Federica Pellegrini si racconta: da Magnini al possibile ritiro dopo Tokyo 2020
Nel corso di una lunga intervista rilasciata a SportMediaset.it, Federica Pellegrini – nuotatrice capace di infrangere, tra il 2007 e il 2009 ben 11 record del mondo – ha fissato in Tokyo 2020 il termine della sua carriera, a distanza di sedici anni dall’esordio olimpico ad Atene, dove all’età di 16 anni divenne la più giovane atleta italiana a conquistare un podio olimpico individuale.
Dopo aver commentato i risultati ottenuti nel corso degli Europei di Copenhagen – ”bisognerà lavorare di più ma quest’anno ci permetterà di essere più tranquilli. Era previsto che qualche gara non sarebbe andata come ci si poteva aspettare anche perché io devo rifiatare a livello fisico e mentale – Federica si è concentrata sul ritiro del suo ex compagno, Filippo Magnini: ”Mancherà sicuramente un trascinatore come lui soprattutto nella sua specialità di velocista. Noi abbiamo iniziato insieme nel 2003 e io ormai sono grande. Siamo due professionisti, lui continuerà ad esserlo anche nella vita perché l’impostazione è quella. Siamo cresciuti insieme e abbiamo imparato tanto uno dall’altra”.
Dal ritiro di Magnini… al suo
”Difficile dirlo, fino ad oggi non ho smesso perché non me lo sentivo dentro. Sarà in parte una decisione istintiva perché certe cose le percepisci dentro, senti il desiderio di fare altro nella vita anche come donna. Ma nello stesso tempo sarà anche una decisione razionale: dopo Tokyo avrò 32 anni e di sicuro non mi aspetto di andare lì a vincere una medaglia. Anche perché non so come andrò lì e se farò la staffetta, i 100 o i 200. Gli anni passano e per quanto mi riguarda la carriera che volevo fare si è conclusa la scorsa estate a Budapest quindi da adesso in poi è un navigare a vista cercando di divertirmi. Qualunque cosa succederà a Tokyo penso che dopo organizzerò una grande festa per il mio addio. Per un uomo è diverso ma essendo donna credo che tra due anni lo spirito di maternità di farà sentire. E io il valore della famiglia lo conosco bene e lo sento forte”.
Come sarà la vita dopo il nuoto?
”Non lo so, penso che quando smetterò mi si apriranno molte porte, almeno spero. Se così non fosse farò solo la mamma che non è comunque poco. Ma ancora non ci penso. La cosa più difficile sarà non sentire più l’adrenalina della gara e quella mi mancherà di certo”.
Il più bel ricordo della carriera. E un rimpianto
”C’è una cosa che cambierei della mia carriera: non andarmene da Philippe Lucas l’anno di Londra 2012. Avrei dovuto continuare ad allenarmi con lui. Ciò di cui sono più fiera è di non aver smesso dopo la delusione di Rio”.
La chiusura è dedicata al rapporto atleta-allenatore
”Secondo alcuni quando ero la più forte andavo col pilota automatico ma non è così. Non sono andata forte con chiunque. Ho cambiato tanti alenatori ma avrei voluto cambiarne meno. E’ fondamentale chi mi sta di fianco, chi mi accompagna alla camera di chiamata fino a 10 minuti prima della gara, quello che mi dice e mi trasmette ogni giorno. Ed è anche importante che sappia reggere un certo tipo di pressione. Tanti cambi sono stati fatti proprio perché alcuni non erano abituati a sopportare quello che mi stava intorno. Qualcuno si è montato la testa, qualcuno non ha saputo reggere anche se poi da str…a passavo sempre io. Alberto Castagnetti è stato quello che mi ha insegnato il mestiere di atleta ad alto livello, a soffrire e a rimanere concentrata sulle tue sensazioni in acqua. Philippe Lucas lo cito perché confermarsi al vertice non è mai facile e con lui sono riuscita a farlo. Infine c’è Matteo Giunta con cui ho fatto il lavoro di questi anni fino all’oro di Budapest. E sarà quello che mi porterà fino in fondo, fino alle fine della mia carriera”.