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E quindi ora Sarri è buono?

Maurizio Sarri

Sarri

Ecco, io ora dovrei riprendere quella polemica con mio zio relativamente alla bontà del lavoro di Sarri, ma davvero mi secca, voglio dire, mica mi posso mettere veramente a spiegare le trame sferiche del pallone a chi vuole semplicemente ottundersi con le sensazioni domenicali: se non vuoi raggiungere la freschezza e la chiarezza della rarefazione altomontana della scienza, allora a che pro io dovrei illuminarti? Non perderemmo tempo entrambi? Mica puoi dire davvero ad una donna che la monogamia seriale non è una cosa bella?

Preambolo.  Nel mio precedente intervento, avevo sottolineato come gran parte dei problemi del rombo sarriano potessero essere risolti col passaggio ad un 4-3-3 coi terzini schierati canonicamente (cioè mancini a sinistra e destrorsi a destra), per non perdere la profondità sulle fasce. Sarri stesso, tuttavia, ha affermato che non è da attribuire il miglioramento della squadra solo al modulo, ma è chiaro che in qualche modo questi accorgimenti hanno funzionato, donando equilibrio alla squadra e contemporaneamente più libertà e sicurezza agli interpreti principali.

La compattezza difensiva. Il 4-3-3 sarriano non è ancora perfetto nella fase di elastico fra difesa e centrocampo per tutta la partita, ma in alcuni tratti la compattezza delle due linee è apprezzabile. Il centrocampo a cinque, in fase passiva, nobilita il lavoro di Jorginho in fase di interdizione: il brasiliano non ha fisico, ma ha ottime letture di linee di passaggio e tempi di gioco, e non di rado lo si vede rubare palla sfruttando puramente la posizione e l’anticipo. La linea a cinque permette poi di chiudere meglio lo spazio centrale, dove negli anni di Benítez il Napoli ha storicamente sofferto, subendo gol inenarrabili, per esempio quello di Cassano (https://www.youtube.com/watch?v=FGfOqLRg7Nc). Inoltre l’arretramento di Hamšík in fase passiva permette a Insigne e Callejón di partire come frecce a pressare altissimi, con vari compiti: o a schermare la linea di passaggio fra centrale e terzino, oppure a contrare i terzini. Il lavoro di Callejón è in particolare stato molto evidente domenica sera, e non di rado lo si vedeva uscire come una scheggia dalla linea per aggredire gli avversari, un atteggiamento forse costatogli la lucidità necessaria sotto porta – anche se c’è da dire che è dalla seconda parte della scorsa stagione che il sette latita da questo punto di vista.

I movimenti offensivi e l’importanza del pressing. La cosa più impressionante del Napoli di Sarri è l’aggressività e la velocità di esecuzione nel pressing, e la continuità nell’applicazione di quest’idea: non a caso uso in effetti due categorie per esprimere il concetto di ciò che la squadra mostra, dal momento che non basta l’aggressività per fare un buon pressing, ma è necessaria appunto velocità in uscita sul portatore, e contestualmente l’armonizzazione di un meccanismo che deve portare la squadra non solo a pressare il pallone, ma a coprire le linee di passaggio in caso di fallimento della pressione. In questo Sarri si sta dimostrando davvero un maestro, basta osservare la situazione di pressing del primo gol di Allan:

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Il Milan sta gestendo il pallone in uscita dalla difesa, e il rombo qui scopre tutti i suoi difetti: i terzini sono altissimi (devono compensare l’assenza delle ali per poter sviluppare il gioco sulle fasce), e l’errore del difensore centrale nella gestione del pallone porta a un passaggio azzardato, complicato dal pressing altissimo di Insigne e da Higuaín che era corso verso il portiere. Notevole che i tre centrocampisti del Napoli siano pronti a coprire gli eventuali sviluppi dell’azione (Allan e Jorginho pronti a intervenire in pressing su Montolivo e Kučka, Hamšík con Ghoulam abbastanza alto pronto a far partire le azioni da sinistra): la palla finirà poi a Hamšík, che ne approfitterà per lanciare Insigne, il quale a sua volta poi aprirà in maniera avveniristica per Allan, che ha segnato sull’ennesimo inserimento delle ultime partite (a proposito, Sarri pare si stupisca di come non abbia segnato così tanto fino ad ora per queste sue qualità; o meglio, si stupisca che nessun allenatore lo abbia sfruttato per questo, e verrebbe da chiedersi se tale qualità si sia rivelata fortunosa nel suo acquisto o se fosse tutto programmato, come, fatte le debite proporzioni, nel caso di Cavani). Non sono d’accordo con l’analisi di Fusi su LUltimo uomo, il quale assegnava l’errore di copertura a Ely, giacché credo che francamente il problema sia qui causato principalmente dall’assenza di Antonelli, che da una ripresa da centrocampo si vede mestamente trotterellare in lontananza dalla zona nevralgica del gioco: Zapata non può passare a Ely, è di spalle, sente dietro di sé la presenza del nove del Napoli e si ritrova davanti Insigne con la stessa carica di Vieri nei locali di Miami, rinvio inevitabile alla viva il parroco, e il resto è stato descritto (anche De Sciglio era già alto).

