GIGI RIVA, IL MITO – Leggiuno è un paesino adagiato sulle rive varesotte del Lago Maggiore a trenta chilometri scarsi dal confine svizzero. Leggiuno è famoso per aver dato i natali ad uno dei più forti calciatori italiani di sempre, da quarantacinque anni top scorer della Nazionale italiana. Un attaccante tutto sinistro (come piede), tanto fiuto del gol e molta abilità tecnica. Un uomo che ha fatto innamorare tutto il Paese tra la fine degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta, un numero 11 che ha fatto la Storia. A Leggiuno è nato, il 7 novembre 1944, Luigi Riva detto “Gigi” altresì conosciuto come “rombo di tuono”.
Quando si parla di Gigi Riva si parla solo ed esclusivamente di Cagliari. Eh sì perché il bomber varesino con la squadra sarda ha scritto una delle più belle pagine del nostro calcio, diventando non solo il leader di quella squadra, ma diventando un punto di riferimento per tutta l’Isola. Ma Riva non arrivò subito a Cagliari, ci arrivò dalla Serie C e a sua volta dalle serie minori provinciali.
Ultimo di quattro figli (tre femmine), sin da bambino è stregato dal calcio e dai suoi virtuosismi. E’ un tifoso interista ed adora Nacka Skoglund, bomber svedese nerazzurro. Vita difficile quella del giovane Luigi: orfano di padre a otto anni, due anni dopo morì una sorella e a diciassette perse la madre. Per questo vuole sfondare nel calcio: aveva un sinistro che non passava inosservato tra gli addetti ai lavori delle squadrette provincia. Vinse molti premi gastronomici e iniziarono ad arrivare i primi soldi che girò alla famiglia, con una madre che si fece in quattro per mantenere i figlioletti.
Dal Laveno Mombello, dilettanti varesini, passò nel 1962 al Legnano, in Serie C: in una sola stagione segnò sei reti ed aveva da poco diciotto anni. Nel mentre, un provino andato male con l’Inter e il lavoro in fabbrica al mattino e gli allenamenti al “Mari” nel pomeriggio.
Nell’estate 1963 arrivarono al Legnano, e al giovane Gigi, l’offerta del Cagliari, club di Seri B: 37 milioni di lire al club, un ottimo ingaggio al giocatore. Era tutto fatto, ma Riva non era entusiasta: la Sardegna per lui era lontana e non voleva trasferirsi. Alla fine accettò, non con qualche remora perché non avrebbe avuto vicino le sorelle e gli amici. Il Legnano rifiutò le offerte di Bologna e Inter.
Fino al 1963 il Cagliari, club nato nel 1920, aveva giocato complessivamente sedici campionati di Serie B, piazzandosi al massimo due volte al quarto posto ed era una squadra lontana dal calcio che contava. A credere in Gigi Riva ci furono tre persone: mister Arturo Silvestri ed il suo vice-, Omero Tognon, ed il vice-Presidente Andrea Arrica.
Quella stagione doveva essere tranquilla, visto che il club non navigava in acque economiche tranquille ed invece alla fine del campionato il Cagliari fu promosso per la prima volta nella sua storia in Serie A. E nel match decisivo contro l’Udinese, il 14 giugno 1963, Riva contribuì al gol decisivo.
E qui nacque la storia d’amore tra il bomber del Continente ed il Cagliari: tredici stagioni consecutive con 370 presenze e duecentosette gol. E quella cosa che dalle parti della città di San Saturnino ancora oggi ringraziano sia lui sia quella magica squadra: lo scudetto. Eh sì perché se Riva è un mito nel capoluogo isolano lo deve proprio ad aver contribuito in maniera più che determinante alla vittoria del titolo nazionale nella stagione 1969/1970 quando portò i sardi allenati da Manlio Scopigno sul tetto d’Italia. Come nel match contro l’Udinese, anche nel match decisivo per l’assegnazione matematica del titolo, contro il Bari, Riva segnò.
Riva viveva per il gol, era un istintivo, con quel sinistro segnava gol pazzeschi e con una forza incredibile. E sopratutto aveva un’incredibile “saudade” da Sardegna: lontano dalla sua Regione di adozione non stava bene e non poteva allontanarsi troppo. E l’amministrazione regionale “sfruttò” il giocatore lumbart classificandolo come un’attrazione turistica insieme al mare e alle nuraghe.
