Simbolo della Juve e dei bianconeri
Barengo è un comune di 900 abitanti circa sito a venti chilometri a nord di Novara. Terra contadina ricca di vigneti, cereali e riso, tanto riso. In base al censimento del 1931, si contavano 1.400 abitanti.
Il 4 luglio 1928, tre anni prima di quel censimento, nel paese di Santa Maria Assunta, venne alla luce il suo cittadino più illustre: Giampiero Boniperti. Eh sì, l’ex grande giocatore prima e presidente della Juventus poi, ha avuto i suoi natali nel piccolo paese del Piemonte orientale.
Il nome di Boniperti è legato alla storia della Juventus sia sul campo che dietro la scrivani, essendone stato per quindici anni il giocatore principale e per altri diciannove quel presidente austero e tutto d’un pezzo che ha permesso alla Juventus di imporsi come squadra temuta e rispettata in Italia ed in Europa.
Boniperti mosse i primi passi da calciatore in un collegio di Arona, sul Lago Maggiore, per poi vestire la maglia del suo paese. Venne notato dal Momo, squadra di calcio dell’omonimo paese attaccato a Barengo per tecnica e gol. Siamo verso la fine della Seconda guerra mondiale, l’Italia di allora non era come quella attuale ed anche il calcio era lontano anni luce da quello di oggi. Un emissario della squadra torinese lo portò dalla pianura novarese alla città sabauda per una cifra di 60mila lire del tempo, ripartite tra il Momo ed il Barengo con la sua prima squadra pagata in materiale tecnico. Il 4 giugno 1946, Giampiero Boniperti varcò la soglia dei campi della Juventus e fu inserito nella rosa presieduta da Giulio Dusio ed allenata da Renato Cesarini. La squadra torinese erano undici anni che non vinceva il titolo tricolore e la scena cittadina (e nazionale) era nelle mani dei “cugini” del Grande Torino.
La prima partita con la maglia della Juventus di Boniperti fu datata 2 marzo 1947. Il suo debutto fu incolore, ma tre mesi dopo segnò le sue due prime reti.
La sua prima stagione da professionista (per i tempi che erano) si fermò a sei presenze con cinque reti. Dopo l’avvio opaco, il giovane Giampiero la stagione successiva divenne titolare e ripagò la fiducia vincendo la classifica marcatori con ben 27 reti: ancora oggi, a distanza di sessantanove anni, Boniperti è tra i quindici calciatori più giovani ad aver vinto la classifica dei cannonieri. Le prime due stagioni a Torino videro la Vecchia Signora classificarsi due volte al secondo posto, dietro al Torino.
Nel mentre ottenne anche la prima convocazione e giocò la prima partita in Nazionale contro l’Austria il 9 novembre 1947.
Per altre quattro stagioni Boniperti andò in doppia cifra: quindici, ventuno, ventidue e diciannove reti. E in quelle stagioni la Juventus tornò a vincere in campionato nel 1950 e nel 1952. In quegli anni l’attacco juventino era costituito da Boniperti e dai danesi Karl Aage Præst, John Hansen e Karl Aage Hansen e la squadra era davvero molto competitiva, con gente del calibro di Sentimenti IV, Muccinelli, Parola e Rava.
Eppure fino al 1958 la squadra torinese si vide sorpassata da altre squadre più forti come il Milan del GreNoLi, l’Inter di Alfredo Foni e István Nyers e la Fiorentina di Fulvio Bernardini e Miguel Montuori. La Juventus era in crisi di risultati ed i migliori piazzamenti nel mentre furono altri due secondi posti ma anche un dodicesimo posto, il peggior piazzamento da quando si giocava con il girone unico (dalla stagione 1929/1930).
Eppure nel 1958 la Juventus entrò nella storia del calcio italiano: vittoria dello scudetto numero 10 e per la prima volta una squadra poté fregiarsi di una stella sul petto per la stagione successiva. Due stagioni dopo, la Juventus fece anche il secondo “double” della storia del calcio italiano: vittoria in campionato e vittoria della Coppa Italia, a distanza di diciassette anni dalla “doppietta” del Torino.
