Si sa, per un romanista sfegatato vivere a Roma a stretto contatto con la squadra e l’ambiente giallorosso può essere un’arma a doppio taglio. Entusiasmo alle stelle se le cose vanno bene, sentimento molto vicino alla depressione se le stesse non ingranano. Si finisce per subire per forza di cose le sensazioni che possono essere positive una domenica, maledettamente negative la domenica dopo per un ko più o meno inaspettato. E’ un ambiente particolare quello romano e romanista, passionale sino agli estremi e mai veramente equilibrato: ma in fondo per un tifoso giallorosso anche questo vuole dire tifare la propria squadra del cuore.
Vive da oltre 40 anni in questa situazione Massimo Ruggeri, tifoso sfegatato romanista che ha fatto della sua passione un lavoro. Giornalista particolarmente famoso negli ambienti romani e non solo, ideatore tra le altre cose della storica trasmissione “La Signora in Giallorosso”, in onda il lunedì ed il giovedì su TeleRoma 56 e punto di riferimento per tutti gli appassionati della “Maggica”. Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo Massimo Ruggeri, che ci parla della “sua” Roma quasi come se fosse un figlio, con la passione che lo contraddistingue da quando ha iniziato questo mestiere. Tra pregi e difetti di questa squadra scossa dalle fondamenta rispetto all’ultima stagione (leggi addio di Totti), con giocatori e tecnico nuovi. Quella che resta immutata però è la voglia di vincere, di regalare emozioni ai tifosi della Sud.
Ciao Massimo, partiamo dalla principale novità quest’anno in casa Roma che è stata l’arrivo di Di Francesco. Tra molti dubbi ed incertezze l’ex centrocampista ha preso la guida dei giallorossi, dopo 3/4 mesi questi dubbi sono stati spazzati via?
I dubbi permangono perché 2 partite importanti non sono state vinte: con l’Atletico si è pareggiato e con l’Inter si è perso. Nonostante ciò la Roma ha fatto il suo dovere battendo le piccole, però per assurdo sembra che Di Francesco abbia indovinato le formazioni schierate con le riserve piuttosto che quelle con i titolari. Non ha ancora pienamente convinto sui cambi in partita in corso per cui le perplessità restano. C’è da analizzare la partita con l’Inter: i migliori 70 minuti per assurdo si sono visti contro una grande, ma alla fine è arrivato il 3-1 neroazzurro. Di Di Francesco preoccupa la tenuta negli ultimi 20’ di gioco, già l’anno scorso col Sassuolo aveva subito delle clamorose rimonte nei finali di partita. La condizione atletica quindi con lui rimane un punto interrogativo.
Note più positive di questo avvio son Dzeko e Kolarov. La campagna acquisti della Roma è stata soddisfacente? Come si spiegano questi primi malumori dell’attaccante?
Sulla campagna acquisti pesa un annoso problema che si protrae da quando c’è la nuova dirigenza; cioè quello di vendere entro il 30 giugno per poi acquistare successivamente e cercare di diluire il pagamento nel corso degli anni. Visto da questa ottica è stata una campagna da 10, ma vista solamente da questo punto di vista. Dzeko era preoccupato dall’assenza di Salah e dai suoi assist, perciò l’esternazione l’ ha fatta: paradossalmente Di Francesco gli ha dato quasi ragione ed ha messo Under che sa giocare nel ruolo dell’egiziano, ed ha spostato in avanti Florenzi che è uno che sa fare i cross. Kolarov spinge moltissimo quindi è un’arma in più anche per Dzeko, in attesa poi che rientri Shick. Di solito Dzeko è uno che smista e parte dal limite per prendere il pallone, ora gioca molto più vicino alla porta.
Quanto è stato importante il recupero di Florenzi?
Florenzi è fondamentale: è romanista e romano. E’ l’erede di De Rossi, che a sua volta è stato l’erede di Totti, poi è molto amato all’interno dello spogliatoio e dalla tifoseria. E’ un ragazzo semplice, non un montato, per di più è il sogno di molti allenatori quello di averlo in squadra. Non credo sia bravo a fare il portiere, per il resto sa coprire praticamente quasi tutti i ruoli di movimento. E’ un acquisto sicuramente per la Roma.
Come si sta vivendo all’interno dell’ambiente Roma il post Totti?
In realtà è un mini post Totti perché non c’è stato un vero e proprio passaggio. Totti sta praticamente sempre a Trigoria e rimane ad essere il punto di riferimento dei compagni, si è avvicinato alla dirigenza dalla quale prima da giocatore era più distaccato. Il suo ruolo lo sta assorbendo bene ma avrà anche altre ambizioni. Fino ad ora aveva sempre negato di voler fare l’allenatore mentre adesso un pensierino ce lo sta facendo.
Giudizio sul Var?
Sul var ci sono molte cose da correggere: ha dimostrato la sudditanza degli arbitri nei confronti di certe squadre ma mentre prima era una sudditanza inconsapevole ora è consapevole. Come se il direttore di gara pensasse “io sbaglio ma non ho problemi”. Questo secondo me a livello psicologico può essere molto dannoso e ho l’impressione che i prossimi arbitri possano essere più dei robot al servizio del var che degli arbitri in campo.
Un giudizio su Ventura e la Nazionale azzurra?
Sono condizionato: Ventura è un ct che ha raggiunto il suo incarico senza ottenere risultati e se si dice la vittoria aiuta a vincere, per lui vale anche se c’è la sconfitta perché non ha mai vinto nulla. Lo considero un sopravvalutato e non mi piace nemmeno nelle dichiarazioni che fa, perché lui in nazionale parla anche di altri giocatori che militano nei club e che lui non convoca. Il ct deve pensare solo ai suoi 23 convocati, non deve entrare nelle vicende delle squadre e del campionato. Io ormai avendo parecchi anni e avendo visto delle Nazionali fortissime è chiaro che questa non mi soddisfa.