Ma era un vero squadrone il Cagliari dello scudetto: Albertosi in porta, Niccolai in difesa, Greatti, Nené e Cera a centrocampo, Gori e Domenghini in attacco. Quella stagione il Cagliari segnò quarantadue reti e ne subì solo undici. La metà delle reti segnate dalla squadra sarda le fece Riva che vinse la sua seconda classifica marcatori. Cagliari e la Sardegna erano in delirio: dopo anni di anonimato, l’Isola era diventata famosa calcisticamente.
Manlio Scopigno, il filosofo di Paularo altresì detto”l’antiMago”, aveva nel suo numero 11 il giocatore che tutti volevano. E tutti i top club nazionali avrebbero fatto carte false per avere tra le loro fila il bomber di Leggiuno.
Nei tredici anni con Riva, il Cagliari ottenne anche un secondo posto nella stagione precedente il titolo, ma fece la differenza sotto rete: la vittoria di ben tre classifiche marcatori (stagioni 1966/1967, 1968/1969 e 1969/1970), andando per ben otto volte in doppia cifra.
A livello di Pallone d’oro, Riva entrò in classifica quattro volte ed i suoi best ranking furono il secondo posto nell’edizione 1969 (a quattro punti dal vincitore Gianni River) ed il terzo posto nell’edizione successiva dietro al vincitore Gerd Muller e a Bobby Moore. Dall’edizione 1969 ne passeranno altre trentasette per vedere ancora due italiani in cima alla classifica del prestigioso premio di France Football (Cannavaro e Buffon nel 2006).
Riva rimase al Cagliari fino al termine della stagione 1975/1976, dove chiuse ancora la carriera a seguito dell’ennesimo infortunio. A fine stagione il Cagliari retrocesse in Serie B.
In carriera Gigi Riva subì tre gravi infortuni: iil 27 marzo 1967, durante l’amichevole con il Portogallo a Roma dove si fratturò il perone sinistro dopo uno scontro con il portiere lusitano Lopes; il 31 ottobre 1970 a Vienna contro l’Austria, durante le qualificazioni all’Europeo belga del 1972, subì un grave infortunio ai legamenti della caviglia destra dopo uno scontro con il difensore Hof; il terzo durante un match di campionato contro il Milan, il 1° febbraio 1976, dove si procurò lo strappo all’adduttore dopo uno scontro con Bet. Tutti e tre gli infortuni misero in crisi il Cagliari: a causa del secondo, l’attaccante varesino non disputò il return match di Coppa dei Campioni contro l’Atletico Madrid che portò all’eliminazione del club sardo ed ebbe contraccolpi in campionato con la squadra che perdette posizioni in classifica, mentre con il terzo decise di chiudere la carriera.
Dopo il suo ritiro, il Cagliari non ebbe più un giocatore della sua caratura: molti buoni giocatori, ma come Gigi Riva nessuno mai più.
Riva è stata una bandiera nel vero senso della parola, ma non solo perché giocò tredici anni consecutivi con una sola squadra ma perché per giocare sempre a Cagliari rifiutò ingaggi milionari da parte delle squadre del Continente ma lui rifiutò sempre, giurando fedeltà alla squadra che lo portò nel grande calcio e che lo fece diventare un mito del calcio italiano.
Ma se Gigi Riva, detto “rombo di tuono” da parte di quell’inventore sopraffino di soprannomi quale è stato Gianni Brera, è un idolo a Cagliari lo è stato anche a livello di Nazionale. Motivo? Perché Gigi Riva è tutt’ora il recordman di gol in maglia azzurra da quarantacinque anni e nessuno è ancora riuscito almeno ad eguagliarlo: con 35 reti in quarantadue partite, il suo record pare che possa durare ancora per tanti altri anni.
In azzurro, Gigi Riva debuttò a diciotto anni in amichevole, a Budapest, contro l’Ungheria il 27 giugno 1965 sostituendo Pascutti dopo soli otto minuti di gioco: divenne il primo giocatore del Cagliari a giocare in Nazionale.
Riva è stato tra i protagonisti del biennio d’oro della nostra Nazionale, quando tra il 1968 ed il 1970 Riva guidò l’Italia prima al titolo di Campione d’Europa nell’edizione ospitata dal nostro Paese e poi al secondo posto nel Mondiale messicano di due anni dopo, con gli azzurri sconfitti 4-1 dal Brasile di Pelé che vinse la sua terza Coppa Rimet. Riva segnò nella finale europea “ripetuta” del 10 giugno 1968 contro la Jugoslavia, ma non nella finale dell’”Azteca” dove, anzi, ne riuscì ridimensionato.
