Football Legend: Eric Cantona

Cantona

Da Marsiglia con furore

Au revoir”: così chiudeva un celebre spot televisivo di una nota marca di articoli sportivi il giocatore francese più carismatico della storia. Irriverente, presuntuoso ma con una tecnica senza eguali. Eric Cantona da Marsiglia (ma con chiare origini italiane) è stato un’icona di tutto il calcio europeo e mondiale nella prima metà degli anni Novanta. Voleva fare anche il portiere, la sua vita cambio vedendo giocare Johan Cruijff nel mitico Ajax.

Punta centrale, iniziò a giocare seriamente a calcio tra le fila dell’Auxerre, con cui riuscì a debuttare in prima squadra, rimanendovi due anni (dal 1983 al 1985).

Nel 1985 venne prestato al Martigues, allora militante in Division 2: con la squadra della PACA segnò quattro reti in quindici partite.

Dopo altre due stagioni prolifiche nell’Auxerre, Cantona tornò “a casa”, venendo tesserato dall’Olympique Marsiglia, la squadra di cui era un accanito tifoso. Il giovane Eric approdò nella città portuale fresco del titolo europeo Under 21 conquistato con i “galletti” contro la Grecia.

Ed è in questo periodo che l’attaccante classe 1966 iniziò a manifestare alcuni problemi disciplinari: nel gennaio 1989, durante un amichevole internazionale, si tolse la maglia e la gettò a terra dopo la sostituzione e poco tempo dopo fu nuovamente squalificato per aver pronunciato parole irriverenti contro l’allora commissario francese, Henri Michel, che (secondo il suo punto di vista) gli preferiva giocatori più deboli di lui.

La sua prima stagione a Marsiglia fu opaca e venne girato in prestito a Bordeaux e Montpellier, dove fece nel complesse bene (sedici reti). A Montpellier, dove vinse una Coppa di Francia, ebbe problemi con un compagno e fu messo fuori rosa, salvo poi essere reintegrato dai “senatori” dello spogliatoio.

Tornò al “Velodrome” nell’estate 1990 per rimanervi una sola stagione per poi passare al Nimes: non legò mai con l’allora tecnico Raymond Goethals, subentrato a Beckenbauer con cui il francese aveva un buon feeling. Ma anche con i rossi della Linguadoca il rapporto fu difficile: fu squalificato per un mese per aver lanciato la palla il direttore di gara per una decisione che non gli andò bene. La FFF lo squalificò prima per un mese poi e poi per altri due, in quanto apostrofò in malo modo chi lo aveva squalificato. Stanco di tutto e subissato dalle polemiche, Cantona minacciò di ritirarsi dal calcio ad appena 25 anni.

Cantona in First Division ed il passaggio allo “United”

Ma nel 1991 arrivò la chance della vita: Cantona al Leeds United, Cantona in First Division, il secondo campionato più bello del Mondo.

Per motivi comportamentali venne scartato inizialmente dal Liverpool, mentre il suo rifiuto di un secondo provino con lo Sheffield Wednesday, spinse i “pavoni” a portarselo a casa.

Con i bianco-blu-gialli, allora allenati da Howard Wilkinson, Cantona rimase una sola stagione, ma si contraddistinse come il più forte ed il migliore in campo, tanto che la squadra del West Yorkshire vinse il titolo dopo diciotto anni di attesa. I ragazzi di Wilkinson alzarono al cielo anche un Charity Shield (l’equivalente della nostra Supercoppa) contro il Liverpool, con tripletta dello stesso Cantona.

Durante quegli anni, in Europa, non esisteva il mercato invernale come lo conosciamo adesso, ma c’era quello novembrino “di riparazione”. Cantona allora si trasferì in una delle nobili decadute del calcio inglese, il Manchester United per una cifra di poco superiore al milione di sterline di allora.

Tra i Red devils ed “Eric il terribile” fu amore a prima vista e da quel novembre 1992, il francese lasciò il club solo nell’estate 1997. Con il club di Manchester, Cantona vinse quattro Premier League (l’erede della First Division), un altro Charity Shield ed una Supercoppa d’Inghilterra. Lo “United” riuscì nell’impresa di vincere il titolo dopo ventisei anni di attesa e Cantona fu decisivo sempre ed ovunque. La tifoseria si innamorò di lui e lui la ricambiava con il suo estro.

