Football Legend, Franco Baresi. Una vita col Milan…

Franco Baresi cuore rossonero

“Piscinin” è un termine dialettale milanese usato per indicare un bambino, in quanto significa “piccino”. Nel calcio, il termine “piscinin” è legato ad uno dei giocatori più forti del Mondo. Uno che ha vinto tutto, uno che ha scritto pagine indelebili della storia del nostro calcio, uno che è stato la quintessenza dell’essere una bandiera. Uno cui hanno ritirato la maglia e nessun altro, neanche il suo erede naturale, potrà utilizzarla. Stiamo parlando di Franchino Baresi detto Franco, il più forte difensore italiano di sempre,

Come si diceva, Franco Baresi bandiera del Milan. Eppure il ragazzo di Travagliato, Bassa bresciana occidentale, non aveva cominciato al meglio la propria carriera di calciatore, venendo scartato dall’Inter a quattordici anni in favore del fratello Giuseppe (di due anni più giovane), che militò in nerazzurro per quindici anni consecutivi, di cui molte da capitano.

Però Franco, a differenza di Beppe, è stato un’altra cosa: venti anni consecutivi al Milan, due anni in Serie B, 6 scudetti, 3 Coppe dei Campioni, 2 Coppe Intercontinentali, 3 Supercoppe europee e 4 Supercoppe italiane e trentatré reti che per un centrale di difesa sono davvero tante.

Libero di professione, difensore energico e dalla grinta senza eguali, è stato un giocatore leggendario che è stato apprezzato anche dai tifosi delle squadre avversarie. E non a caso Franco Baresi è a pieno titolo un Football Legend a tutto tondo.

Come e dove nasce la bandiera Baresi? Da uno scarto dell’Inter. Poco dopo, il giovane Franco entrò nelle giovanili del Milan e si fece notare per l’eleganza dei movimenti e l’attitudine a difendere meglio di tutti gli altri nonostante la giovane età.

Baresi II (come appariva sulle “figu” degli anni Settanta-Ottanta) iniziò la sua avventura con i “grandi” del Milan nell’estate del 1977 con la chiamata di Liedholm.

Baresi debuttò in prima squadra il 23 aprile 1978 contro il Verona al “Bentegodi”. Vittoria per 1-2 e lui si fece apprezzare per la grinta e la determinazione in campo, appoggiato da Rivera, uno che ha scritto la storia del Milan. La stagione successiva giocò ben 30 partite e a fine stagione vinse lo scudetto della stella. Debuttò anche in Europa, giocando in Coppa Uefa contro Lokomotiva Košice, Levski Sofia e Manchester City.

Nelle stagioni 1980/19881 e 1982/1983, per motivi diversi, il Milan giocò le sue due (e finora uniche) stagioni in Serie B e per un Collovati che lasciò Milanello, ecco un Baresi che decise di non lasciare nonostante le offerte di altri club, tra cui l’Inter del fratello Beppe. I tifosi, che non dimenticano mai le cose che fanno i propri giocatori, decisero di erigere Baresi a loro idolo incontrastato e da lì sbocciò un amore che terminò solo il 1° giugno 1997. Baresi nuovo Rivera? Forse di più, anzi molto di più visto che il giorno del suo ritiro è stato il giocatore rossonero con più presenze, superando proprio Rivera. E pensare che la stagione che portò al Mundial spagnolo saltò quattro mesi di campionato per curare una brutta setticemia e rischiò anche di dire addio al calcio.

Baresi visse (da protagonista) il caos societario e tecnico del Milan tra il 1980 e il 1985, fino all’arrivo alla presidenza di Silvio Berlusconi. E l’arrivo del magnate meneghino coincise con la nascita del Grande Milan, quello che tornò a vincere lo scudetto dopo nove anni di attesa e che vinse in sole tre stagioni due Coppe dei Campioni, due Supercoppe europee e due Coppe Intercontinentali consecutive, consacrando il Milan come la squadra più forte di sempre. Baresi, capitano incontrastato, alzò tutte le coppe europee del biennio 1989-1990. Se Berlusconi fu l’artefice dei successi milanisti dal punto di vista economico, Arrigo Sacchi con la sua “zona” fu l’artefice del successo tecnico. Con l’allenatore di Fusignano Baresi affrontò un matrimonio con tanti alti e tanti bassi E nel 1991, con il passaggio di Sacchi alla guida della Nazionale, tra i due non mancarono frecciatine. Al suo posto arrivò Fabio Capello e il Milan divenne ancora più forte. Baresi fu il trascinatore di quello che fu chiamato “Milan degli Invincibili”: quattro titoli in cinque anni (tre consecutivi), una vittoria in Champions League (con Baresi squalificato) e altre due finali perse contro Olympique e Ajax.

L’addio di Capello avvenne nella stagione 1995/1996 e la stagione successiva fu l’ultima da calciatore di Baresi.

La carriera di Baresi non è stata tutta rose e fiori e di lui si ricordano due momenti negativi: non aver mai vinto il Pallone d’oro e le lacrime di Pasadena.

