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Football Legend: il Quadrilatero 

Pallone

La parola “quadrilatero” ha tante sfaccettature: dal geometrico poligono con quattro lati e quattro vertici al “modaiolo” incrocio delle vie milanesi, alla storica linea difensiva austriaca nell’allora Lombardo-Veneto che delimitava il perimetro tra le città di Peschiera del Garda, Mantova, Verona e Legnago.

IL QUADRILATERO

Anche il mondo del calcio ha avuto il suo “quadrilatero”, ma bisogna tornare ai tempi d’inizio Novecento: si tratta del Piemonte orientale, le città di Alessandria, Casale, Novara e Vercelli. Città che non solo rientravano nel triangolo industriale Milano-Torino-Genova, ma che fecero la storia del calcio nazionale proprio quando quei tre capoluoghi di provincia erano il “triangolo” che tra il 1898 ed il 1907 (con Genoa, Milan e Juventus) si erano spartiti allora gli scudetti. Stiamo parlando di Alessandria, Casale, Novara e Pro Vercelli, il “quadrilatero” piemontese del calcio.

Nell’allora calcio pionieristico, queste quattro squadre non solo dettarono legge, ma vinsero anche scudetti e fornirono giocatori alle Selezioni nazionali. Eh sì, titoli nazionali: sette scudetti la Pro Vercelli ed uno il Casale, l’Alessandria vinse la progenitrice della Coppa Italia (la Coppa Coni) contro i “cugini” casalesi ed il Novara lottava sempre per la vittoria finale e fu uno osso duro per tutte le avversarie. Senza contare che in questo novero può entrare anche la Novese di Novi Ligure, che nel 1922 vinse il campionato federale (e la Pro Vercelli quello confederale). Insomma, Piemonte caput…calcio.

La prima a nascere fu la Pro Vercelli (nel 1903 la sezione calcistica), poi il Novara (1908), il Casale (1909) ed infine l’Alessandria (1912). La “Pro” era attiva sin dal 1887 con la sua polisportiva e ancora oggi è la la squadra più antica d’Italia (1892): nel giro di tre lustri anni vinse sette scudetti (1908 e 1909 contro l’US Milanese, 1911 contro il Vicenza, 1912 contro il Venezia, 1913 contro la Lazio, 1921 contro il Pisa e 1922 contro la Fortitudo Roma ed un secondo posto nel 1910 dietro all’Inter). Il Casale vinse il suo primo (e finora unico scudetto) nella doppia finale del 1913/1914 contro la Lazio: a oggi Casale Monferrato è la città più piccola a fregiarsi del titolo di campione d’Italia, l’unica non capoluogo di provincia (insieme a Novi Ligure).

I templi di queste squadre erano i campi di Piazza d’Armi Vecchia e degli Orti per l’Alessandria, il campo sportivo Priocco, la Furnasetta ed il “Natal Palli” per il Casale, il campo di via Lombroso (a pochi metri da quello che sarà il futuro “stadio del Littorio” che vide i primi anni in Serie A) del Novara ed il Foro Boario di Vercelli. Durante ogni partita domenicale tutti questi stadi erano un tripudio di tifosi, grida ed incitamenti.

Il quadrilatero “visse” tra il Campionato di Prima Categoria del 1908 (anno del primo titolo della Pro Vercelli) ed il campionato diDivisione Nazionale 1928/1929, l’ultimo prima della nascita del girone unico all’italiana.

Con il “quadrilatero” si parla anche di un calcio purtroppo caduto nel dimenticatoio, un calcio per nulla professionistico e per nulla impomatato come quello attuale con i giocatori che indossano scarpini dai colori fosforescenti: erano anni di trasferte in bici, di pranzi al sacco, di scarpe pesanti e palloni di cuoio duro. Se quel calcio oggi è lontano anni luce, non sono invece cambiati i colori delle maglie di quelle squadre, colori che li contraddistinguono ancora oggi ad oltre cento anni di distanza: i grigi alessandrini, i nero-stellati casalesi, le bianche casacche vercellesi, i bianco-blu novaresi. E pensare che il Casale ha una maglia ancora oggi unica nel suo genere: completamente nera con una stella bianca, per fare il verso ai “cugini” della Pro Vercelli che allora giocavano in total white ed i cui tratti cromatici avevano caratterizzato le prime partite dell’allora nascente Nazionale di calcio.

Le squadre avevano anche delle mascotte che ancora oggi sono un loro simbolo fondante: l’orso per Alessandria, il cinghiale per il Casale, il leone per la Pro Vercelli ed il falchetto per il Novara. Per il resto, si vive di ricordi. Ma che ricordi!

Le quattro cittadine, comprese in uno spazio di circa 70 km, sono state il sale del calcio in quegli anni. Allora il calcio era piemontese, un serbatoio non solo di giocatori talentuosi ma di giocatori forniti alla Nazionale: la Nazionale italiana Campione del Mondo nel 1934 e nel 1938 ebbe in rosa otto calciatori che giocarono almeno una partita con le squadre del “quadrilatero” (Giuseppe Cavanna, Pietro Ferraris, Eraldo Monzeglio, Umberto Caligaris, Virginio Rosetta, Silvio Piola, Giovanni Ferrari, Luigi Bertolini).