La magia di Eric Cantona stava in due elementi: la sua maglia numero 7 ed il colletto alzato. Da una parte, il mitico numero e dall’altra l’apoteosi della sua irriverenza e della sua “arte”. Cantona venne soprannominato “the King”, da parte dei suoi tifosi ma veniva dileggiato dalle altre tifoserie.

Cantona segnò a raffica con lo “United” oltre che ad essere determinante, tanto che nel 1993 si classificò al terzo posto nella classifica del Pallone d’oro, dietro a Dennis Bergkampe al vincitore Roberto Baggio. Nel 1994, inoltre, si classificò al tredicesimo posto e nel 1996 al settimo.

Kung fu Cantona

Nelle sue stagioni ad Old Trafford, il ManUtd vinse almeno un titolo, tranne che nella stagione 1994/1995. Motivo? Cantona non gioco’ per nove mesi, mesi determinanti per le sorti del torneo. Infortunio? No, squalificato per motivi disciplinari Motivo? Riavvolgiamo la bobina del tempo alla ventiseiesima giornata, al 25 gennaio 1995 e andiamo a Selhurst Park, stadio dei londinesi del Crystal Palace.

Il Manchester stava lottando con il Blackburn Rovers per la conquista del titolo, ma quel giorno, al minuto 48, il terzo della ripresa, successe qualcosa di clamoroso e di fantastico allo stesso compito. La partita, per la cronaca, terminò 1 a 1, con reti di Gareth Southgate per i padroni di casa e di David May per lo “United”.

Cantona era stato “francobollato” da Richard Shaw, un difensore inglese noto per la rudezza negli interventi e nelle marcature. I due, per 48 minuti di gioco, non se le mandarono a dire in campo. Cantona ad un certo punto perse la pazienza e commise fallo contro l’avversario. Un brutto fallo ed il referee lo espulse. Uscito dal campo, successe ciò che è ricordato ancora oggi come il “colpo alla Cantona”: il giocatore si girò verso uno spettatore sugli spalti e, con un colpo di king fu, lo colpì oltre a dargli un pugno. La vittima fu il 20enne Matthews Simmons ed intervennero gli stewart ed i giocatori a dividerli.

A distanza di ventuno anni, il video è ancora oggi cliccatissimo ed il mito di “the King” toccò cime mai viste, sebbene sia stato un gesto molto brutto. Il numero 7 (allora in maglia nera) fu squalificato per 9 mesi e condannato, in secondo grado, a 120 ore di lavori socialmente utili. Anche Simmons fu condannato, per aver provocato il giocatore.

Cantona fu punito dal suo club (che gli diede una multa di oltre 20 mila sterline) e dalla Football Association, che lo fermò fino ad ottobre, punendolo con altre 10 mila sterline di multa. Ed i Red devils persero il titolo in favore del “Blackburn dei miracoli” di Alan Shearer per un solo punto.

Intervistato successivamente, il giocatore disse di aver perso la testa nonostante abbia sempre ricevuto insulti da parte dei tifosi avversari, ma criticò i giornali, in quanto parlarono di lui per mesi e mesi. Anche con le parole Cantona è sempre stato “estroso”, poiché paragonò i giornalisti ai gabbiani che si muovevano verso il peschereccio che trasportava le sardine da buttare in mare.

Eric Cantona tornò in campo nell’ottobre 1995, contro il Liverpool. Nel frattempo era stato squalificato anche dalla Nazionale francese per ciò che fece a Londra. Nelle altre due stagioni, Cantona portò al titolo il Manchester e fu nominato capitano, primo non britannico nella storia del club nato nel 1878.

L’11 maggio 1997, a pochi giorni dal compimento dei 31 anni, giocò l’ultima partita ufficiale non solo con i Red devils, ma anche della sua carriera.

Il mito Cantona

Con i “se” e con i “ma” non si fa il calcio, ma si disse che l’Inter, nell’estate 1995, avrebbe cercato di portare in Serie A Cantona, ma la lunga squalifica ed il suo carattere difficile fecero prendere al club meneghino altre strade (altri giocatori, quindi), anche perché il club inglese non scaricò il suo giocatore e lo tenne sotto contratto.

