Calciopoli, Giraudo non si arrende e fa ricorso
Calciopoli ricorso Giraudo | Quasi quattordici anni dopo l’inizio dello scandalo che sconvolse il mondo del calcio italiano, Calciopoli non è ancora finita. Antonio Giraudo, sospeso a vita a seguito dell’inchiesta, ha presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu), chiamata a risolvere questioni giuridiche che riguardano l’essenza dello Stato di diritto. Secondo i legali dell‘ex amministratore delegato della Juventus dal 1994 al 2006, l’Italia ha violato l’articolo 6 della Convenzione (che garantisce l’accesso a un tribunale precostituito per legge e il diritto ad un giusto processo) per aver consentito alle federazioni sportive la creazione di giurisdizioni disciplinari non “precostituite per legge”, che hanno lasciato al ricorrente e ai suoi avvocati soltanto 7 giorni per predisporre le difese, lasso di tempo insufficiente anche solo per la semplice lettura di un fascicolo di oltre 7.000 pagine.
I dettagli del ricorso
E ancora, per aver sottoposto queste giurisdizioni disciplinari alla stessa autorità- il presidente della Figc – alla quale era sottoposta la procura, ossia l’organo che ha istruito e sostenuto l’accusa. La Cedu dovrà anche decidere se la “durata ragionevole” sia stata violata, tenuto conto che i procedimenti innanzi alle autorità giudiziarie dello Stato italiano sono durati più di 13 anni, e stabilire se la legge n. 280/2003 costituisca una violazione dell’art. 6 della Convenzione. Questa legge prevede che le giurisdizioni dello Stato non abbiano il potere di annullare le decisioni delle giurisdizioni disciplinari sportive, laddove la giurisprudenza della Cedu stabilisce che il cittadino debba sempre poter ricorrere ad un giudice che abbia potere di “piena giurisdizione”.