Cosa manca a questa Juve?

La sconfitta di Cardiff ha riportato sulla terra una Juve evidentemente ancora incompleta

Morihei Ueshiba, fondatore dell’Aikido – nobile arte marziale giapponese, per i profani – affermava che la chiave del successo è il fallimento. Ora, definire fallimentare un percorso in cui la Juve è inciampata a un centimentro dal traguardo è sicuramente irriguardoso. Ma i temi che l’epilogo europeo di Cardiff ha suggerito sono molteplici, e alcuni meritano di essere analizzati in maniera approfondita, forse per rendere meno amara e più metabolizzabile la sconfitta col Real, forse per spingere certi soloni a vedere i novanta minuti di sabato sera senza l’oppiaceo del tifo contro, e così via.

Iniziamo a dire che la partita secca presenta crismi a livello di scansione decisamente diversi rispetto a un turno ad eliminazione diretta. Nei 180 minuti, la Juve in Europa vanta pochi eguali, perchè Allegri è bravo ad incartare e incanalare le partite a suo piacimento, lavorando su un lungo e metodico logoramento dell’avversario. La sfida col Barcellona ne è un esempio, e la Juve ha mostrato in quel frangente il suo lato migliore. Lo Stadium ricopre in tal senso un ruolo tutt’altro che secondario, e si sa che in ogni rappresentazione, sacra o pagana che sia, il pathos del tempio rende il rituale molto più pervasivo.

La partita secca invece suggerisce l’assioma che espose Johan Cruijff a suo tempo, ovvero che le coincidenze sono figlie della logica. Gli episodi che hanno spostato l’inerzia della finale sono stati il frutto di un continuo lavorìo da parte delle merengues, che nel primo tempo hanno giocato a ritmi blandi mantenendo il controllo, ma nella ripresa hanno fatto tracimare il loro talento in maniera brutale. E la Juve, inebetita, non ha fatto in tempo ad arginare l’ondata.

Occorre un diverso approccio nei 90 minuti secchi, perchè l’asticella in Europa si alza di parecchio, e il Real – come il Barcellona e il Bayern – sono i minimi comuni denominatori per poter saggiare davvero le proprie qualità.

Un altro tema che ha contraddistinto la prestazione così diseguale della Juve l’altro ieri è stata la totale discrepanza fra primo e secondo tempo. Se nei primi 45 minuti i bianconeri hanno giocato con ritmo maggiore, pur perdendo tanti palloni – ahi ahi ahi Dybala – incredibilmente nella ripresa sono scesi in campo praticamente sedati dal pareggio illusorio di Mandzukic. Perchè li ha illusi di poter giocare col medesimo approccio, quando nelle menti dei giocatori il sentirsi così vicini alla meta ha funto da detonatore di endorfine invece che di andrenalina da sprigionare in dosi da cavallo.

Ecco forse il vero differenziale, il Real queste partite le ha nel DNA, la Juve non del tutto, e questo spiega il gran numero di finali perse, alcune in maniera clamorosa – Amburgo, Dortmund – quando i bianconeri partivano come logici favoriti. La forza mentale permette di inibire le paure, e la Juve pensava che con questo Real ci fosse meno divario rispetto al Barcellona di due anni fa. In verità, i tre gol di scarto non rendono giustizia e non sono il bilancino veritiero per quanto riguarda i valori delle due squadre, ma lo sviluppo della partita – secca, appunto – non poteva che produrre una goleada. La paura di farcela, un ossimoro che a conti fatti ha attanagliato le gambe dei ragazzi di Allegri – e Allegri stesso – nel momento più importante, quando il Real Madrid invece ha messo sul campo tutto il suo pedigree e si è portato a casa il dodicesimo (!!!!) titolo europeo per club.

Breve postilla – chi scrive ha letto strali sul giuoco del calcio in merito agli episodi di Torino, come se la colpa fosse da additare allo sport e a chi lo vive con amore viscerale. Trattasi in realtà di imbecille(i) che si è (sono) nutrito(i) di timori ormai ben sedimentati nei nostri animi con una bravata che poteva costare carissima. Ma incolpare il calcio – che ha ben altri fii da espiare –  è sbagliato e fuorviante, perchè al contrario, una grande passione, se vissuta in maniera sana, è il giusto coadiuvante per continuare a sorridere.

Hala Madrid. Chapeau – comunque – Juve.