Champions League: Spagna e Germania sugli scudi

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LA LIGA E LA BUNDES SONO DA ANNI UN OTTIMO SERBATOIO DI SPLENDIDE REALTA’ A LIVELLO EUROPEO. CHE SIANO QUESTE DUE NAZIONI A CATALIZZARE I PRONOSTICI PER CARDIFF?

 

“Le imprese si raccontano, non si spiegano”. Con questo assioma si può chiosare in maniera lapidaria in merito alla partita del Camp Nou, una gara che sfugge alla logica più apparente, anche se nelle sue casualità un filo razionale c’è per forza, parafrasando un celebre detto di Johan Cruijff.

Il Barcellona sbertucciato a Parigi, da candidato serio a flop dell’anno, rischia ora di balzare prepotentemente in pole position nel borsino dei pronostici. E non stiamo a parlare di arbitri, di contatti più o meno marcati e altre amenità da moviolisti seriali.

Recuperare uno 0-4 in quella maniera, con un golletto velenoso sul groppone come aggiunta, è roba da prededestinati del gioco. E, se fosse ancora in vita il sociologo Emile Durkheim, un capitolo particolare sul suicidio “calcistico” lo dedicherebbe volentieri al PSG.

L’episodio cruciale di questa stagione è però antecedente alla partita, e riguarda l’ufficializzazione dell’addio di Luis Enrique alla guida del Barça; da quando ha fatto outing, i catalani sono sembrati molto più leggeri mentalmente. Con questo non vogliamo dire che prima giocassero “contro” il loro tecnico, ma quel senso di chiusura del cerchio in grande stile sta portando Messi e compagni a rendere con un fardello mentale decisamente più leggero.

Madrid ride a sua volta, con quel doppio 3-1 che Zidane vede (giustamente) come il frutto di un certo tipo di lavoro. La fortuna? Non scherziamo, signori! La squadra non è al top da un punto di vista fisico, ma ha sempre il colpo in canna e da 47 partite consecuitve non torna mai a casa a mani vuote dalle sue battute di caccia. Il ruolo di detentore non gli è mai stato stretto, ma questo Real non sempre troverà una squadra come il Napoli, ottima ma ancora da perfezionare nel suo percorso nel football d’élite.

Nella settimana che ha mandato in archivio la prima tranche degli ottavi di finale, ne esce bene il calcio tedesco, grazie al 5-1 in fotocopia del Bayern contro l’Arsenal e al 4-0 del Borussia Dortmund dinanzi al Benfica.

I “Gunners” hanno firmato il loro epitaffio dedicato ad Arsène Wenger con un secondo tempo increscioso, e i bavaresi quando sentono l’odore del sangue non riescono a placare la loro fame. La Champions manca da 4 anni, troppi per un club predestinato al successo e che non ha lesinato investimenti e programmazione per costruire una sorta di dinastia. Ancelotti ha già in mano il campionato, e per lui è quasi insolito, in quanto tecnico che nelle coppe ha costruito maggiormente la sua leggenda di allenatore. Il “verbo” introdotto da Van Gaal e Heynckes, e istituzionalizzato da Guardiola, vede in Carletto da Reggiolo il suo relatore massimo, con l’aggiunta di quel concetto di ripartenza (perchè dire contropiede fa meno chic…) ereditato da Arrigo Sacchi. Per chi scrive, il Bayern è la massima pretendente al trono di Cardiff.

La prossima settimana la Juve ha l’occasione di mettere il timbro di ceralacca sulla qualificazione contro un Porto troppo inferiore, idem l’Atletico di Simeone dinanzi a un Leverkusen imbarazzante in difesa e ormai con la testa alla prossima stagione.

Montecarlo e Leicester saranno invece teatro di due incontri fra outsider che ambiscono al ruolo di variabile impazzita. Il City sembra in fase di ripresa, dopo un inverno piuttosto deludente, ma il Monaco di Mbappé e Falcao ha dimostrato all'”Etihad” di avere i numeri davanti per far malissimo ad una retroguardia tutt’altro che impermeabile.

Occhio alle “Foxes” invece, non soltanto per le due vittorie scacciacrisi targate Shakespeare, ma perchè il Siviglia al momento di tirare fuori la sciabola tende a nicchiare, tronfia della propria qualità maggiore. E al “King Power” non crediamo che sarà una questione fra fiorettisti.