Una certezza, il francese ai suoi tifosi l’ha però data: Cantona non si discute, si ama. E nel 2001 gli stessi tifosi del Manchester United votarono il loro bizzoso attaccante con il colletto alzato come il migliore giocatore della storia dei Red devils. Ma come, una squadra che ha avuto in rosa gente del calibro di Dennis Law, George Best, Bobby Charlton, Bryan Robson, Peter Schmeichel e Roy Keane si ritrova come “Best Manchester United football player ever” un francese spaccone ed irriverente? Uno che passerà alla storia come quello che ha dato un colpo di kung fu ad un tifoso avversario? Eh si, perché i tifosi non possono non amare colui che gli ha fatti innamorare per cinque stagioni per il suo carisma, la sua tecnica ed i suoi colpi di genio, in campo e fuori.

Non a caso Alex Ferguson, uno che non si è mai scomposto nella vita, disse che Cantona era “the right football player, in the right football team, at the right time”. E se lo disse uno come il tecnico scozzese, un motivo ci sarà. Nel 1998 fu uno dei cinque non britannici a finire nella lista dei migliori cento giocatori della storia del calcio inglese.

E Cantona, a distanza di anni, ricorda come il colpo inferto a Simmons come il punto più alto della sua carriera, in quanto tutti parlavano di lui e della scena di Selhurst Park. Cantona era così: un po’ si lamentava delle critiche ed un po’ gli piacevano.

Essendo stato un artista del pallone, in casa Manchester lo paragonstono a George Best, altro celeberrimo numero 7, ma Cantona è stato meglio del “quinto beatle”, in quanto il nord irlandese gli eccessi li fece fuori dal campo, mentre il francese sul rettangolo di gioco. E ancora oggi, durante le partite ad Old Trafford, partono ancora cori in favore del loro ex capitano. Sarà un caso anche questa volta?

Dal 1997 a oggi Cantona ha fatto molto: dal giocatore/allenatore della Nazionale transalpina di beach soccer al direttore sportivo dei New York Cosmos, dall’attore al “pasionario”: prima capitano della Nazionale francese che vinse la Coppa del Mondo nel 2005 contro il Brasile e poi ne fu allenatore per sei stagioni; nel 2011, al termine del periodo “calcio sulla sabbia”, fu ingaggiato come direttore sportivo dei New York Cosmos, la celebre franchigia molte volte campione degli USA, dove rimase fino al 2014; si avvicinò al cinema e nel 2009 uscì il suo film più celebre, “Il mio amico Eric” di Ken Loach e nel 2010 si avvicinò alla politica, intraprendendo una lotta contro le banche che finì in un nulla di fatto.

Dal punto di vista cinematografico, fece parte del cast di “Elisabeth” ma la celebrità l’ottenne con l’opera del regista britannico, presentata anche a Cannes: era la storia di un postino di Manchester che stava vedendo naufragare la propria vita dal punto di vista personale ed affettivo e che un giorno, fumando della droga, gli apparve come per magia Cantona in persona. Tra i due nacque una sincera amicizia, dove Cantona, in maniera quasi zen e filosofica, aiuterà Eric (il nome del postino) a riprendersi in mano la vita, facendolo ritornare dalla ex moglie. Insomma, Cantona angelo custode, guida ed esempio.

Ma tutti non possiamo esimerci dal non dimenticare cosa ha dato Cantona al calcio: estro e pazzia, serpentine e irriverenza, gol e calci di kung fu. Cantona giocatore immortale, nei secoli dei secoli, come gli spot televisivi che lo hanno visto protagonista nei suoi anni di calciatore e poi con la barba ed un po’ di “pancetta”.

Mai banale, sempre eccessivo: come quando definì l’argentino del Paris Saint Germain, Javier Pastore, più forte di Messi e Cristiano Ronaldo.

Sempre Cantona, nel bene e nel male. E se ancora oggi si parla di lui, non sarà certo un caso. Del resto, per uno che negli spot definiva il calcio “come la scherma” definendolo “une noble art”, battendosi affinché prevalessero lealtà, tecnica, cuore, rispetto e onore, ci si può solo togliere il cappello. Chapeau, Cantona.