Alex Ferguson, Manchester United nel cuore
La Scozia non solo è una delle quattro Nazioni fondatrici del football moderno, ma fa anche parte (con un membro) dell’International Football Association Board, l’associazione di otto persone che decide le regole del calcio vincolanti in tutto il Mondo. Oltre a Glasgow, a livello di Stati, ne fanno parte Inghilterra, Galles ed Irlanda del Nord.
Scozia caput…calcio quindi, ma se andiamo a spulciare gli albi d’oro delle tre coppe europee più importanti. scopriamo però che la Scozia ha visto vincere solo tre squadre: il Celtic Glasgow la Coppa dei Campioni nel 1967, i Glasgow Rangers e l’Aberdeen la Coppa delle Coppe nel 1972 e nel 1983. La Nazione più a Nord dello United Kingdom non vince più nulla da 35 anni grazie all’impresa dell’Aberdeen, espressione dell’omonima cittadina nel nord ovest del Paese. Calcisticamente, quando si pensa alla Scozia, si pensa al dualismo delle due squadre della capitale, i Celtic contro i Rangers e le loro divisioni tra cattolici e protestanti, una cosa normale in Scozia. E anche nella casa del protagonista del nostro spazio “Football Legend” si è vissuto questo dualismo.
Soffermiamoci però sull’Aberdeen e andiamo a sfogliare la storia (calcistica) della squadra scozzese e scopriremo che tra il 1978 ed il 1986 questa è stata la più vincente squadra scozzese, conquistando tre titoli nazionali, quattro Coppe di Scozia, una Coppa di Lega e, soprattutto, due coppe europee: la Coppa delle Coppe e la Supercoppa europea nella fantastica stagione 1982/1983. Alla guida di quella squadra c’era un allenatore che si fece notare per la sua bravura e per la dedizione che metteva nel calcio. Un uomo che tra il 1986 ed il 2013 scrisse poi una grande pagina di calcio britannico, europeo e mondiale. Uno dei migliori tecnici della storia, capace di vincere tanto da essere considerato come “the Manager”. Ladies and Gentlemen, questa settimana parleremo di sir Alex Ferguson.
Scozzese di Govan, sobborgo povero di Glasgow, Alexander Chapman Ferguson è figlio della working class. Classe 1941 (natovi l’ultimo giorno), il futuro “sir” ebbe un percorso scolastico degno del peggior Pierino, ma capì che il calcio sarebbe stato il suo destino. Di ruolo attaccante, Ferguson tra il 1957 ed il 1978 militò in sei squadre scozzesi (Queen’s Park, St. Johnstone, Dunfermline Athletic, Glasgow Rangers, Falkirk e Ayr United), vincendo due titoli nazionali e una classifica marcatori quando militava nel Dunfermline. Ma la cosa che impressionò non fu il fatto che aveva un buon fiuto del gol (171 gol in carriera), ma il fatto che comandasse dal campo la squadra, quasi fosse un altro allenatore. E non a caso, non appena ritiratosi dal calcio giocato, decise di fare subito l’allenatore.
Iniziò prima con una squadra di basso rango (il East Stringshire di Falkirk) e tra il 1974 ed il 1978 guidò il Saint Mirren, portandolo in due stagioni prima in First division poi in Premier division, la massima serie calcistica scozzese. Dal Renfrewshire si spostò poi in quella è considerata la città del granito, Aberdeen, rimanendovi otto stagioni consecutive facendo dei Red l’unica squadra capace di spezzare il duopolio Celtic-Rangers che durava allora da quattordici anni realizzando in quello spazio di tempo ben un treble ed un double.
