La prima Coppa dei Campioni italiana
Il 22 maggio 1963 era un mercoledì e quella sera si disputò la finale dell’ottava edizione della Coppa dei Campioni. Per la terza volta una squadra italiana era arrivata all’atto finale della coppa più prestigiosa (ieri come oggi) d’Europa. La prima fu la Fiorentina di mister Fulvio Bernardini con in campo Sarti, Cervato e Montuori e che venne battuta dal Real Madrid 2 a 0 allo stadio “Bernabeu” il 30 maggio 1957. L’anno dopo anche il Milan di “Gipo” Viani arrivò fino alla finale, disputatasi all’Heysel, contro il Real Madrid: vittoria madridista per 3 a 2 e terza finale consecutiva vinta dagli spagnoli. In quel Milan giocavano, tra gli altri, Liedholm, Schiaffino e Grillo.
A distanza di cinque anni, i rossoneri tornarono a giocare un’altra finale. Quella volta a Wembley l’avversario era il lanciatissimo Benfica di Eusebio alla terza finale consecutiva e campione d’Europa uscente. La vittoria andò ai rossoneri che si imposero per 2 a 1, con vantaggio della “perla nera” per poi chiudersi in favore dei meneghini grazie alla doppietta di Altafini. Il Milan vinse la prima delle sue (attuali) sette Coppe dei Campioni/Champions League.
Per la prima volta una squadra italiana diventava Campione d’Europa e per la prima volta fu un italiano ad alzarla al cielo, Cesare Maldini. Il capitano del Milan era già presente, con la fascia sul braccio sinistro, nella sfortunata finale di Bruxelles.
I Maldini, una dinastia iniziata con Cesare, proseguita tra il 1985 ed il 2009 con Paolo e che ora è nelle mani (e nei piedi) dei nipoti di Christian e Daniel, attualmente tesserati con la Primavera ed i Giovanissimi del Milan e che si spera possano seguire le orme di padre e nonno.
“Nonno” Cesare, per l’appunto, è morto sabato ad 84 anni. I funerali si sono tenuti ieri mattina presso la basilica milanese di sant’Ambrogio.
Gli inizi a Trieste e la consacrazione milanista
La carriera di Cesare Maldini è divisibile in due tranches: l’esperienza da calciatore e l’esperienza da allenatore.
Triestino di nascita, debuttò a venti anni nella mitica squadra cittadina, la Triestina, con cui giocò per due stagioni in massima serie. L’allora tecnico alabardato, Mario Perazzolo, gli fece giocare una partita contro il Palermo e la stagione successiva lo promosse titolare e capitano della squadra.
Nell’estate 1954 Cesare Maldini passò al Milan del presidente Andrea Rizzoli, con in “panca” l’ungherese Béla Guttmann: lascerà i rossoneri nel 1966, per poi passare al Torino, con cui chiuse la carriera da giocatore all’età di 35 anni l’anno successivo.
Con la maglia del Milan, Maldini vinse subito il campionato con Viani in “panca” e poi ne vinse altri tre: il secondo ed il terzo (1956-1957, 1958-1959), ancora con “Gipo” e l’ultimo, nel 1961/1962, con Nereo Rocco. E proprio con il paron, il Milan (e Maldini) vinse la prima Coppa dei Campioni della sua storia: era il Milan di Ghezzi, Trapattoni, Rivera ed Altafini. Con il 31enne Cesare Maldini capitano, per l’appunto.
Nota dolente, la sconfitta nella finale di Coppa Intercontinentale contro il Santos di Pelé campione uscente: i rossoneri riuscirono a portare i brasiliani (e Pelé) allo spareggio, un’impresa non da poco.
Maldini allenatore: da vice di Rocco a vice di Zoff a padre della Under 21
Dopo un anno al Torino, con il mentore Rocco in panchina, nel 1967 Cesare Maldini si ritirò, iniziando a carpire le tecniche di allenatore: era naturale che un giocatore del suo calibro intraprendesse quella strada.
E non poté iniziare se non con il “suo” Milan: tra il 1967 ed il 1971 fece parte dello staff di Rocco per poi diventare, la stagione successiva, suo vice e per due anni allenatore “titolare”, vincendo nel 1973 la Coppa Italia e la Coppa delle Coppe.
Nella sua breve, ma intensa, parentesi da allenatore del Milan, Maldini fu anche il mister della “fatal Verona”, l’inaspettata sconfitta sul campo del Verona del 20 maggio 1973 che impedì al Milan di vincere il campionato all’ultima giornata e che diede il titolo alla Juventus.
Lasciato il Milan, Cesare Maldini tornò ad allenare ma su panchine di squadre di Serie C come Foggia, Ternana e Parma. Siamo nel 1979 e, grazie a Maldini, i ducali vennero promossi in Serie B, con il triestino subentrato in corso d’opera a Graziano Landoni. La stagione 1979/980 vide il Parma retrocedere in Serie C, ma la carriera da allenatore di Maldini prese una piega inaspettata: la chiamata federale come vice- di Enzo Bearzot.
Cesare Maldini per sei anni rimase al fianco del vecio (friulano come lui) e con lui vinse la Coppa del Mondo nel 1982 contro la Germania. Lasciò la Nazionale maggiore dopo la sconfitta patita in Messico contro la Francia negli ottavi di finale. Come lui, lasciò anche Bearzot.