La Juventus del periodo 1957-1961 era caratterizzata da una squadra molto buona ed in attacco aveva tre giocatori di uno spessore tecnico, per quei tempi, senza eguali: Giampiero Boniperti, John Charles e Omar Sivori, meglio noti come il “Trio magico” ma anche come “Marisa”, “il gigante buono” e “el cabezon”. I due attaccanti stranieri provenivano rispettivamente dagli inglesi del Leeds e dagli argentini del River Plate: Sivori aveva vinto tre campionati consecutivi, oltre a vincere da protagonista la Copa America del 1957. Voluti espressamente dal neo presidente bianconero Umberto Agnelli, questi ultimi due erano entrati subito nel cuore dei tifosi bianconeri.
I tre giocatori giocarono insieme quattro stagioni e vinsero tre scudetti e due Coppa Italia, mentre in Europa il miglior piazzamento fu rappresentato da due eliminazioni al primo turno in Coppa dei Campioni.
I tre giocatori segnarono ben 204 reti in campionato, con le vittorie delle classifiche marcatori di Charles e Sivori nelle stagioni 1957-1958 e 1959-1960. Contando le reti in Coppa Italia e nelle Coppe europee, i loro gol diventano duecentoquarantuno.
Notando le classifiche marcatori finali di quegli anni, Boniperti ebbe un arretramento sensibile come marcatore. Questo fu dovuto al fatto che il giocatore non era più giovanissimo ed era cambiato il suo ruolo, da attaccante puro a centrocampista con il compito di aiutare Charles e Sivori a far gol.
Al termine della stagione 1960/1961 Boniperti diede l’addio al calcio, ritirandosi all’età di 33 anni: la sua ultima partita, il 10 giugno, fu quella contro l’Inter “dei ragazzi”, schierata per protesta dal presidente Angelo Moratti, in quel famoso 9-1 in cui esordì Sandro Mazzola e dove Sivori segnò sei reti. E pensare che il padre dell’allora diciottenne Sandro era l’idolo in gioventù dello stesso Boniperti, capitan Valentino.
A 33 anni diceva addio al calcio il top scorer di presenze e reti con la maglia juventina: 469 partite giocate e centottantotto gol segnati. Un record, quest’ultimo, destinato a durare quasi mezzo secolo.
In Nazionale raccolse 38 presenze segnando otto reti e prese parte inoltre ai Mondiali del 1950 e del 1954, mentre quattro anni dopo la Nazionale non riuscì a qualificarsi per la manifestazione successiva.
Boniperti ebbe anche l’onore di giocare, da unico italiano, la partita amichevole tra l’Inghilterra e una formazione composta dai migliori giocatori del Mondo (il cosiddetto “Resto del Mondo”) a Wembley per celebrare i novant’anni della Football Association il 21 ottobre 1953: 4-4 il risultato finale, con doppietta dello stesso Boniperti.
Ma il rapporto con la Juve non si interruppe ed il 5 novembre 1969 fu nominato amministratore del club ed il 13 luglio 1971 divenne il diciottesimo presidente del club. Con Boniperti presidente, la Juventus vinse nove scudetti, due Coppe Italia e, sopratutto, tutte le coppe internazionali (Coppa UEFA, Coppa delle Coppe, Supercoppa europea, Coppa dei Campioni, Coppa Intercontinentale), rendendolo il primo club europeo a riuscire nell’impresa.
Con Boniperti sulla poltrona più importante del club nato nel 1897, si fecero conoscere all’opinione pubblica (e divennero tra i più grandi calciatori italiani) gente come Zoff, Furino, Bettega, Scirea, Gentile, Cabrini e Tardelli. Il top fu l’acquisto, foraggiato dalla famiglia Agnelli, per soli 250 milioni di Michel Platini. Boniperti si distinse per lo stile risoluto e pacato, deciso ed austero che lo resero uno dei dirigenti più vincenti (ancora oggi) del calcio.
