L’AMORE PER IL GIOCO, CON LA “G” MAIUSCOLA. IL SUO COINVOLGIMENTO NEL BASKET IN PIU’ RUOLI, DA QUELLO DI ALLENATORE A QUELLO DI ARBITRO, FINO A DIVENTARNE “LA VOCE”.
Iniziamo a dire che parlare con Flavio Tranquillo, anche se per pochi minuti, è davvero un piacere. Soprattutto perchè non si cade mai nel banale, anzi. Trattandosi di uno dei più importanti narratori a livello sportivo che abbiamo in Italia, non può che incuriosire questo suo amore viscerale per il basket, anzi per il Gioco, come spesso ama definirlo.
Una narrazione coinvolgente, che fa vivere l’evento a vari livelli di empatìa. Con lui si “entra nel parquet”, imparando a conoscerne le dinamiche, fisiche e psicologiche, per poi trascendere tutto. Perchè il basket, come tutto lo sport, se amato in una certa maniera, se raccontato con amore e non solo seguendo una fredda deontologia, riesce a trascendere sè stesso, ad andare oltre, per mostrare la sua essenza più pura e bella.
COS’E’ PER LEI IL BASKET, AL DI LA’ DEGLI ASPETTI SQUISITAMENTE TECNICI E SPETTACOLARI DEL GIOCO?
Beh, è il grande amore della mia vita, oltre che lo sport che ha caratterizzato principalmente la mia professione. E come per tutti gli amori, trovare le parole per descriverlo, è difficile. Direi che i grandi amori non sono raccontabili.
NEL SUO LIBRO “ALTRO TIRO, ALTRO GIRO, ALTRO REGALO” ESPRIME UN CONCETTO MOLTO BELLO, OVVERO CHE IL GIOCO AIUTA A VIVERE MEGLIO.
Direi proprio di sì, e il mio è un concetto che non si può solo applicare al basket nello specifico. Credo che valga anche in una sua dimensione più ampia. Che si tratti del Monopoli o del judo, il concetto rimane uguale. Qui non si tratta solo di vederne solo l’aspetto divertente, ma anche di coglierne altre sfaccettature, altri significati, attraverso l’intelletto.
LEI CITA ANCHE LA FIGURA DI GIUSEPPE FAVA, NEL DESCRIVERE IL MESTIERE DI GIORNALISTA. QUAL E’ IL SUO APPROCCIO ALLA PROFESSIONE?
Diciamo che il mio modo di interpretare il mestiere di giornalista è cambiato di parecchio nel corso degli anni. In passato, l’ho vissuto colpevolmente in maniera forse un po’ troppo leggera. Negli anni ho capito che non vi era solo la dimensione del puro divertimento, ma vi erano anche altre componenti. E’ un lavoro del quale non si può trascurare la sua funzione anche sociale.
E PER QUANTO RIGUARDA IL MESTIERE DELL’ALLENATORE? LEI CHE HA AVUTO ANCHE UN’ ESPERIENZA DI QUESTO TIPO, QUALE PERCENTUALE DAREBBE AL RUOLO DEL TECNICO NEI SUCCESSI E NEL PERCORSO DI CRESCITA DI UNA SQUADRA?
Credo che sia sbagliato parlare di percentuali in tal senso. O meglio, vi è sicuramente una percentuale da non considerare, ovvero il 100 per cento. Quando sento parlare di un tecnico che prevale su un altro, ad esempio Guardiola che batte Conte, si incappa in un grosso errore. Il calcio è uno sport in cui si gioca 11 contro 11, come il basket in 5 contro 5. Restringere il campo di analisi solo sulla figura dell’allenatore è fuorviante. Anche perchè le componenti di una squadra sono molteplici, dalla dirigenza ai singoli giocatori. Resta una figura importante, intrigante anche, ma ovviamente non la sola.
CHIUDIAMO CON L’OLIMPIA. LA SCONFITTA DI MOSCA HA ACUITO LA SUA CRISI DI RISULTATI IN EUROPA. COSA MANCA A MILANO PER ESSERE DAVVERO COMPETITIVA? FORSE UN CAMPIONATO ALLENANTE?
Sinceramente non lo so. Guardandola da fuori, la situazione di Milano è sicuramente complessa. Ma credo che i motivi, e i problemi per forza di cose, siano da ricercare al suo interno. Credo che sia fuorviante stilare una lista della spesa, e intervenire di conseguenza. Per quanto riguarda la sconfitta col CSKA, magari se Teodosic e De Colo avessero giocato per Milano, la partita avrebbe preso un’altra strada. La domanda da fare semmai è un’altra, ovvero se i risultati fin qui ottenuti e la rosa a disposizione di Repesa rispecchiano il valore complessivo della squadra. La risposta, secondo me, è no.