Champions League, scopriamo le finaliste

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La sorpresa si è consumata. Avevamo già avuto occasione di dirlo: non poteva toccare di peggio al Barcellona ai quarti, non esiste squadra capace di mettere in difficoltà una strafavorita più dell’Atletico Madrid di Simeone. Si fa francamente fatica a ricordare una squadra così forte fuori dalle prime quattro: è il prodotto di una corazzata nel suo momento peggiore, in cui ha permesso alle avversarie di rientrare in corsa per una Liga che sembrava chiusa, messa di fronte ad una squadra che sembra nata col destino di matagigantes, enorme contro le grandi ma che per poco non usciva contro il PSV. Attenzione, perché in semifinale di piccole non ce ne sono più e l’Atleti si candida prepotentemente; non crediamo che l’impegno per vincere anche la Liga possa distrarre o indebolire le speranze dei colchoneros, anzi al massimo saranno esaltati dal doppio impegno come due anni fa.

La condizione? La vena di Griezmann, l’unico uomo offensivo in grado di spostare gli equilibri, se ne parla ancora poco del Piccolo Diavolo che sta trascinando l’Atletico ad un’altra stagione impronosticabile.

La favorita designata è il Bayern Monaco, le cui credenziali negli ultimi tempi stanno perdendo di autorevolezza. Non è più il Bayern che spezzava le reni agli avversari, dando tot gol di scarto ogni qual volta fosse in vena; vincono sì, per manifesta superiorità tecnica, ma soffrono praticamente sempre e contro qualsiasi avversario. Voglio dire: basta vincere, anche 1-0 al 90′, ma in questo momento non sono più imbattibili e le altre tre che sognano la Coppa possono giocare un brutto scherzo ai guardiolisti.

La condizione? Il recupero di Boateng, fondamentale per i meccanismi difensivi quanto per quelli di costruzione.

Salgono invece le quotazioni del Real Madrid di Zidane: fino a qualche settimana fa, sembrava due spanne dietro catalani e bavaresi, nel gruppetto di inseguimento con PSG e Atletico ma la rimonta contro il Wolfsburg e la vittoria nel clasico hanno dato lustro alla candidatura delle merengues. Finora Zidane non ha fatto miracoli, sia chiaro, ma alzi la mano chi se lo sarebbe aspettato così pronto alla panchina più difficile d’Europa. Continuiamo a credere che, al di là dei grandi nomi in campo, il Real abbia degli scompensi enormi, sia squadra squilibrata e con complementarità nei ruoli vicina allo zero: il lavoro di Zizou è pertanto da applaudire. E di Ronaldo, pure, sempre pronto a trascinare la squadra nei momenti difficili. Per le avversarie, ci sarà da guardare e studiare il video dell’andata alla Volkswagen Arena  ma non potranno non fare i conti con i valori in campo.

La condizione? La presenza di Carvajal e Casemiro, imprescindibili equilibratori di gioco. Mai più Danilo in fascia e linee mediane con Modric e Kroos scoperti.

Un po’ più defilato il Manchester City, che ha dato senso alla peggior stagione della gestione emiratina, conquistando la sua prima semifinale di Champions League. Gli oltre 200 milioni spesi sul mercato gridano vendetta, ma la possibilità di raggiungere la finale di Milano prima dell’avvento di Guardiola (vi ricordate quando Pep si accordò col Bayern e i bavaresi vinsero la Champions nell’ultima partita di Heynckes?) può riscattare tutte le assurdità di mercato giustificate dalla “noia” del petroldollaro. Pellegrini ha la possibilità di salutare in grande stile e strappare una grande panchina per la prossima stagione, nonché di riscattare la mancata finale nel 2006 quando sfiorò l’ultimo atto sulla panchina del Villarreal, con il famigerato rigore sbagliato da Riquelme in semifinale.

La condizione? La verve di De Bruyne, acquisto azzeccatissimo nonostante il clamoroso esborso, e il recupero in difesa di capitan Kompany, che è tutt’altra pasta rispetto a Mangala o Demichelis. E, per inciso, senza Yaya Tourè, nonostante le indiscutibili qualità di uno dei migliori centrocampisti d’Europa, il City gioca molto meglio ed è decisamente equilibrato: Pellegrini dovrà essere fermo su questo punto.