Amato da tutti, Boniperti uscì di scena nella primavera del 1990, “coinvolto” nel cambiamento della Juventus di quegli anni: suo erede fu Vittorio Caissotti di Chiusano, avvocato vicino alla famiglia Agnelli.
Dopo il suo addio la Juventus affrontò stagioni molto difficili, basti pensare al fatto che al termine della stagione 1990/1991, con Maifredi in panchina, non si qualificò per la prima volta dopo ventotto anni alle coppe europee. Boniperti fu richiamato a gran voce e divenne amministratore delegato ma nel 1994 uscì definitivamente dai quadri dirigenziali. Dopo quarantotto anni, le strade della Juventus e del suo simbolo si separarono una seconda volta. Il motivo della separazione fu la sua elezione al Parlamento europeo per la IV legislatura, diventando uno degli ottantasette rappresentanti italiani a Strasburgo.
A partire dal 2006 Boniperti venne eletto Presidente onorario del club, carica che ricopre ancora oggi: un ruolo onorifico per colui che ha messo la Juventus al primo posto nella sua vita.
E la riprova è stato il siparietto che lo coinvolse l’8 settembre 2011 durante l’inaugurazione dello “Juventus Stadium”: dopo che Linus presentò tutti i giocatori bianconeri che hanno fatto la storia, dopo aver fatto ascoltare l’inno ufficiale e dopo una carrellata di immagini di altri grandi campioni, lo stadio si spense, illuminandosi solo in mezzo facendo apparire Boniperti e del Piero, il passato e (l’allora) presente del club bianconero, seduti sulla storica panchina di corso Re Umberto dove si riunirono i fondatori del club e che era arrivata dall’alto pochi secondi prima. Accanto l’uno all’altro, il recordman di gol con il suo erede (178 reti contro 188 reti in Serie A, 443 contro 478 presenze in massima serie), il passato e il presente della squadra, il primo capitano per sette anni, il secondo per undici. Un incontro molto emozionante che ha messo davanti due tipi diversi di calciatori, ma due persone che hanno avuto (e che hanno ancora) la Juventus nel cuore. E lo stadio torinese, quella sera, si sciolse in un caloroso applauso ed abbracciò virtualmente il passaggio di consegne tra due ere del calcio juventino.
Cosa rimane oggi di Giampiero Boniperti? Innanzitutto uno sportivo corretto, maturo fin da subito, amato da tutta la tifoseria e con tanti estimatori tra i supporter delle squadre avversarie. Boniperti e Juventus, Juventus e Boniperti: un amore infinito bagnato dalla celebre frase “vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”, stampata sul colletto della maglia della Juventus qualche stagione fa.
Ecco cosa è stato Giampiero Boniperti da Barengo: regista dei successi juventini in campo, regista dei successi juventini dietro la scrivania.
Attaccante tecnico e con un carisma senza uguali, abile nel gioco aereo e con il tocco di un giocatore d’altri tempi, è stato anche il dirigente che ha portato sul tetto d’Europa e del Mondo la sua Juventus, riuscendovi dove altri prima di lui avevano fallito.
Peccato che nel calcio 2.0 di questi anni, uno come lui scapperebbe subito via non riconoscendosi. Del resto, da parte di uno chenell’estate 1976, al momento dei rinnovi dei giocatori, invitava gli stessi a sedersi davanti a lui alla scrivania, con accanto la foto della squadra (il Perugia) che aveva fatto perdere lo scudetto alla Juventus in favore del Torino li invitava a non chiedere un aumento dell’ingaggio se il giocatore in questione avesse preso parte alla partita, come si può pensare che sarebbe messo a trattare i rinnovi con procuratori ed agenti a loro fianco ora?
E pensare che lo chiamavano “Marisa”…