Si è conclusa la prima “due giorni” di ritorno degli ottavi di finale di Champions, portando con sé i primi verdetti e le prime iscritte agli hateful eight (per dirla alla Tarantino) d’Europa, due outsider e due tra le favorite.
SOGNANDO MILANO
Tra le outsider una è squadra di grande tradizione europea, che quasi sempre dice la sua fuori dai confini nazionali, i portoghesi del Benfica, guidati da Rui Vitoria, il mister che non sta facendo rimpiangere il tradimento di Jorge Jesus (passato ai cugini dello Sporting Lisbona). Le aquile approdano ai quarti dopo aver battuto lo Zenit segnando nel finale sia all’andata che al ritorno, in due partite giocate con grande metodo e applicazione difensiva contro una squadra che aveva dominato il proprio girone. I lusitani sono squadra attenta e compatta che poi si affida alle buone qualità individuali dei giocatori offensivi per sbloccare la partita: su tutti il bomber brasiliano Jonas, che a 32 anni, dopo quattro stagioni al Valencia, è definitivamente esploso in Portogallo (con 26 reti è nettamente in testa alla classifica marcatori), ma anche Nico Gaitan, talento cristallino sempre in procinto di fare il salto di qualità ma che a 28 anni ha ormai messo le tende in un Benfica di cui è la stella indiscussa. Non mancano i comprimari, le alternative e le seconde linee di prestigio in attacco: Mitroglou, Raul Jimenez, Salvio. Occhio infine al giusto mix di giovani invidiabili e vecchi lupi di esperienza: da una parte i craque Talisca (’94) e Renato Sanches (’97), dall’altra i brasiliani Julio Cesar e capitan Luisao. Se il sorteggio non si rivela proibitivo, possono dare fastidio.
Sorteggio favorevole in cui deve sperare anche il Wolfsburg, che ha avuto ragione del non troppo ostile Gent agli ottavi. Il Wolfsburg di questa stagione, vuoi per la cessione di De Bruyne, sembra molto più battibile di quello che si piazzò secondo nella scorsa Bundes. Il forte investimento fatto su Draxler sta pagando soprattutto in Champions dove il gioiellino tedesco si è fatto carico di diverse situazioni intricate ma la squadra gira faticosamente in campionato, dove è fuori dai piazzamenti europei per il momento. La banda di trequartisti è sempre da tenere d’occhio: la qualità di Draxler, la sostanza di Schurrle (piuttosto appannato dal suo arrivo in Sassonia per la verità) e, alternativamente, la corsa di Vieirinha o l’italiano Caligiuri, tutti al servizio della presenza da centravanti di Dost, con l’alternativa Kruse pronto a far danni dalla panchina. Dove manca qualcosa è in difesa: Arnold a centrocampo, accanto a Luiz Gustavo, garantisce qualità rispetto a Guilavogui ma poca solidità ad una retroguardia, più capace ad impostare che non a svolgere i propri compiti naturali, vedi i piedi buoni e la visione di Naldo e Dante e le scorribande dell’inesauribile Rodriguez a sinistra. Al momento sembra la debole del lotto, ma si giocheranno le loro carte.
REAL MADRID E PSG
Ci sono poi i due ossi duri: Real Madrid e PSG, magari non in assoluto le favorite della Champions ma sicuramente tra le big che puntano alla finale di Milano. Sulle due corazzate c’è poco da scoprire. Il Real, dall’arrivo di Zidane, ha cambiato marcia ma non ha eliminato alcuni difetti atavici per il quale non esiste bacchetta magica di nessun allenatore, ma semplicemente la programmazione e la costruzione. Dalla cessione di Xabi Alonso e Di Maria, in queste due stagioni i blancos hanno dimostrato grande fragilità e assetti sempre approssimativi. La qualità dei giocatori, in attacco soprattutto, è immensa ma mai complementare: tatticamente sono pochi i giocatori che rispettano le consegne che prevede il ruolo, gli altri si affidano quasi esclusivamente alle qualità tecniche e all’istinto. Hai l’esperienza, l’estro, la qualità, la tradizione ma paradossalmente non basta: la squadra è forte, ben inteso, ma non sembrano in grado di competere con le migliori (o con la migliore, quella in maglia blaugrana) fino a vincere l’undecima, a meno che non ci pensino i soliti noti.
Più quadrato sembra il PSG quest’anno, che sembra finalmente pronto a giocarsi le sue carte fino in fondo. Al di là del vantaggio che ti può dare, a livello anche fisico e nervoso, un campionato già vinto a questo punto, la squadra di Blanc sta bene in campo: la sostanza è quella degli ultimi anni (pregi e difetti), con una formazione da possesso palla, con poco dinamismo ma sufficiente qualità, che prende il campo molto bene ma poi rimane Ibra-centrica in attacco. La differenza fondamentale è che quest’anno, oltre forse ad una maggiore consapevolezza generale e una crescita complessiva, c’è Angel Di Maria, uno spauracchio capace di spaccare la partita, dare equilibrio ma allo stesso tempo imprevedibilità, quel dinamismo e velocità che mancavano, la possibilità di trasformare qualsiasi situazione in una transazione positiva, imprimere una svolta azione per azione assumendosi anche l’onere di regista offensivo, scaricando qualcosa dalle spalle di Ibrahimovic più libero di fare gol. Qualcosa forse manca, ma passo dopo passo la consapevolezza e l’entusiasmo salgono, nascondendo i difetti ed esaltando le qualità: serve un sorteggio non proibitivo e poi chissà.
Queste sono le quattro squadre che hanno già staccato il pass per i quarti di finale, ma mancano ancora le più attese. Una tra i vicecampioni in carica e la vicefavorita di quest’anno (Juve o Bayern), il Manchester City, il sempre ostico Atletico cholista (che deve però prima aver ragione del PSV) e la squadra da sola contro tutti: quel Barcellona che sembra ancora qualche gradino sopra tutti gli altri. Ma in Champions niente è scontato.