le doppie vittorie, tra il 1981 ed il 1984, di Real Sociedad ed Athletic Club. Se Madrid/Atene piangeva, Barcellona/Sparta non rideva, visto che nonostante le due compagini basche espressero un calcio rude e per nulla fantasioso, lasciarono sempre al palo le due squadre più forti di Spagna.
Eppure quella vittoria del Castilla fu un qualcosa di clamoroso: una squadra di ventenni aveva messo una dietro l’altra tutte le avversarie, vincendo clamorosamente il campionato. Se il Castilla non poteva essere promosso, molti di quei giocatori furono promossi in prima squadra.
Visto che i grandi deludevano ed i giovani stavano facendo benissimo, un giornalista de “El Pais”, Julio Cesar Iglesias, il 14 novembre 1983, scrisse un articolo specifico sul Castilla e sui suoi giovani talenti che, nonostante la giovane età, giocavano benissimo e dimostravano una personalità incredibile in campo. In particolare, il giornalista si focalizzò su cinque ragazzi, nati tra il 1963 ed il 1965 (allora a ridosso della maggiore età), spingendo i blancos a farli giocare stabilmente in prima squadra. Iglesias li definì “la Quinta del Buitre”, parafrasando il cognome dell’attaccante di quella giovane squadra, Emilio Butragueño, detto appunto “el buitre”, l’avvoltoio.
Dalla stagione 1983/1984 i cinque ragazzi entrarono in pianta stabile nel Real Madrid facendo la storia del club. Questi eranoButragueño, Manolo Sanchís, Rafael Martín Vázquez, Míchel e Miguel Pardeza.
Gli anni Ottanta passarono alla storia come il decennio della “Quinta del Buitre”: sei scudetti di cui cinque consecutivi (l’ultimo a riuscirci fu proprio il Real tra il 1961 ed il 1965 e mai nessuno ci riuscì dopo di allora); due Cope del Rey; una Copa de la Liga; quattro Supercoppe di Spagna; due Coppe UEFA consecutive e otto “Pichichi” (di cui quattro consecutivi con Hugo Sanchez e la vittoria di Emilio Butragueño nel 1990/1991). Le due coppe europee, che sancirono il ritorno alla vittoria continentale dellemerengues dai tempi della sesta Coppa dei Campioni (1966), arrivarono contro Videoton e Colonia nel 1985 e nel 1986.
Vediamo nel dettaglio chi componeva quella “leva calcistica” che ha segnato la storia del calcio spagnolo negli anni Ottanta.
Emilio Butragueño era un attaccante piccolo, molto veloce, tecnico ed amante del dribbling, con un innato fiuto del gol. Militò inblancos fino al 1995, disputando 321 partite e segnando 121 gol. Attaccante atipico, fino all’esplosione di Fernando Torres, è stato il calciatore spagnolo più forte. Il “Buitre” debuttò in prima squadra il 5 febbraio 1984 contro il Cadice, mentre la sua ultima partita incamiseta blanca, prima di chiudere la carriera in Messico con l’Atlético Celaya. Dei membri della “Quinta”, “el buitre” è stato l’unico a salire sul podio del Pallone d’oro, per due volte consecutive terzo classificato (nel 1986 e nel 1987): primo spagnolo dal 1965 (Luis Suarez, terzo), ultimo spagnolo prima di Raul (secondo), edizione 2001.
Manolo Sanchis giocò con il Real Madrid dal 1983 al 2001, era un difensore centrale molto potente e ruvido nei contrasti. Rispetto ai quattro compagni, giocò sempre con il Real Madrid, vincendo anche due Champions League nel 1998 e nel 2000. In maglia Real disputò 524 partite, segnando 33 reti.
Michel, all’anagrafe José Miguel González Martín del Campo, giocò quindici stagioni nel Real e il suo ruolo era quello di ala destra: dotato di grande spinta e di precisione nei cross, non eccelleva nella fase difensiva.
Dei membri della “quinta”, il più dotato tecnicamente ed incline alla giocata preziosa era Rafael Martinz Vazquez, talento puro e centrocampista di spessore internazionale. Militò nel Real Madrid dalla stagione 1983/1984 fino al 1990 e fu l’unico della “quinta” a giocare all’estero, giocando due stagioni discrete con il Torino, con cui arrivò in finale di Coppa UEFA contro l’Ajax nel 1992, persa con due pareggi. Vazquez era fantasioso, dotato di una grande visione di gioco, di piedi educati e di un’eleganza senza eguali.
L’ultimo membro della “leva” è stato anche quello che è rimasto meno in maglia merengue, Miguel Pardeza. Attaccante piccolo ma veloce, dotato di fantasia e senso della posizione (uomo giusto al posto giusto nel momento giusto in campo) ha militato solo tre anni per poi andare a giocare, nel 1987, con il Real Saragozza dove divenne una bandiera, militandovi fino al 1997 per poi chiudere la carriera nel Puebla, club che a fine anni Novanta giocava nella Serie A messicana.
I cinque canterani debuttarono in annate differenti: il 5 febbraio 1984 Emilio Butragueño contro il Cadice, segnando una doppietta e servendo un assist; il 4 dicembre 1984 Vázquez e Sanchís a Murcia; il 31 dicembre 1984 Pardeza contro l’Espanyol mentre Michel ebbe il privilegio di debuttare addirittura nell’aprile 1982.
Nonostante i successi in terra spagnola ed in Europa, con la maglia della Roja questi cinque giocatori non riuscirono a vincere nessuno trofeo, anche perché allora la Nazionale iberica non era come quella che ha dominato il Mondo e l’Europa tra il 2008 e il 2012, era una Selezione molto forte ma “classica incompiuta”, mancandole il quid necessario per vincere a livello internazionale. I membri della “Quinta” disputarono due Mondiali (Messico ’86 e Italia ’90) e due Campionati europei (Francia ’84 e Germania ’88). In Francia la Spagna, si arrese in finale ai padroni di casa guidati da Michel Platini.
Dopo la fine della “Quinta del Buitre”, il Real Madrid tornò ai livelli di un tempo, soprattutto a partire dal 2000 quando oltre ai nuovi talenti della cantera (Guti, Pavon e Casillas su tutti), il nuovo presidente Florentino Perez portò al “Bernabeu” una parata di stelle pagate fior di miliardi e che passarono alla storia con il nome di Galácticos (Luis Figo, Zinedine Zidane, David Beckham, Michael Owen, Robinho, Ruud van Nistelrooy, Walter Samuel).
Il Real Madrid di Emilio Butragueño e soci è stata una squadra formidabile capace di dettare legge in casa e all’estero, anche se pesa come un macigno la lezione di calcio subita a san Siro contro il Milan, mercoledì 19 aprile 1989, in quella che è passata alla storia come “la partita perfetta” dei rossoneri, dove il forte Real perse con il fortissimo Milan di Sacchi che poi vinse la Coppa dei Campioni.
La “Quinta” è stata il primo vero esempio di cantera vincente, di una squadra che ha dato al calcio europeo cinque interpreti che hanno scritto la storia di questo sport negli anni Ottanta. Senza contare che, dal 1984, mai nessun altra squadra “B” ha più vinto il campionato cadetto spagnolo.
Potevano vincere di più senza dubbio ma, anche senza alzare al cielo la Coppa dei Campioni, quei cinque ragazzi ed una squadramonstre scrissero, inconsapevolmente, la storia del calcio.