Football Legend: Helenio Herrera

Herrera

Lo chiamavano il “mago“, eppure non aveva con sé né cilindro, né bacchetta magica e né mantello. O meglio, il cilindro lo aveva e si chiamava “Inter”, la bacchetta magica era “Sarti Burgnich Facchetti Bedin Guarneri Picchi Jair Mazzola Peirò Suarez Corso” (da leggersi tutto d’un fiato) ed il mantello era nerazzurro. Helenio Herrera da Buenos Aires è stato il “mago” del calcio.

IL ‘MAGO’ HERRERA

Argentino di origine spagnola, a quattro anni partì da una delle zone più povere del Paese perché la famiglia doveva cercare quella ricchezza che in Sudamerica non era riuscita a trovare. Gli Herrera approdarono in Marocco, allora territorio francese, ed ottennero il passaporto transalpino.

In Marocco Helenio iniziò ad incuriosirsi del gioco del calcio, giocando come difensore in alcune squadre locali come il Roches Noires ed il Racing Casablanca.

Prima dello scoppio della Seconda guerra Mondiale (e durante il corso della stessa), Herrera giocò in un alcune squadre francesi: dal CASG Paris allo Strade Français, dal Charleville all’Excelsior Athlétic Club di Roubaix, dal Red Star Parigi ad un altro ritorno allo Stade Français con le parentesi finali di Paris Capitale e Puteaux, dove, nel 1945, chiuse la carriera di giocatore ed iniziò quella di allenatore. Insomma, una carriera discreta da calciatore in squadre di livello molto basso però.

Subito dopo allenò lo Stade Français e nel 1949, ad Helenio Herrera, si aprirono le porte della Nazione di origine dei suoi avi, la Spagna: fino al 1960 allenò Valladolid, Atletico Madrid (tre stagioni), Malaga, “Depor” e altri due anni con il Siviglia. Nel 1956 lasciò l’Andalusia per approdare alla portoghese Balenenses, dove rimase due anni, per poi andare al Barcellona. Prima di passare al Barcellona, Herrera aveva vinto due Liga con i colchoneros ed in Catalogna il tecnico franco-argentino si fece notare per l’impostazione di gioco, lo stile e le vittorie: due Liga anche in blaugrana, una Coppa di Spagna ed una Coppa delle Fiere nel 1958, la “mamma” della Coppa Uefa e la “nonna” dell’attuale Europa League.

PASSAGGIO ALL’INTER

L’operato di Herrera non passò inosservato e nel 1960 Angelo Moratti, da cinque anni alla guida dell’Inter, lo strappò al Barcellona e lo portò sotto il Duomo.

Il matrimonio fra Herrera e la Beneamata durò fino al 1968 ed in quegli otto anni venne riscritta la storia del calcio italiano, europeo e mondiale: l”Inter vinse tre scudetti ma soprattutto due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali, diventando il primo club italiano a diventare Campione del Mondo per club.

Gli anni di Herrera a Milano sono passati alla storia con il nome di “Grande Inter”, una squadra che giocava (per i tempi di allora) un calcio perfetto composto da pressing, difesa a uomo e movimenti allineati in campo.

Herrera divenne il “mago”, colui che compie giochi di prestigio inaspettati e sparizioni di cose: nel caso di HH i “giochi di prestigio” erano la psicologia e la forte motivazione mentre la “sparizione” fu dell’avversario, poiché in pochi batterono i nerazzurri in quegli anni.

Dopo un terzo ed un secondo posto in campionato (con in mezzo una semifinale di Coppa delle Fiere), nel 1963 l’Inter vinse il suo ottavo titolo, a distanza di nove anni dall’ultimo. E l’anno dopo vinse la sua prima Coppa dei Campioni, diventando la seconda squadra italiana a vincere la coppa continentale più prestigiosa: il 27 maggio 1964, al Prater di Vienna, una doppietta di Mazzola ed una rete di Milani (intervallata da Felo) stesero il Real Madrid e permisero a Facchetti e compagni di alzare al cielo la prima Coppa dei Campioni della sua storia. Undici giorni dopo però perse lo spareggio-scudetto contro il Bologna. Il settembre successivo, i nerazzurri difesero l’onore dell’Europa nella finale della Coppa Intercontinentale nel triplo incontro contro l’Independiente di Avellaneda. L’Inter divenne la prima squadra italiana a vincere la coppa che sanciva la squadra più forte del Mondo.

