ANCORA UNA VOLTA E’ LA SPAGNA A DETTARE LEGGE, CON BEN TRE SQUADRE SU OTTO A COMPORRE LA GRIGLIA DEI QUARTI DI FINALE. CROLLA L’INGHILTERRA E IL CALCIO VISIONARIO DEGLI SCEICCHI.
Solitamente gli ottavi di finale sono un banco di prova quasi proibitivo per i “frilli” che hanno superato la soglia di sbarramento dei gironi. Al massimo una o due di queste comprimarie riescono a passare il turno, smettendo in parte gli abiti comuni per prendere le misure nelle migliori sartorie.
Alla vigilia del sorteggio che accoppierà le magnifiche otto di questa edizione della Champions League, due sono le considerazioni da fare. In primis, la Liga è il campionato di maggior spessore a livello mondiale. E se non fosse stato per gli errori sciagurati dal dischetto del Siviglia nelle due sfide col Leicester, avremmo fatto conto pieno. In secondo luogo, nel calcio non si può ragionare secondo parametri di grandeur senza spirito di gregariato. Il PSG suicida al “Camp Nou” e il Manchester City non pervenuto per un tempo a Montecarlo sono il frutto di una politica che magari ha pagato in patria, soprattutto per demeriti degli avversari, ma che in Europa ha svelato i suoi difetti congeniti.
Rifacciamoci ad un economista come Michael Kremer, uno dei principali inventori di quelle che nell’economia moderna vengono definite “teorie dei difetti”. Nel calcio, il punto debole spesso influisce maggiormente rispetto ai picchi di eccellenza toccati dai suoi campioni. Il City di Guardiola ne è un esempio, con un centrocampo inadatto al suo calcio fatto di uno/due tocchi al massimo, e una difesa assolutamente inadeguata, indipendentemente se si è in fase di possesso o meno. I 74 milioni spesi per De Bruyne, campione assoluto, non valgono la candela se la squadra è squilibrata. Se poi il Pep ci mette del suo credendo di fare del povero Fernandinho un terzino fluidificante, allora vuol dire che il progetto è fallace fin dal principio.
Il City, come l’Arsenal (e il Tottenham fatto fuori in autunno), rappresentano quanto la Premier League sia un campionato troppo logorante nella sua costituzione, ma diremmo anche il calcio d’ Albione nella sua totalità necessita di uno snellimento. Poi, anche l’Arsenal sta pagando la crisi di rigetto di un Wenger in procinto di salutare la panchina dell'”Emirates”, e quindi abbiamo il “frillo” Leicester a vivere la sua epopea shakespeariana (dal cognome del suo tecnico), ma ben distante dall’essere una tragedia. La squadra che porta il timbro di Ranieri, nonostante l’esonero ingeneroso, rappresesnta il vaso di coccio fra otri di ghisa. Però pare che nessuno voglia incontrarla, Juve in testa…
La Bundesliga prosegue nel suo percorso di evoluzione, continuando ad essere un modello nel quale efficienza e investimenti vanno di pari passo. Il Bayern per chi scrive resta la favorita numero uno, ma occhio al Borussia targato Tuchel, una sorta di Klopp secondo estratto. Il calcio di possesso ma anche di applicazione chirurgica del contropiede sono i marchi di fabbrica delle due compagini teutoniche, che già nel 2013 si diedero appuntamento a Wembley per il gran ballo finale.
Tornando in Spagna, abbiamo il Real che gioca male ma il gol lo piazza sempre (48 partite di fila), in attesa di recuperare alcuni giocatori infortunati soprattutto in difesa. Zidane, ottimo gestore di spogliatoio ma ancora da inquadrare come tecnico, non potrà sempre contare su un Sergio Ramos in stato di grazia per cavarsela. Però in Champions le “merengues”, al di là del “miedo escenico”, trovano sempre modo di recitare da protagonisti. Il Barcellona, che necessita di un brusco restyling in estate, è reduce dall’impresa dell’anno e non è un caso che i “culè” abbiano iniziato a giocare con maggior serenità da quando Luis Enrique ha fatto outing, lasciando la panchina a fine stagione. Se la MSN gira, i punti deboli dei catalani vengono nascosti molto bene. Se gira però… Sull’Atletico, basta parlare di Simeone, che quando la Champions entra nel vivo permane in uno stato di grazia contagioso per tutto l’ambiente. I “colchoneros” da affrontare sono parecchio scorbutici, per usare un eufemismo. Occhio…
La Juve è a caccia del centesimo per fare l’Euro. Il contatore Geiger trilla impazzito da almeno un paio di anni, questo potrebbe essere il suo momento, soprattutto a campionato già in archivio, fattore da non sottovalutare per una squadra che ha bisogno di ottenere la consacrazione europea per rendere il suo ciclo ancora più corposo. La squadra c’è, l’ambiente è pronto, oggettivamente dopo il Bayern è il team più accreditato per la vittoria finale.
Infine chiudiamo con il Monaco, creato dalla premiata ditta Rybolovlev-Mendes, che ha consegnato al principato dei Grimaldi una compagine che può far saltare il banco. Alle qualità dei singoli, abbina una coesione fra i reparti che è stata alla base del colpaccio contro il City. L’oligarca russo, ben aiutato dalla Gestifute, ha saputo allestire una squadra fatta di classe e olio di gomito, proprio come vuole Jardim, un tecnico che sa usare indifferentemente sciabola e fioretto. E’ la variabile impazzita. Vedremo…