Ogni squadra, inoltre, regalò al calcio molti giocatori di indiscusso talento: Guglielmo Brezzi, Adolfo Baloncieri, Luigi Bertolini, Giovanni Ferrari e Carlo Carcano l’Alessandria; i fratelli Felice e Giuseppe Milano, i fratelli Carlo ed Alessandro Rampini, Guido Ara, Pietro Leone,Viri Rosetta la “Pro”; Ettore Reynaudi, Mario Meneghetti, Enrico Migliavacca, Giustiniano Marucco, Carlo Pensotti, Giovanni Canestrini, Enrico Patti il Novara; i fratelli Gallina, Giuseppe Parodi, Amedeo Varese, Angelo Mattea ed Eraldo Monzeglio il Casale.

Ma il bello allora non era solo in campo, ma anche sugli spalti: gli italiani piano piano si stavano incuriosendo a questo sport nato in Inghilterra ed esportato in Italia negli ultimi dieci anni dell’Ottocento a Genova grazie ad un medico inglese, sir James Spensley.

Parlare oggi di “quadrilatero” significa riportare alla mente un calcio Nostalgico con la N maiuscola, anche per come nacquero i quattro sodalizi: l’Alessandria dall’unione di due squadre ginniche rivali; il Casale dalla volontà del professore Jaffe di creare una squadra di calcio dopo essersi fatto dieci km in bici per vedere giocare i suoi allievi; il Novara nato dall’idea di studenti delle superiori che si ritrovarono in un bar cittadino per creare una squadra che unisse tutte le formazioni studentesche locali; la Pro Vercelli nata come “branca” della locale società di scherma che abbracciò il nuovo “diporto” esportato da OltreManica.

I leoni vercellesi erano una corazzata, i casalesi una bella pagina di sport ed amicizia, gli alessandrini una vera scuola di calcio ed il Novara la squadra di una fierezza senza eguali.

Il “quadrilatero” era un ensable di pionierismo e di spessore tecnico (per il tempo che era allora) senza eguali, anche perché le quattro squadre erano totalmente made in Italy, anzi made in Piemunt.

Alessandria-Vercelli-Novara-Casale erano le “università” del bel calcio e foriere di esperimenti: grazie all’allora allenatore inglese George Artur Smith, l’Alessandria è stata la prima squadra italiana a sperimentare il concetto di “allenamento” ed a provare i primi schemi di gioco.

Le loro prodezze erano conosciute anche all’estero: i nero-stellati del Casale sono stati la prima (ed unica) squadra italiana a battere un sodalizio inglese in tourné in Italia (il Reading, il 14 Maggio del 1913) e nel 1922 la Pro Vercelli fu invitata in Brasile a disputare una serie di amichevoli e giocando anche contro il Liverpool.

Il sogno del “quadrilatero” tramontò con la nascita del professionismo: le gite in bici iniziavano ad essere sopraffatte dai primi rimborsi spese e dai primi “stipendi”. Il “quadrilatero” era dilettantismo assoluto e non voleva per nulla intendere il gioco del calcio come una professione.

Tutte e quattro giocarono i primi dieci campionati a girone unico (Alessandria otto stagioni, Pro Vercelli sei, Casale quattro, Novara due) e con i primi campionati post Seconda guerra mondiale solo Novara e Alessandria conobbero ancora la Serie A. Casale e Pro Vercelli sparirono dai radar del grande calcio: nero-stellati e “Pro” sono le squadre che mancano da più anni in massima serie (82 ed 81 anni), i grigi disputarono il loro ultimo anno in A nel 1959/1960, mentre il Novara è l’unica delle quattro ad avere assaporato recentemente la Serie A, giocandovi una stagione nel campionato 2011/2012 dopo cinquantacinque anni di assenza.

Solo in tre campionati le quattro squadre si sono ritrovare a giocare contemporaneamente nella stessa categoria: Serie B-C Alta Italia 1945-1946, Serie C 1977/1978 e Serie C2 1986/1987. Tranne il Novara, le altre tre hanno avuto almeno un fallimento societario alle spalle e hanno giocato almeno una stagione nelle serie dilettantistiche.

Cosa rimane oggi, nel 2016, di quel “quadrilatero” e della sua magia? Purtroppo a livello nazionale molti non sanno cosa sia stato e cosa hanno rappresentato quelle squadre. In un calcio 2.0, velocissimo fatto di social network e condivisioni, le nuove generazioni non sanno nulla della storia del quadrilatero (anche solo tra gli Under 20 delle singole cittadine) ed è un peccato.

Il “quadrilatero” è stato fango, terreni impervi e spelacchiati, tifosi vocianti e portò alla nascita di rudimentali “bar sport” che ora ha poco da spartire con quello degli anni Dieci-Venti. Ma il calcio odierno, se è quello che è, lo deve anche ai successi ed alla tecnica di quelle piccole squadre di provincia che “giügàvan al futbal” e che allora avevano in mano il Paese “pallonaro”.

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