Un top player di classe Gary Lineker
Leicester è una cittadina inglese sita nella regione del Leicestershire, nelle Midlands occidentali, ha poco meno di 350mila abitanti e come tutte le città di Sua Maestà ha una squadra di calcio. E la squadra di calcio di Leicester, il “City”, nella stagione 2015/2016 ha compiuto un vero miracolo sportivo, partendo da underdog vincendo il titolo di campione d’Inghilterra, interrompendo il dominio delle Big Four e del Manchester City in Premier League. Non soffermiamoci molto su questo, perché tutti sanno (e se lo ricorderanno per tanti anni) quello che hanno fatto i ragazzi di coach Claudio Ranieri.
Il Leicester City prima di entrare nella storia del calcio mondiale aveva vinto qualche trofeo nazionale (tre League Cup, un Community Shield e sette campionati di seconda divisione), ma ha potuto contare sulla presenza in campo di uno dei giocatori più forti della storia del calcio inglese. A dire il vero, le “Foxes” hanno dato i natali (calcistici) a due calciatori che hanno scritto la storia del calcio inglese: Peter Shilton e Gary Lineker. Lo spazio “Football Legend” di questa settimana si focalizzerà sul secondo, l’attaccante-gentiluomo.
Classe 1960, Gary Lineker è riconosciuto come uno dei più forti calciatori inglesi di tutti i tempi, tanto da aver segnato 48 reti (in ottanta partite) in Nazionale ed è considerato uno degli attaccanti più forti della sua generazione, sia in terra d’Albione che nel Continente. Il giovane Gary giocò nel Leicester City tra il 1978 ed il 1984, dopo aver provato, come tanti coetanei british gli sport più in voga dalle sue parti, come il rugby ed il cricket. In quelle sei stagioni, con le “Foxes” che facevano la spola tra First e Second division, Lineker si impose come un giocatore molto forte fisicamente e con il senso del gol, tanto da segnare ben 95 reti, con una media di un gol ogni due partite. E la bacheca del club si riaprì dopo nove stagioni di attesa: nella stagione successiva al suo debutto, coincisa con la retrocessione, il “City” vinse il titolo di Seconda divisione con le reti del suo attaccante “made in Leicester”. L’anno della sua consacrazione fu il 1984: prima convocazione in Nazionale maggiore, quindicesimo posto in classifica in campionato e titolo di capocannoniere del torneo con 24 reti in coabitazione con Kerry Dixon del Chelsea. Per il bomber di Leicester e del Leicester City non era alle prime armi: due stagioni prima, con il club in Second, vinse la classifica marcatori. E questi risultati convinsero l’allora Commissario tecnico della Nazionale dei Tre leoni a convocarlo: Bobby Robson lo fece debuttare il 26 maggio 1984 nel derby contro la Scozia e alla sua seconda partita (giocata a distanza di un anno dalla precedente) contro l’Eire segnò anche il suo primo gol in Nazionale. Per la prima volta, un giocatore delle “Foxes” aveva segnato in Nazionale maggiore. Tutti conobbero quel ragazzo di 25 anni che si stava imponendo come l’attaccante inglese del futuro, quello con il maggiore hype. Insomma, l’erede di Bobby Charlton e di Jimmy Greaves. Il paragone con i due mostri sacri allora era un po’ azzardato, ma i numeri Lineker li aveva.
Erano gli anni in cui le squadre inglesi facevano man bassa di trofei continentali: tra il 1970 ed il 1984 l’Inghilterra vinse sette Coppe dei Campioni consecutive, due Coppe delle Coppe, cinque Coppe Uefa e tre Supercoppe europee, oltre ad altre x finali perse.
Lineker non poteva rimanere a vita al Leicester City e doveva fare le valigie per migliorarsi e fare strada nel calcio. Nell’estate 1985 molte squadre lo vollero e lui decise di spostarsi di 190 chilometri verso ovest per vestire la maglia dell’Everton di Liverpool, campione d’Inghilterra uscente nonché vincitore della Coppa delle Coppe ed uno dei club più vecchi d’Inghilterra. I Toffees staccarono un assegno da 2 miliardi di lire per poter godere delle sue giocate (e dei suoi gol) che durarono una sola stagione, facendo comunque un qualcosa di clamoroso: trenta reti in campionato, Charity Shield ed il titolo di capocannoniere vinto “in solitaria”. Dopo otto stagioni un giocatore della squadra più vecchia di Liverpool vinceva la classifica degli strikers: da allora, nessun altro giocatore di Goodison Park lo ha più vinto. Cosa fu Lineker in maglia royal blue? Un concentrato di precisione, senso del gol e una capacità di realizzazione che passava come niente dal colpo di testa ai gol con entrambi i piedi.
Il nome di Lineker varcò i confini nazionali e, complice la lunga squalifica delle squadre inglesi dalle coppe europee per i fatti dell’Heysel del 29 maggio 1985, molti direttori sportivi dei top team continentali iniziarono a scrivere sui loro taccuini il nome del calciatore nato lo stesso giorno di Winston Churchill (30 novembre) e di cui porta il suo nome…come secondo nome (Gary Winston).
