Cassano vede un’Inter da scudetto
Il talento di Bari vecchia si confessa ai microfoni della gazzetta dello sport e fa il suo pronostico sul campionato. Queste le parole di Cassano:
“Parliamo di derby? Ok, allora ho segnato a Roma, Madrid, Genova e Milano. Bastano?”. Parte con una battuta la lunga chiacchierata diAntonio Cassano con La Gazzetta dello Sport a poche ore dal Derby di Milano.
Cassano, sarà il primo Inter-Milan a porte chiuse.
“Senza pubblico non è calcio. Ma il Covid ha cambiato la vita di tutti, per non fermarci è giusto andare avanti così”.
Questo derby che peso avrà sul campionato?
“Arriva troppo presto, siamo alla 4a giornata, c’è il tempo per recuperare. Però chi ha più da perdere è l’Inter. Conte pensavo non rimanesse dopo lo sfogo di fine torneo, evidentemente lo strappo è stato ricucito. Ora non può fallire: deve vincere lo scudetto”.
Perché?
“Ha avuto Vidal e Hakimi, è rimasto Lautaro, ha una squadra più forte dello scorso anno. Pirlo diventerà un grande allenatore, ma è al suo primo anno. Conte è obbligato a fermare gli scudetti di fila della Juve”.
E Pioli? Giusto confermarlo o serviva una svolta?
“Pioli meritava di restare: ha fatto un gran finale, si è qualificato ai gironi di Europa League con una squadra molto giovane. Rangnick? Cosa ha vinto? Niente… Stefano ha alle spalle una persona preparata come Maldini: serio e capace”.
Torniamo a stasera. Ibra o Lukaku?
“Zlatan è il miglior giocatore del campionato: lui è il Milan ma non so se basterà. Lukaku è giovane, bravo e forte, ma non c’è paragone. A 39 anni la forza fisica non basta, serve la qualità e Ibra ne ha tanta: dopo Ronaldo il Fenomeno e Van Basten c’è lui”.
Le chiavi della sfida.
“Inter favorita ma Ibra può ribaltare tutto se il Covid non gli ha tolto forza. Il rendimento di Zlatan e Lukaku dipende da come verranno serviti da Lautaro e Chalanoglu. Il Toro è migliorato e mi ricorda Aguero”.
Perché Eriksen è così in difficoltà nell’Inter?
“C’è un problema tattico. A Conte quel tipo di giocatore non piace, ma Eriksen è un top player, un campione: in nazionale segna sempre, in Premier League era un fenomeno e piaceva al Real. Conte è un grande allenatore ma a lui piacciono quelli alla Vidal che danno intensità. Il primo anno alla Juve Antonio voleva partire col 4-2-4, poi è arrivato Pirlo e quasi non lo voleva… ma al tempo stesso è stata la sua fortuna”.
Immagini di essere sulle due panchine, come se la gioca?
“Io a Eriksen dietro le punte non rinuncio, mai. Fossi Pioli schiererei il Milan col 4-2-3-1, per mettere in difficoltà l’Inter sulle fasce. Senza Rebic, punterei su Diaz e Saelemekers».
Il podio del campionato.
“Inter e poi Juve. Ma occhio all’Atalanta: Ilicic è un giocatore favoloso, se torna in forma può accadere di tutto. Il Milan? Lotterà per il 4° posto con Lazio, Napoli e Roma ma non sarà facile arrivare in Champions”.
Lei e i derby: Roma, Madrid, Genova e Milano.
“Ho segnato in tutte le stracittadine. Il mio amico Dacourt diceva: “I derby sono grandi partite per grandi giocatori”: era normale che io segnassi… (ride). Certo quando nel tunnel ti trovavi di fronte Samuel ti spaventavi subito”.
Cosa ricorda del 2 aprile 2011?
“Milan-Inter 2-0, entro a 10 dalla fine al posto di Robinho, mi procuro un rigore, segno il 3-0 e in dieci minuti becco due gialli: ho fatto tutto io”.
Ha dato più al Milan o all’Inter?
“Al Milan. Ho vinto uno scudetto bellissimo e una Supercoppa Italiana. Devo la vita a questo club che mi ha strappato alla morte quando ho avuto il problema al cuore: Berlusconi e Galliani mi hanno trattato come un figlio. Con Galliani però in Cina ci litigai di brutto: chiedevo il rinnovo, lui rimandava il discorso, allora chiesi la cessione e andai all’Inter”.
La squadra del cuore…
“Un sogno da bambino che si realizzava. Lì ho incontrato due fratelli, Ausilio e Branca. Andavo molto d’accordo con Nagatomo, lo sento ancora. Prima di un derby entrai nella sua stanza alle 4 del mattino: dormiva con la mascherina sugli occhi, saltò per aria come un grillo (ride)”.
A San Siro stasera c’è una maglia anche per lei.
“Gioco per l’Inter e in questo calcio con pochi talenti potrei ancora dire la mia: il vero errore è stato smettere 4 anni fa. Ma non si vive di ricordi”.