Con Ferguson in panchina, l’Aberdeen scrisse una grande pagina di calcio europeo, vincendo la Coppa delle Coppe contro il Real Madrid a Goteborg e la Supercoppa europea contro i campioni d’Europa in carica dell’Amburgo. Ferguson divenne mainstream e su di lui confidò la Federcalcio scozzese per il Mondiale messicano del 1986: venne nominato Commissario tecnico del “Tartan army” al suo (allora) sesto Mondiale. La Scozia fu inserita nel girone con la Germania ovest vice Campione del Mondo in carica, l’Uruguay di Enzo Francescoli e la “Danish dynamite”, la forte nazionale danese: tre partite, 1 pareggio, due sconfitte e Scozia a casa.
Il tecnico di Govan, allora 45enne, ricevette però una chiamata importante nel novembre successivo. A contattarlo era niente meno che il Manchester United che cercava un nuovo coach dopo l’addio di Ron Atkinson. Ferguson accettò la sfida e divenne il nuovo allenatore dei Red devils.
La storia di Alex Ferguson con il Manchester United è storia che tutti conoscono: 27 anni consecutivi con le conquiste di due Champions League, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa UEFA, una Coppa Intercontinentale, una Coppa del mondo per club, tredici Premier League, cinque FA Cup, quattro League Cup e dieci Community Shield. Grazie a lui, i Red devils uscirono dal cono d’ombra dell’essere una nobile decaduta fino ad arrivare ai vertici del calcio mondiale, diventando anche una grande esempio di business e marketing.
Nonostante i primi anni furono molto difficili, pian piano lo United con “Fergie” uscì dalla metà classifica in cui era confinato per erigersi a squadra modello. I successi arrivarono in scala con tre double (campionato e FA Cup) ed un treble (Campionato, FA Cup e Champions League), prima squadra inglese a riuscirci.
Alla base dei successi, un uomo al comando ed una squadra che negli anni è diventata sempre più forte, completa e vincente.
Quanti sono diventati calciatori icone del calcio grazie a Ferguson? Un’infinità: dalla “class of ’92” formata dai ragazzi provenienti dal settore giovanile (da Giggs a Beckham, da Paul Scholes a Nicky Butt ai fratelli Neville, Gary e Philip) a Peter Schmeichel, da Wayne Rooney a Rio Ferdinand, da Ruud van Nistelrooy a Denis Irwin, da Roy Keane ad Eric Cantona. Fino a Cristiano Ronaldo, l’ultimo “cocco” di Ferguson.
Uno scopritore di talenti puro, un vincente nato, uno che per di vincere mandava “a stendere” i suoi giocatori. Eh sì, perché Alex Ferguson era (come tecnico) molto caliente nonostante fosse nato nel profondo Nord scozzese: chiedete ai tutti i suoi giocatori che venivano rimproverati negli spogliatoi. Non a caso il suo soprannome era “asciugacapelli” (the Hairdryer), perché se doveva sgridare un giocatore che aveva fatto male lui gli andava a pochi centimetri dal naso e gli urlava contro la sua rabbia. Tutti, nessuno escluso. Storica la lite con Beckham, con il famoso lancio dello scarpino sul viso dello Spice boys.
Ferguson era uno che non le mandava a dire né in campo né fuori, un sanguigno, uno che arrivava dalla strada e dalla povertà che non girava intorno alle parole ma diceva tutto senza dimenticare niente: questo lui lo aveva sempre detto, in quanto il suo essere nato in una cittadina portuale non ricca e dove l’andare al pub e ad ubriacarsi era la cosa più cool che si potesse fare (oltre al lavorare e votare “left) lo aveva forgiato e reso maturo.
Con Ferguson in panchina lo United tornò a vincere un titolo dopo ventisei stagioni, una Coppa di Lega dopo cinque e la Coppa dei Campioni dopo trentuno anni. E la vittoria di Barcellona contro il Bayern Monaco fu al cardiopalma, poiché i Red devils erano sotto di un gol fino al minuto 90 ma poi successe qualcosa di clamoroso: un minuto dopo pareggiò Sheringham e due minuti dopo Ole Gunnar Solskjær, con una “zampata” sotto rete, decise il match. Una vittoria incredibile, come incredibile ed insperata fu quella del 2009 contro il Chelsea, nella prima finale tra squadre inglese e vinta ai rigori da Giggs e compagni sotto un diluvio universale.