E la stagione successiva, l’Inter fece un clamoroso triplete, vincendo scudetto, Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale: nono titolo con tre punti di vantaggio sul Milan; 27 maggio 1965, vittoria per 1 a 0 (gol di Jair) a san Siro contro il Benfica; doppia vittoria ancora contro l’Independiente di Avellaneda.

Herrera era il faro in panchina di una squadra di campionissimi, la cui formazione, come detto, veniva recitata a memoria senza respirare. Ed il leader in campo era un attaccante figlio d’arte, Sandro Mazzola, erede di quel Valentino capitano del Grande Torino. Un predestinato che legò il suo nome all’Inter per diciassette stagioni. Oltre a Sandrino sono stati degni di nota il mito Facchetti, Tarcisio Burgnich, Armando Picchi, Bruno Bolchi, “Luisito” Suarez, Jair, “Mariolino” Corso, Valentin Angelillo e Joaquín Peiró.

Lo scudetto 1965 fu storico in quanto fu quello della “stella”, il decimo vinto dai nerazzurri nella loro storia.

Gli anni di Herrera sono anni anche di forti contrapposizioni con l’allora allenatore del Milan, Nereo Rocco: Mago vs Paron, per una Serie A allora davvero il campionato più bello del Mondo.

Ma come tutte le belle favole, anche quella “HH-Inter” arrivò al termine: nel 1968, dopo tredici anni, Angelo Moratti lasciò la presidenza interista a Fraizzoli ed il “mago” si accasò alla Roma. In otto anni, l’Inter vinse tre scudetti, due Coppe dei Campioni, due Coppe Intercontinentali, tre secondi posti, un terzo ed un quinto, una finale di Coppa dei Campioni (1967, contro i Celtic Glasgow), una semifinale di Coppa delle Fiere ed una finale di Coppa Italia (1965 contro la Juventus). Nel mentre, allenò anche la Nazionale spagnola per tre stagioni (1959/1962), portando gli iberici a disputare il Mondiale cileno ed una stagione quella italiana (1966/1967).

In giallorosso, il “mago” rimase cinque stagioni, fino al 1973, dove vinse subito una Coppa Italia, mentre in campionato il piazzamento migliore fu un sesto posto.

Nel 1973 tornò ancora all’Inter per una stagione, chiudendo al quarto posto.

Dopo cinque anni di stop dovuti a gravi problemi di salute, il “mago” fu ingaggiato dal Rimini, in Serie B, ma dopo solo due mesi ritornò ancora al Barcellona dove chiuse la carriera da tecnico nel 1981, vincendo una Coppa di Spagna. In quel Barça allenò gente del calibro di Allan Simonsen, Hans Krankl, Quini, Lobo Carrasco e Bernd Schuster.

Negli anni Ottanta e Novanta, HH si distinse per la preparazione e la simpatia diventando un apprezzato opinionista televisivo. Si spense a Venezia, dove è sepolto, il 9 novembre 1997.

Cosa rimane oggi di Helenio Herrera? Innanzitutto il suo motto “taca la bala”, misto tra argentino e dialetto milanese che stava a dire di “prendere la palla”, non perderla, fare pressione sull’avversario che ha il pallone per metterlo in difficoltà.

Herrera è stato il primo motivatore del calcio come lo conosciamo ora: Helenio Herrera precursore di José Mourinho (che portò la Coppa dei Campioni/Champions League alla “Pinetina” dopo quarantacinque anni di attesa), HH un innovatore del concetto di allenatore e di ritiro pre-partita. Senza contare che i giocatori non appena entravano negli spogliatoi alla “Pinetina”, o dentro lo stadio, si trovavano di fronte una serie di cartelloni con alcuni slogan dove venivano espressi i puri concetti del “mago”: collettivo e velocità, velocità e collettivo.

Herrera psicologo, personal trainer ante litteram e maestro di calcio. Con lui l’allenatore divenne parte integrante della squadra, ma con lui i giocatori non potevano sgarrare, in quanto si diceva che i suoi atleti venivano seguiti e pedinati affinché seguissero la vita…da atleta.

Herrera era così, chiaccherone e spione, ma capace di scrivere la storia del calcio (italiano e non) con i colori dell’Inter, portandolo sul tetto di Italia, Europa e Mondo. Un uomo che ha fatto della motivazione il suo karma e la sua unica ragione di…gioco.

Catenacciaro, palla lunga e contropiede? Forse sì, ma quando si vince tanto, tutto scivola via non appena si alza al cielo una coppa e che ti fa entrare nella leggenda.