A oggi, il premio di France Football lo hanno vinto solo tre difensori: due volte Franz Beckenbauer, una volta ciascuno Matthias Sammer e Fabio Cannavaro. Molti tifosi su questo fatto storcono il naso perché se sul capitano del Bayern Monaco e della Nazionale italiana al Mondiale 2006 non si può dire nulla, lo stesso non si può dire sull’ex giocatore dell’Inter allora in forza al Borussia Dortmund. E tutti a dire: se lo ha vinto Sammer, perché non lo ha mai vinto Franco Baresi? E questo lo dicono non solo i tifosi milanisti (che potrebbero essere tacciati di faziosità), ma tutti i tifosi di calcio del Mondo a tutte le latitudini del Mondo. Il miglior piazzamento dell’ex numero 6 bresciano è il secondo posto nell’edizione 1989 che vide per il secondo anno consecutivo un podio tutto milanista: Baresi dietro a Marco van Basten (staccato di 49 punti) e davanti a Frank Rijkaard. L’assegnazione del Pallone d’oro, nelle sue fin qui LXI edizioni, ha sempre diviso l’opinione tra tifosi ed addetti ai lavori. Fatto sta che molti (se non tantissimi) credono che non averlo dato a Baresi sia stato un peccato mortale, anche se il giocatore non ha mai dato peso al fatto di non averlo mai vinto.

Invece i tifosi italiani hanno pianto con Baresi quel caldo pomeriggio di Pasadena del 17 luglio 1994, finale di Usa ’94: 0-0 dopo i tempi regolamentari, 0-0 dopo i tempi supplementari e per la prima volta un Mondiale sarebbe stato assegnato ai calci di rigore.

Iniziò l’Italia proprio con capitan Baresi: palla alta sopra la traversa. Il numero 6 azzurro iniziò a disperarsi per il grave errore commesso e il giocatore fu un fiume in piena dopo il terzo rigore fallito da Baggio che consegnò la Coppa al Brasile.

Baresi fu leggendario in quella partita per due motivi: prese la palla e decise di calciare il primo rigore (grande segno di personalità e responsabilità) e per il fatto che lui il 23 giugno precedente si fosse infortunato al menisco contro la Norvegia e per lui il Mondiale avrebbe potuto finire. Sarebbe, visto che il difensore fece un recupero record e tornò titolare proprio in finale. Una cosa non da tutti ma solo per le vere leggende e la sua partita fu intensa e una delle migliori in azzurro.

In azzurro disputò 81 partite segnando una sola rete: debuttò il 4 dicembre 1982 contro la Romania a Firenze ed il suo unico gol lo segnò contro l’Urss il 20 febbraio 1988. Prese parte a tre Mondiali (’82, ’90, ’94) e all’Europeo tedesco del 1988.

L’addio alla Nazionale gli diede tempo di concentrarsi solo ed esclusivamente sul suo Milan ed il 1° giugno 1997, ultima giornata di campionato, Baresi decise di ritirarsi dal calcio giocato. A oggi, il “piscinin” è secondo nella classifica dei giocatori con più presenze dietro a Maldini: 902 contro 719.

Baresi è stato il primo calciatore cui venne ritirata la maglia al momento del suo addio dal calcio giocato, un gesto meritato anche se molti non hanno mai apprezzato questa scelta perché in questo modo nessun altro potrà sognare di giocare con quel numero un domani.

Come detto, Baresi non ha mai vinto il Pallone d’oro ufficiale ma il Presidente Berlusconi, a margine del suo match di addio al calcio giocato, lo premiò con una “copia” del premio di France Football come risarcimento.

Dopo il ritiro si è gettato nell’agone calcistico prima come direttore sportivo del Fulham, poi come allenatore, prima della Primavera (2002-2006) e poi fino al 2008 della formazione Berretti. A oggi è inserito nei quadri dirigenziali con incarichi nell’area marketing del Diavolo.

E’ sempre difficile parlare di eredi, ma in casa Milan a oggi il settore giovanile rossonero non ha più proposto un nuovo Baresi. La colpa non è di nessuno, semplicemente perché non ci sarà mai più un altro giocatore come Franco Baresi. Il capitano rossonero rientra a pieno titolo nelle leggende del calcio proprio perché inavvicinabile come classe, intelligenza tecnica, leadership e tattica.

Se per strada si fermassero dieci tifosi milanisti a caso e si chiedesse loro cosa è stato Franco Baresi, undici direbbero che quel ragazzino bocciato ad un provino dell’Inter è un giocatore che non avrà mai eredi, ma solo allievi o giocatori che giocano nel suo ruolo e mai al suo pari. Tralasciando il fatto che gli stessi “intervistati” si arrabbierebbero molto pensando alla situazione vigente nel Milan, con difensori non all’altezza e una fascia di capitano che non ha un erede designato e che gira di braccio sinistro in braccio sinistro.

Franco Baresi è stato uno dei calciatori più umani della storia per la semplicità fuori e dentro il rettangolo di gioco ed un esempio per tanti giovani. Le sue celeberrime lacrime a Pasadena hanno fatto storia. Sintomo che davvero sotto il sole cocente della California il calcio italiano avrebbe potuto compiere un miracolo sportivo.

Eppure quanto brucia al tifoso medio non aver visto Baresi alzare al cielo del “Meazza” anche un solo Pallone d’oro. Pazienza, il calcio italiano si ricorda più di lui per le sue prestazioni e i suoi comportamenti in campo (chi non ricorda il braccio alzato per segnalare il fuorigioco avversario all’arbitro?) piuttosto di altri che hanno vinto l’ambito premio e che ora sono finiti nel dimenticatoio.

Franco Baresi era, è e sarà sempre un mito. Per tutti, nessuno escluso.