Le situazioni di pressing che il Napoli applica durante la partita sono praticamente senza sosta, raramente si ha l’impressione che la squadra rallenti veramente, almeno quando non ha la palla. Anche a punteggio acquisito, si vedono spesso gli attaccanti esterni fare lo stesso lavoro che eseguono sullo 0-0.

L’importanza di Jorginho. Una delle maggiori qualità che Sarri ha dimostrato in questo scorcio di gestione attiene alla sua flessibilità e alla sua capacità di mettersi in discussione: Valdifiori non funziona come a Empoli, e allora dentro con Jorginho. C’era forse da aspettarsi che un giocatore come Valdifiori trovasse difficoltà, e vorrei sottoporre subito due schermate evidenti a riprova di quanto dirò:

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Valdifiori a Empoli cercava spesso la giocata in verticale; direi, più che spesso, ossessivamente (la schermata è relativa a Empoli-Napoli della stagione scorsa). Ma il Napoli ha esigenze diverse dall’Empoli: quest’ultimo ha costruito le sue fortune con i movimenti a venire incontro delle punte che spesso si allargavano per lasciare spazio agli inserimenti del trequartista, e in generale l’atteggiamento verticale poteva essere mantenuto con maggiore insistenza anche in relazione agli avversari e alla natura di “squadra di provincia”. Per converso, il Napoli è una squadra di primo pelo, e abbisogna molto di più di una gestione diversa del pallone, che per esempio con squadre chiuse non disdegni talvolta uno smistamento più orizzontale e razionale, quando gli spazi sono chiusi. Valdifiori nelle prime uscite ha invece giocato sostanzialmente come a Empoli (http://www.fourfourtwo.com/statszone/21-2015/matches/828398/player-stats/51303/OVERALL_02#:W5Fi0-9JCoA+WA, qui in Empoli-Napoli di quest’anno), e la gestione dei tempi di gioco ne ha risentito. Si tenga inoltre presente che il lavoro delle punte è affatto diverso: Higuaín se ne sta da solo a fare il bullo di periferia davanti, viene incontro, certo, ma il suo lavoro è più anarchico, e naturalmente rispetto a Maccarone, dopo aver svolto lavoro di sponda, si fionda in avanti per finalizzare. Ci mancherebbe, se sta così…

Possibili sviluppi. Non è tutto oro però quello che luccica, ed è probabile che questo Milan sia davvero ben inferiore a quanto il blasone del suo nome faccia pensare. Tutto sommato la sua pressione è durata venti minuti, nemmeno troppo convinta: Mihajlović voleva mettere in difficoltà il Napoli in uscita col pallone dalla difesa, sfruttando le insicurezze palesate soprattutto da Koulibaly nel fondamentale (diciamo che invece Albiol pecca più di un eccesso di sicurezza palla al piede), pressando i due centrali con le due punte e il regista basso col trequartista, un topos per chi gioca col rombo e le due punte, ma il piano è fallito più che per meriti del Napoli, che comunque si è sufficientemente disimpegnato, per demeriti di una squadra che al secondo gol si è sciolta completamente: manifesta inferiorità contro la corsa di Insigne e la veggenza argentina, due contro cinque o sei che si fanno scompaginare da una combinazione veloce ben eseguita. Il già non troppo congruo tentativo di pressione è così evaporato, lasciando il gioco completamente nelle mani dei partenopei. Le mie riserve sul Napoli riguardano però ancora il comparto centrale difensivo, che deve dimostrare di aver superato i problemi dell’anno scorso sul lungo periodo – sei partite non sono tantissime –, cioè sull’arco della stagione, e in particolare c’è da verificare se i ritmi altissimi che servono a rendere efficace il pressing del Napoli possano essere sostenuti dalla squadra per tutta la stagione, o per buona parte di essa. Se venisse meno la velocità di esecuzione del pressing, verrebbe a mancare anche l’efficacia della pressione, la quale finirebbe per diventare un’arma a doppio taglio. Fa ben sperare tuttavia l’atteggiamento mentale di un allenatore e del suo cannoniere che si abbracciano sorridendo dopo una partita del genere, quasi come se il nuovo amore avesse sostituito quello vecchio. Monogamia seriale, redimici tutti e salvaci dall’oblio! Siete bellissimi!

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