Possiamo dire che sono stati 27 anni di fantasia, spettacolo, divertimento e grande football teaching. E ancora oggi molti tifosi dello United solo a sentire parlare del loro “Fergie” rimpiangono la sua epoca, anche perché gli anni successivi al suo pensionamento sono stati traumatici: in cinque anni la squadra ha vinto solo due Community Shield, una FA Cup e l’Europa League, susseguendosi a Old Trafford tecnici acerbi (David Moyes e Ryan Giggs) e tecnici di spessore e con un grande curriculum (Louis van Gaal e José Mourinho), ma non è mai arrivata la tanto agognata quarta Champions League. Anzi, in queste cinque stagioni la squadra si è spinta la massimo nei quarti di finale ed in un’occasione era già uscita nella fase a gironi. Non è che la bacheca abbia preso polvere e ragnatele, solo che i trofei si pensava potessero essere di più viste le ingentissime somme di denaro sborsate dalla società per portare a Mancunia fior di top player. Eppure questo non è bastato e la squadra anche in questa stagione sembra faticare. Proprio nell’anno in cui Mourinho si è lamentato che la dirigenza non gli ha preso nessun top player, cosa che invece hanno fatto le avversarie.
Insomma, lo spettro (sportivo) di sir Alex Ferguson vola sempre sul “Teatro dei sogni” quasi a dire: dopo di me, il nulla..
Ma Ferguson è stato anche altro: miglior allenatore del secolo, miglior allenatore di sempre in Inghilterra e poi quel titolo di Sir per mano della Regina Elisabetta II che lo ha reso ancora più immortale di quanto non lo fosse già. Per non parlare della via nei pressi dello stadio e della statua davanti ad Old Trafford. Insomma, un eroe contemporaneo.
E lo scorso 5 maggio quando l’ex tecnico fu colpito da un’emorragia cerebrale e ricoverato al Salford Royal Hospital di Manchester., tutto il calcio mondiale si fermò e pregò affinché Alex Ferguson non morisse o ne potesse uscire al meglio.
Alex Chapman Ferguson sarà sempre e solo Manchester United, un amore nato il 6 novembre 1986 e terminato il 19 maggio 2013, rendendo il tecnico scozzese il secondo allenatore più longevo della storia del calcio dopo il francese Guy Roux per 44 anni in sella all’Auxerre. Ferguson detiene anche il record di partite consecutive sulla “panca” Red devils, superando il 19 dicembre 2010 un certo Matt Busby, altro guru del calcio dello United e fino al 31 dicembre dello scorso anno deteneva anche il record di panchine consecutive in Premier League, superato dal maestro-rivale Arsène Wenger che ora detiene il primato.
Questa è la storia di colui che ha cambiato il concetto di allenatore. Un uomo irascibile, cattivo, pieno di cazzimma, severo, bastian contrario ma vicino alle persone (lavorativamente) in difficoltà.
Ferguson è sempre stato visto come un santone, un’entità intoccabile ed incontrovertibile nonché con cui non si poteva avere un contraddittorio: se per lui una cosa era in un modo, era così punto e basta. Aveva sempre ragione lui e torto gli altri.
Sir Alex Chapman Ferguson, il manager dei record che ha riscritto da una panchina la storia del calcio e del modo di allenare, lui nato sotto la “scuola” di Marcello Lippi.
E pensare che se avesse perso la finale di FA del 1990 contro il Crystal Palace sarebbe stato esonerato e la storia del calcio avrebbe preso un’altra direzione.
Indi per cui ringraziamo Andrew Martin (colui che decise il replay della finale) per non aver cambiato le sorti del Mondo (calcistico).