Le Olimpiadi sono già cosi una favola per ogni atleta che vi prende parte. Ma quella che ha raccontato Anna Kiesenhofer a Tokio è veramente una storia a lieto fine. La ciclista austriaca vive infatti al limite tra professionismo e dilettantismo, essendo nella quotidianità una stimata ricercatrice nel campo della geometria. In carriera si ricorda di lei un titolo nazionale su strada nel 2019 e una stagione “totalmente” dedita al ciclismo nel 2017, quando ha corso per la Lotto Soudal Ladies.
Lo spirito Olimpico si sa è quello de “l’importante è partecipare”, per cui l’essere al via pur sapendo che ci sono altri più forti è già di per se una grande vittoria. E a dirla tutta se proprio qualcuna doveva vincere è stato giusto che a vincere fosse proprio lei: Anna Kiesenhofer.
Anna Kiesenhofer ipnotizza le Olimpiadi e si veste d’oro
La gara come al solito si traveste da “tutti contro l’Olanda” e le ragazze scattate in fuga dal chilometro 1 trovano margine e convinzione. Sono in cinque e tra queste Anna Kiesenhofer si è nascosta, mimetizzata tanto da scomparire dai radar del gruppo che insegue.
Nessuno vuol lavorare e aiutare la nazionale orange tanto che qualcuna prova in solitaria ad emergere dal plotone attardato. Ecco allora che le olandesi prendono con decisione il comando della corsa e risucchiano una ad una le carneadi che si trovavano tra la testa della corsa e il gruppo lanciato a folle velocità. Mosana Debesay (Eritrea), Selam Amha (Etiopia), Soto Campos (Cile) e Espinola (Paraguay) hanno avuto i loro attimi di gloria ma vengono ingoiate dalla pancia delle inseguitrici e staccate senza nessun preavviso.
Anna Kiesenhofer è li davanti, trasportata da altre compagne che cedono una dopo l’altra alla fatica di una corsa che è servita a renderle visibili per mezzo pomeriggio. Anna no, lei è li e sente le gambe girare e allora abbassa la testa e attacca. A occhi chiusi per qualche centinaio di metri, al traguardo mancano i chilometri che di solito percorre per andare in università al lavoro. Questa volta decide di farli a tutta senza perdersi a guardare il paesaggio. Anna è sola adesso.
L’Olanda alterna tutte le sue locomotive e a cinque chilometri dal traguardo ingloba Omer Shapira (Israele) e Anna Plichta (Polonia), ultime baluarde della fuga del chilometro 1. Questo è quello che pensano dietro, ma davanti c’è ancora lei, Anna Kiesnhofer da Niederkreuzstetten, nata il giorno di San Valentino del 1991, professione ricercatrice.
Un’ombra s’invola verso la medaglia d’oro olimpica, il gruppo la dimentica tanto che Annemiek Van Vleuten (Olanda) attacca, ma nessuno la segue. L’oro ormai è una sbiadita speranza. La Longo Borghini vuole il podio e mentre dietro si litiga per chi deve continuare a fare la gara va a prendersi il suo secondo bronzo olimpico dopo Rio 2016.
Davanti va in scena la corsa di ciclismo più incredibile della stagione: Anna vincerà la medaglia d’oro eppure fino al traguardo non ha creduto che questo fosse possibile e crediamo abbia riempito di pizzicotti le sue esili braccia, nel tentativo di svegliarsi da quella che era a tutti gli effetti un’incredibile realtà. Annemiek dal canto suo ha spremuto le compagne, sa di avere fatto l’attacco giusto e pensa che finalmente va a mettersi al collo il titolo che manca al suo dominio. Non sa però che davanti il sogno di Anna Kiesenhofer la proietterà in quello che per lei sarà soltanto un incubo.
Le braccia al cielo della Van Vleuten che crede di aver vinto sono l’incredibile epilogo di quella che a tutti gli effetti è stata la corsa più pazza della stagione. Ma si sa che all’Olimpiade l’importante non è vincere ma partecipare.