Dal 29 maggio 1986 il Messico avrebbe ospitato, per la seconda volta in sedici anni, i Mondiali di calcio e la Nazionale inglese si era qualificata e, a distanza di venti anni esatti dalla vittoria, voleva vincere la Coppa del Mondo. Per una maglia da titolare, Gary c’era ed era pronto.
Lineker si imbarcò sull’aereo per il Centramerica e per lui fu un campionato esaltante: in cinque partite segnò la bellezza di sei reti tra cui il gol nella partita dal doppio significato storico-politico-calcistico contro l’Argentina di Maradona, poi vincitrice del torneo. Lineker al Mondiale segnò una tripletta alla Polonia nella fase a gironi, una doppietta al Paraguay negli ottavi ed il gol della bandiera nel match contro l’Argentina. Per la prima volta un calciatore inglese vinceva il titolo di capocannoniere e ad oggi nessun altro lo ha più vinto. Nel dicembre 1986 Lineker si classificò al secondo posto nella classifica del Pallone d’oro dietro a Igor Belanov della Dinamo Kiev. Era da sei stagioni che un giocatore inglese non saliva sul podio, nonostante la forza delle squadre inglesi nelle coppe europee. Si consolò con il premio di miglior giocatore del campionato.
Ma Lineker arrivò secondo nel premio di France Football non da giocatore dell’Everton ma da giocatore del Barcellona. Eh sì, perché il grande Mondiale del giocatore di Leicester non passò inosservato ed il club catalano, per volontà del suo entrenador inglese, Terry Venables, pagò il 26enne Lineker oltre 5 miliardi di lire.
Il livello del campionato spagnolo allora era competitivo, ma il Barcellona non era il Barcellona di oggi (erano gli anni del Real Madrid vinci tutto e della “Quinta del Buitre”). Lineker nella città di Santa Eulalia rimase tre stagioni, facendo molto bene nel complesso: 42 reti totali con in carniere la Coppa di Spagna 1988 e la Coppa delle Coppe vinta il 10 maggio 1989 a Berna contro la Sampdoria. Lineker vinse così il suo primo (e unico) trofeo internazionale. Con il Barça ottenne due secondi ed un sesto posto in campionato. Eppure qualcosa non funzionò: il rapporto con Cruijff non fu mai eccelso e nell’estate 1989 tornò in Inghilterra, scegliendo una squadra del Sud del Paese, un team storico che però non vinceva il titolo da troppo tempo. Approdò al Tottenham, club di Londra reduce da un sesto posto in First division e considerato un club di importanza nazionale.
Ad allenare gli Spurs c’era una vecchia conoscenza di Lineker, quel Venables che lo fece conoscere al grande calcio. Con il club del North End (che pagò il Barcellona solo 2,5 miliardi di lire), Lineker divenne un giocatore di fama internazionale, ancora più che in Spagna. Rimase al Tottenham per altre tre stagioni, vincendo un Charity Shield e una Coppa d’Inghilterra nel 1991, segnando in tutto 61 reti. E la prima stagione in maglia “Spurs” segnò altre 24 reti che gli valsero il titolo di capocannoniere. Fino ad allora, solo un giocatore aveva fatto il tris consecutivo di vittorie nella classifica marcatori (John Campbell) e solo due avevano vinto di più di lui: Steve Bloomer (cinque volte) e Jimmy Greaves (sei volte). Fu eccezionale la sintonia con l’allora astro nascente del calcio inglese, Paul Gascoigne.
Tornando al calcio internazionale, la stagione che lo vide vincere il suo secondo titolo di striker si chiuse con il Mondiale di Italia ’90. Lineker era il faro dell’attacco dell’Inghilterra del Ct Bobby Robson con in squadra i giocatori più forti degli anni Ottanta: il compaesano di Lineker, Peter Shilton, Stuart Pierce, Bryan Robson, Peter Beardsley, Chris Waddle, David Platt e già citata la giovane promessa del calcio inglese, Gascoigne.
La Nazionale dei Tre leoni partiva tra le favorite ed arrivò a giocarsi la semifinale contro la Germania ovest: era dal Mondiale casalingo del 1966 che l’Inghilterra non arrivava così avanti. Nella fase a gironi Lineker segnò solo una rete (contro l’Irlanda), mentre nei quarti fu il protagonista della vittoria (agognata) contro il Camerum dei miracoli. In semifinale, come detto, a Torino, al “delle Alpi”, tra l’Inghilterra e la finale dell’Olimpico c’erano di mezzo gli eterni nemici (non solo calcistici) della Germania ovest.
La eventuale finale tra Inghilterra e Argentina sarebbe stata la rivincita sul campo dell’annosa sfida post-guerra delle Falklans/Malvine e del match dei quarti di finale del Mondiale messicano, con i due celebri gol di Maradona (“mano de dios” e il “gol del secolo”) con l’intermezzo del gol della bandiera proprio di Lineker.
