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L’EUROPEO UNDER 21 E LA CONFEDERATION CUP HANNO SANCITO ULTERIORMENTE LA VIRTUOSITA’ DI UN MOVIMENTO IN PERENNE EVOLUZIONE.

Partiamo da quella che è stata la catastrofe calcistica più grande della storia del fussball. Europei del 2000, di scena in Belgio e Olanda, dove la Germania di Erich Ribbeck si apprestava a difendere il titolo vinto quattro anni prima in Inghilterra.

Il calcio tedesco, allora come sempre, si reggeva principalmente sulle fortune di un club, il Bayern Monaco, i cui successi mascheravano la mediocrità assoluta in cui era sprofondata la Bundesliga negli anni Novanta. Il tracollo tecnico di una delle più importanti leghe europee si è ripercosso in maniera esponenziale anche sulla Nationalmannschaft, che dalla riunificazione, Euro ’96 a parte, ha collezionato in quel decennio soltanto figuracce.

Squadra vecchia, logora, con pochissime concessioni alla fantasia; e pensare che gli anni Novanta erano cominciati con la consacrazione del gruppo che Franz Beckenbauer portò alla conquista del terzo titolo mondiale per il calcio teutonico. Un gruppo che però si è trascinato stancamente per un decennio, con poche variazioni sul tema, nonostante la riunificazione avesse paventato un salto di qualità supplementare, dovuto all’inserimento degli Ossie.

La tripletta di Sergio Conceiçao ha sbattuto in faccia alla Germania la dura realtà, incarnata dalla sagoma ormai decadente di un Lothar Matthaeus meritevole di ben altro tipo di congedo. Una volta archiviato il fallimentare europeo, in Germania hanno pensato bene di risalire la china, soprattutto per potersi presentare in grande spolvero in vista dei Mondiali del 2006.

E così è stato, grazie a tre punti cardinali su cui si è poggiato il processo di rinascita del calcio tedesco: contabilità in ordine, autarchìa e accademie.

Riguardo ai primi due punti è importante soffermarsi sulla grande capacità dei club teutonici di non fare il passo più lungo della gamba, a partire proprio dal Bayern, da sempre oculato negli investimenti senza intaccarne il livello – enorme – di competitività. Con un rapporto costi/fatturato che non supera il 40%, la Bundesliga è in assoluto il campionato più virtuoso a livello mondiale. Certo, alcune manovre cozzano contro chi ha ancora una visione romantica del Gioco, come ad esempio il vendere i naming rights degli stadi, ricavandone dagli sponsor importanti plusvalenze.

Proprio l’aver investito sulle infrastrutture ha permesso ai club tedeschi di ottenere importanti ricavi, fondamenta basilari nella new economy del calcio. Il Mondiale come punto di partenza e non come occasione per i soliti palazzinari all’italiana di ingrossarsi le tasche per poi lasciarsi alle spalle solo macerie. I danni del nostro Mondiale, che di magico aveva giusto le notti e l’atmosfera, li stiamo pagando ancora oggi, a quasi trent’anni di distanza.

Un altro fattore importante, alla luce delle continue novità esotiche in materia di investitori, riguarda la capacità dei tedeschi di autofinanziarsi facendo leva sulla grandeur economica del proprio comparto industriale. In Germania, i vari Li e Zhang avrebbero decisamente faticato di più nell’ottenere la proprietà di un club, soprattutto il primo, le cui modalità di acquisizione del Milan oggettivamente sarebbero state improponibili a Berlino e dintorni.

Ma il settore dove la DFB, la Lega e i club meritano i maggiori encomi, riguarda le Accademie. Il fallimento a Euro 2000 ha spinto i potentati del calcio tedesco a rimboccarsi le maniche, favorendo il processo di ottenimento della cittadinanza per gli immigrati di seconda generazione, nonchè una maggior valorizzazione del calcio della ormai defunta DDR. I Leistungszentren – riservati ai ragazzi più meritevoli tra i 15 e 18 anni – sono centri di eccellenza gestiti dai club di Bundes e leghe minori, in totale sinergìa con le Elite – Schulen dove anche il percorso scolastico e formativo recita un ruolo fondamentale. Se poi ci mettiamo che dal 2001 tutti i club di Bundes e 2. Liga hanno l’obbligo di avere un’ Accademia giovanile, logico che per inerzia il calcio tedesco subisca un processo di straordinaria evoluzione.

Il Mondiale del 2014 è stato un punto d’arrivo, la consacrazione della bontà di un progetto. I recenti successi agli Europei Under 21 e Confederation Cup con due selezioni rimaneggiate – la prima – o sperimentali – la seconda – danno modo di vedere quanto sia profondo il serbatoio in cui Loew, Kuntz e compagnia possono attingere. In Russia metteranno in palio la loro corona. Scommettiamo che sarà un’impresa dura per chi ne insidia lo scranno?

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