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Coppa Libertadores:Orgullo Tucumano

L’ATLETICO TUCUMAN SCRIVE LA PRIMA PAGINA SIGNIFICATIVA DEL ROMANZO DELLA LIBERTADORES 2017. UNA PAGINA DESTINATA A PASSARE AGLI ANNALI COME UNA SORTA DI RIBELLIONE CONTRO LE CONVENZIONI DEL CALCIO MODERNO

San Miguel de Tucumàn da sempre ha incarnato una parola che in Argentina suona con una musicalità particolare, differente: “revolucciòn”. Il 9 Luglio del 1816, in quella che era chiamata Casa de Tucumàn (e poi ribattezzata Casa de la independencia), venne finalmente tagliato il cordone ombelicale che legava le “Provincias Unidas del Rio de La Plata” con la Spagna colonizzatrice. L’Argentina, come la conosciamo adesso, pronunciò i primi vagiti in questa terra, che noi italiani ricordiamo per essere stata l’ultimo scenario, il punto d’arrivo del deamicisiano “Dagli Appennini alle Ande”.

L’Atletico Tucuman, club non certo annoverato fra le big del Paese del “Diez”, quest’anno è chiamato a rappresentare l’Argentina contro i grandi potentati del Sudamerica, in quella meravigliosa “mescla futbolistica” che prende il nome di Copa Libertadores.

L’avversario del turno preliminare è una compagine equadoriana, l’El Nacional di Quito. All’andata, al “Josè Fierro” di San Miguel, finì 2-2, risultato sfavorevole per la piccola ma agguerrita formazione di Juan Manuel Azconzàbal. A Quito serve l’impresa, e in altura, sui 2850 metri che ne fanno la più alta capitale mondiale dopo La Paz, giocare per chi non è abituato a certe condizioni è pari al correre con un aratro legato dietro la schiena.

In più l’El Nacional è un club di prestigio, abituato a vivere tensioni agonistiche di un certo spessore; vanta oltretutto una peculiarità, essendo un club dell’esercito, ovvero che nel suo organico vanta esclusivamente forze indigene. Una sorta di Athletic Bilbao in salsa andina. Il pronostico pende quindi tutto a favore dell’ “Equipo Militar”.

Il calcio sudamericano va analizzato spesso facendo leva sullo scarso raziocinio, così europeo, per abbracciare la totale improvvisazione. E difatti, giusto per non correre rischi, in Ecuador cosa ti combinano? Arrivati a Guayaquil, l’Atletico viene forzatamente trattenuto in aereoporto per motivi, diciamo così, burocratici ancora da scoprire. Ne prendono un altro, più piccolo, lasciando a terra tifosi, parte della dirigenza e…. le divise!!!

Se ne accorgono quando sbarcano a Quito, già in ritardo di un quarto d’ora. Mentre l’ambasciatore argentino fa capire di non attaccarsi a certi cavilli (secondo il regolamento il ritardo massimo tollerabile sarebbe stato di 45 minuti), l’El Nacional cavallerescamente si prepara ad affrontare l’avversario a qualunque orario si presenti allo stadio, senza far alcun ricorso. Forse perchè troppo sicuri di vincere…

Ma senza divise, come ci si può presentare in campo? Guardacaso, proprio a Quito si sta disputando il Sudamericano Under 20, e i “pibes” decidono di prestare la loro divisa, scarpini compresi, ai tucumàni. Che diventa la propaggine dell’Argentina al quadrato, con le magliette “blanquiceleste” e stampati i nomi dei giocatori della juniores. Un calcio negli stinchi per i burocrati del gioco, sconfitti dalla passione che non può sempre soccombere dinanzi alla burocrazia e al potere delle carte bollate.

La partita si gioca con un’ora e mezzo di ritardo e finisce incredibilmente 1-0 per l’Atletico, col gol del “Bati” (in onore di Batistuta) Zampedri, il numero 9 di Azconzabal. E’ un’impresa titanica, soprattutto per le circostanze avverse che hanno preceduto il match. Circostanze diciamo non del tutto fortuite, in un continente dove davvero il fùtbol va di pari passo col respiro di ogni suo abitante.

Benvenuti, questa è la Copa Libertadores…

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