Simone Tiribocchi, ex calciatore di Atalanta, Lecce e Torino, è intervenuto a SportPaper TV, con Roberta Pedrelli, su RadioRoma News e Bom Channel.
Tiribocchi: “L’attaccante in cui mi rivedo di più è Krstovic”
Napoli primo, con Conte e le coppe da non affrontare, può essere la favorita?
“Sicuramente è una forte rivale dell’Inter, che ha ancora una marcia in più, nonostante la partenza non esaltante. Non avere le coppe, dato il grande dispendio che ne consegue, può essere un vantaggio. Conte, che conosco, darà filo da torcere alle avversarie”.
Tante partite e aumento importante, un suo punto di vista.
“Sono d’accordo? Dobbiamo esserlo, non c’è mai stato un sondaggio. Se vogliamo vedere società che fanno un certo tipo di mercato allora dobbiamo adattarci. È vero che ci sono troppe partite, ma non vi sono alternative. A me piaceva giocare. Io non ho mai fatto le Coppe, ma, ad esempio, durante la settimana di Coppa Italia prediligevo giocare, piuttosto che allenarmi. Normale che a gennaio-febbraio si possa essere un po’ stanchi, così come è come al rientro da infortunio. Tuttavia, ora sono tutte rose da 25-26 giocatori. I turnover durano fino a dicembre, poi iniziano le partite importanti e chi non ha dimostrato non gioca”.
Un episodio: una trattativa con la Roma saltata e un no all’Inter?
“Ho parlato con i dirigenti della Roma, mentre la seconda volta è stata un’iniziativa popolare promossa da una radio. Ricordo che i tifosi chiesero di portare a Roma tutti coloro i quali che fossero nati a Roma o che tifassero Roma. Una petizione che poi non ha funzionato. Mi sarebbe piaciuto, sono romano, vengo da una famiglia romanista. È una big, è come se avessi detto di sì a Milan, Inter…Con l’Inter, invece, era una decisione da prendere sul momento. C’era un match imminente di Coppa Italia e non avevano attaccanti, mi proposero di andare, anche se dopo sarebbero tornati sia infortunati che altri in Coppa d’Africa, ma non me la sono sentita. Si tratta dell’Inter di Mancini, nel 2005. In quel momento avrei giocato quella singola partita, poi il campo l’avrei visto con il binocolo, era un attacco strepitoso. Decisi di restare al Chievo e un mese dopo mi operai per un problema di ernia al disco”.
Tra i bomber di oggi ce ne sono molti criticati, come, ad esempio, Vlahovic. Deve essere l’allenatore a mettere l’attaccante in condizione, o viceversa?
“Quando si parla di un giocatore così forte c’è una via di mezzo. Dopo tanti anni di Juventus, che ci sia ancora aperto il caso Vlahovic vuol dire che anche il calciatore non si è messo da parte. Sicuramente non è mai stata costruita una squadra attorno a lui. Si è ritrovato ad avere responsabilità enormi ed è stato uno dei tanti, mentre a Firenze era unico. Altro aspetto è il carattere, ossessionato dal gol, dalla prestazione, dall’essere il migliore, che lo porta a sbagliare troppo ed essere troppo nervoso. Non si riesce a sistemare la questione. Nessuno mette in dubbio il suo talento, ma per il giocatore che è ci si aspetta di più. Mettiamo anche che Motta ha messo fuori Nzola a La Spezia e Arnautovic a Bologna, prime punte con caratteristiche simile, e alla Juve non può farlo”.
Come vedi questa Roma? Con Juric è tornata la concentrazione?
“La cosa più importante è vincere. La cosa migliore in queste partite è il risultato. È pur vero che i ragazzi sono passati da un tecnico accentratore e difensivista come Mourinho ad uno molto amico dei giocatori e offensivo quale De Rossi, per poi cambiare verso un allenatore molto duro, che gioca un altro calcio ed è molto esigente, che è Juric. Nel giro di pochi mesi è cambiato tanto. Le prestazioni non sono all’altezza, ma i risultati sì. Qualora quest’ultimi fossero stati negativi si sarebbe alimentata una contestazione, pronta dietro l’angolo”.
Un parere sul Torino e su Vanoli.
“Torino è una piazza strepitosa. La contestazione contro il presidente non dava tranquillità. I tifosi granata sono pazzeschi. Già con Juric il Toro ha fatto un percorso importante, è andato vicino all’Europa. Vanoli è stato con Conte e si vede. Sa come lavorare, dove vuole arrivare. Ha fatto bene a Venezia, in entrambi gli anni. Il Torino fa capire che ci capisce. Hanno preso giocatori forti e hanno scelto bene gli ultimi due tecnici. Ciononostante, si può lottare sino ad un certo punto, poi sei costretto a fermarti”.
La Roma ha cambiato tre allenatori in 8 mesi. Perché i giovani nel secondo tempo sono già al limite delle proprie forze. Qual è la causa?
“Credo sia una pesantezza mentale. Quando cambi allenatore sei l’unico responsabile. A Roma non è facile andare in campo e metterci la faccia. Non è una questione fisica, nonostante ci sia da correre di più. Ci sono le caratteristiche tecniche che vanno rispettate, Baldanzi non sarà come Pellegrini, così come Koné non sarà come Cristante. La Roma ha lottato sempre in Europa, la rosa giallorossa è arrivata sempre alla fine delle coppe. Un po’ di stanchezza ci può stare”.
In quale attaccante dell’attuale Serie A ti rivedi? Dovbyk?
“Dovbyk è molto più fisico. Il gol in diagonale di sinistro è simile a un mio gol. Era una fisicità diversa. Invece, quello che mi si avvicina di più Krstovic, o Castro. Dovbyk farà gol”.
L’Atalanta può essere competitiva?
“Non ha la continuità di questi ultimi anni. È partita prima per la preparazione, in vista della Supercoppa Europea. Vincere l’Europa League non è scontato, è il trofeo più importante che si potesse vincere. Era il momento giusto per chiudere un ciclo, ripartire da zero. La società si muove bene ed era necessario ricostruire. Naturalmente, è difficile ragionare senza Gasperini e comprendo la scelta. La squadra ora è stanca, l’allenatore chiede ritmi alti. Non è facile”.