Ma prima di arrivare a sfidare a Roma la Seleccion, c’era da sconfiggere la Germania ovest, alla sua nona semifinale mondiale (la terza consecutiva) e con in rosa molti italiani (cinque), mentre l’Inghilterra giunse al suo secondo penultimo atto della sua storia senza in rosa nessun giocatore che militasse allora nella nostra massima serie.
Lineker pareggiò al minuto 81 il gol del vantaggio tedesco di Brehme e sul punteggio di 1-1 si chiusero i tempi regolamentari ed i supplementari. Come Italia-Argentina, anche la seconda semifinale si sarebbe decisa dal dischetto. Fu una partita molto combattuta, giocata a viso aperto e ricca di emozioni. In finale ci andò la Germania che vinse poi il torneo: se la partita contro l’Inghilterra è considerata la miglior partita del Mondiale, la finale è stata considerata la peggiore. L’Inghilterra andò a giocarsi il quarto posto a Bari sfidando la delusa Italia. La Nazionale inglese venne sconfitta 2-1 e Lineker rimase all’asciutto. Chiuse la manifestazione con quattro reti segnate: a oggi, Lineker è il giocatore della Nazionale inglese ad aver segnato di più nelle fasi finali di un Mondiale.
E’ rimasta celeberrima la frase, ormai un dogma, detta dallo stesso Lineker al termine del match contro la Germania ovest: “Il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti e alla fine la Germania vince”. Dopo il match del “delle Alpi”, l’Inghilterra ha incontrato altre dieci volte la Germania, riportando quattro vittorie, cinque sconfitte ed un solo pareggio: il dogma di Lineker non era più tale.
Nell’estate 1992, a 32 anni, fece armi e bagagli, salutò Tottenham, Premier ed Europa per volare in Giappone a giocare, l’allora meta esotica a dispetto delle odierne Cina e Emirati arabi, per vestire i colori del Nagoya Grampus di Nagoya. In terra nipponica rimase due stagioni dove fece praticamente poco o niente, bloccato anche da troppi infortuni.
Nel 1994 decise di ritirarsi, mentre due anni prima disse addio alla Nazionale, dopo il match contro la Svezia ad Euro ’92: Lineker volle segnare nella manifestazione continentale almeno un gol per eguagliare il primato di Charlton, ma l’allora manager Taylor non gli fece terminare la partita e lui uscì dal campo molto affranto senza fare polemica.
Con 48 reti segnate (l’ultima, il 28 aprile 1992 contro la Russia), Lineker è a oggi il terzo marcatore della ultra centenaria storia del calcio nazionale inglese, dopo Charlton e Rooney, che lo superò il 5 settembre 2015 contro san Marino. Ma Lineker ha dalla sua ancora un primato, difficilmente battibile: è l’unico giocatore ad aver segnato due quadriplette con la maglia della Nazionale inglese. Il primato di essere l’unico giocatore delle “Foxes” ad aver segnato in Nazionale è stato battuto da Jamie Vardy il 26 marzo 2016.
Nonostante potesse vincere di più in carriera, Lineker ha ottenuto un grandissimo “premio” morale: tra il 1978 ed il 1994, durante i suoi anni da calciatore pro, non prese né un cartellino giallo né uno rosso. Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, Lineker si è fatto apprezzare come opinionista sportivo ed è molto attivo sui social network.
Lineker è noto anche per due eventi particolari: ammise che durante il match di Italia ’90 contro l’Irlanda, durante uno scontro di gioco, si defecò addosso e per mantenere una promessa fatta tempo prima, si presentò in studio, durante la trasmissione “Match of the Day”, sulla BBC One, in mutande per celebrare la vittoria del Leicester City in Premier League. Questi sono stati due eventi sui generis che hanno caratterizzato la storia di uno dei giocatori più interessanti e completi del calcio europeo degli anni ’80. Lui che da bambino era innamorato delle gesta (e dei gol) di Bobby Moore, capitano dell’Inghilterra campione del Mondo nel 1966.
Il calcio inglese ha avuto degli eredi di Lineker negli anni successivi: Alan Shearer nei ’90, Wayne Rooney nei 2000 e Harry Kane in questi anni Dieci del XXI secolo.
A Lineker è mancata la possibilità di giocare a grandi livelli internazionali e di giocare in Italia, cosa che non gli sarebbe spiaciuta, ma quando giocava lui nella nostra Serie A molte squadre erano già a posto con i tre stranieri in rosa. Si è rifatto con l’inserimento, da parte di Pelé, nei FIFA 100, la lista dei 125 calciatori (tra due calciatrici) realizzata da O’rey in occasione dei 50 anni della Federcalcio mondiale e l’ingresso poco dopo nella Hall of Fame del calcio britannico. Il suo idolo di gioventù Bobby Moore non fu inserito, mentre lui si.
Può che considerarsi nel complesso soddisfatto, Gary. Non trovate?