Ma Gigi Riva è stato uno dei protagonisti della “partita del secolo”, quell’Italia-Germania Ovest disputata all’”Azteca” di Città del Messico il 21 giugno 1970, passata alla storia come il match più bello di sempre con tanto di lapide commemorativa. Un 4-3 che tenne con il fiato sospeso milioni di italiani nella calda estate del Mundial messicano e che vide Gigi Riva segnare il gol del momentaneo 3-2 al minuto 104. Gol reso vano poi dal pareggio di Muller ma poi reso altrettanto vano dal gol, un minuto dopo (era il 111′), di Rivera. Nella spedizione messicana, il CT Valcareggi convocò altri cinque giocatori del Cagliari campione d’Italia (Albertosi, Cera, Niccolai, Domenghini e Gori): un record per una squadra di provincia.
Nel 1973, Gigi Riva entrò nella storia del calcio: il 9 giugno, a Roma, in amichevole contro il Brasile campione del Mondo, segnò la sua rete numero 33 in Nazionale, eguagliando il record di Peppino Meazza che durava da trentaquattro anni; il 29 settembre successivo lo superò con la rete, ancora in amichevole, a Milano, alla Svezia mentre la sua ultima rete, la trentacinquesima, arrivò il 20 ottobre contro la Svizzera in una partita di qualificazione a Germania 1974. La sua ultima partita in azzurro (la 42a) la giocò nel Mondiale tedesco occidentale contro l’Argentina.
Ma sono gli anni cagliaritani ad aver reso grande Riva: lo scudetto, la Coppa dei Campioni con l’uscita agli ottavi di finale per mano di un Atletico Madrid più esperto dei ragazzi di Scopigno, le sei partecipazioni europee a Mitropa Cup, Coppa delle Fiere, Coppa dei Campioni e Coppa Uefa tra il 1966 ed il 1972. L’ultima partita europea fu contro i greci dell’Olympiakos nei trentaduesimi di Coppa Uefa e rappresentò l’ultima partecipazione ad una coppa europea del Cagliari prima del miracolo della squadra di Bruno Giorgi che ventuno anni dopo si spinse fino alle semifinali Uefa, eliminata dall’Inter che poi vinse il trofeo. Dopo il suo ritiro, il top ranking del Cagliari in campionato fu proprio il sesto posto della stagione 1992/1993, disputando da allora ventisei campionati di A, quattordici di B e undici tra Serie C e Serie C1.
E proprio la squadra sarda ad aver creato un rapporto senza fine con il bomber di Leggiuno: prima l’apertura di una scuola calcio a suo nome, poi il ritiro della maglia numero 11 rossoblu prima di Italia-Russia giocata il 9 febbraio 2005 proprio al “Sant’Elia”. Nel mentre, la breve presidenza del club ed il conferimento della cittadinanza onoraria della città sarda.
Ma anche la Nazionale non si è mai dimenticata del suo bomber principe: Gigi Riva è stato per tredici anni, dal 1990 al 2013, dirigente accompagnatore e poi team manager, con la chicca del titolo mondiale di Berlino il 9 giugno 2006. Se Riva non vinse il Mondiale da giocatore lo vinse da dirigente. E cinque anni dopo fu tra i primi ex calciatori ad essere inseriti nella Hall of Fame del calcio italiano insieme a Roberto Baggio, Marcello Lippi ed Arrigo Sacchi, Michel Platini, Pieluigi Collina ed Adriano Galliani.
Riva è stato il top del calcio italiano tra gli anni Sessanta e Settanta, forse più di Rivera e Mazzola perché loro giocarono negli squadroni mentre lui rimase sempre a Cagliari, dove fu venerato come una divinità. Un giocatore che viveva per il gol e per il fare gol: gol mai banali, gol voluti e quel sinistro che incantava ogni stadio d’Italia, con l’”Amsicora” ed il “Sant’Elia” i suoi templi.
Questa è stata la storia di Gigi Riva “rombo di tuono”, l’uomo arrivato dal Continente più profondo in una città che lo ha eletto a suo dio pagano. Un dio pagano che usava solo il sinistro e che usava il destro “solo per salire sul tram” come diceva (anche) il suo mentore Manlio Scopigno.
Se non avesse accettato di andare a giocare a Cagliari, chissà come sarebbe stata la storia del nostro calcio. Non chiediamocelo, ma andiamo a vedere, uno per uno, i gol di Luigi Riva dal Leggiuno.