Nel frattempo c’era una Selezione Under 21 vice-Campione d’Europa che doveva avere un nuovo tecnico, visto che Azeglio Vicini venne promosso in quella “maggiore” e la FIGC assegnò la panchina della principale selezione giovanile nazionale a Cesare Maldini.
Maldini rimase in sella per dieci anni e in quel periodo la nostra Under 21 divenne una corazzata a livello europeo, vincendo per tre volte consecutive il titolo di Campione d’Europa (1992/1994/1996), arrivando una volta terza (1990).
I meriti tecnici furono tutti di “Cesarone”, ma quella Under era una nidiata di talenti purissimi: da Alessandro Melli ad Angelo Peruzzi, da Roberto Baggio a Demetrio Albertini; da Christian Vieri a Christian Panucci ed Emiliano Bigica, da Alessandro Nesta a Francesco Totti, da Fabio Cannavaro a Gianluigi Buffon.
Maldini portò la nostra Under a disputare le Olimpiadi di Barcellona e Atlanta (come Under 23), chiudendo con un’eliminazione ai quarti e nella fase a gironi.
L’esperienza con gli azzurri ed in Paraguay
Nel 1996 Cesare Maldini fu promosso a CT della Nazionale maggiore, con l’addio di Arrigo Sacchi dopo il deludente Europeo inglese. Con Maldini senior in panchina e Maldini jr in campo, l’Italia si qualificò al Mondiale francese del 1998, con gli azzurri sconfitti nei quarti di finale dalla Francia ai calci di rigore. In quell’occasione fu contesta a Maldini la staffetta tra un opaco del Piero ed un tonico Baggio. E’ ancora oggi epica lo sguardo impietrito di Maldini dopo aver visto la palla calciata da di Biagio stamparsi sulla traversa, portando non solo alla fine del cammino mondiale ma anche alla sua esperienza sulla panchina azzurra.
Al termine del Mondiale, Maldini fu sostituito con Dino Zoff. L’anno dopo (il 2 febbraio 1999) entrò nei ranghi del Milan con il ruolo di capo di tutti gli scout ed il 14 marzo 2001 prese il posto dell’esonerato Alberto Zaccheroni, diventando per tre mesi (e dieci partite) allenatore, coadiuvato da Mauro Tassotti, portando i rossoneri al sesto posto.
Quella stagione, sfortunata, ebbe come apice la celebre vittoria per 6 a 0 del Milan sull’Inter del 11 maggio: ai un “derby d’la Madunina” si era chiuso con un punteggio tennistico. Al termine della stagione fu sostituito, anche per motivi anagrafici, da Fatih Terim.
La capacità di allenatore di Maldini era nota in tutto il Mondo e nell’autunno 2001 divenne il Ct della Nazionale paraguaiana. L’ex commissario tecnico italiano, a 70 anni, riuscì a far qualificare la Nazionale guaranì al Mondiale nippo-coreano del 2002 e per la sesta volta la nazionale albiroja partecipò ad una kermesse mondiale. Era il Paraguay di José Luis Chilavert, Carlos Gamarra e di un giovane Roque Santa Cruz. Superato il girone di qualificazione dietro la Spagna, i ragazzi di Maldini vennero eliminati dalla Germania negli ottavi di finale. Quella sulla panchina sudamericana fu l’ultima esperienza da allenatore di Cesare Maldini.
Un signor difensore. In tutti i sensi.
Ritiratosi a vita privata, ma sempre vicino al calcio, iniziò a collaborare come commentatore televisivo e a vedere il figlio Paolo alzare due volte la Coppa dei Campioni come capitano del Milan nel 2003 a Manchester e nel 2007 ad Atene. Ironia della sorte, il giorno della nascita di Paolo (avvenuta il 26 giugno 1968) ci fu un derby di coppa Italia vinto dal Milan, con il padre nello staff del paron Rocco.
Cesare Maldini era un libero molto abile ma a tratti lezioso, elegante nelle movenze ma insuperabile e molto corretto, visto che in carriera collezionò pochi “gialli” e ancor meno “rossi”.
Capitò anche in un periodo in cui la Nazionale era molto deludente: solo quattordici presenze per lui e la partecipazione allo sfortunato Mondiale cileno del 1962.
Con Cesare Maldini se ne va un’altra fetta di quel calcio in bianco e nero che ha fatto storia, ma con lui “a colori” abbiamo visto l’Italia sul tetto d’Europa per tre volte consecutive, diventando la selezione giovanile più forte di sempre.
Tutte le partite di Serie A e Lega B hanno osservato un minuto di silenzio prima dell’inizio delle partite il week end scorso ed è in progetto l’intitolazione di un parco nei pressi di san Siro in memoria del primo italiano che alzò al cielo la prima Coppa dei Campioni italiana, oltre che ad una targa commemorativa, come avvenne per l’amico-rivale Giacinto Facchetti.
Un doveroso gesto di riconoscenza verso uno dei giocatori più importanti della storia calcistica nostrana ed uno che ha fatto emergere una generazione di campioni: cinque giocatori campioni del Mondo a Berlino hanno giocato sotto gli ordini di Maldini nel triennio d’oro della sua Under 21.
Ci ha lasciato un Maestro di calcio e si spera che in tanti lo sappiano e che il suo lascito non venga mai dimenticato.