Ci siamo: è il mercato di gennaio, e parte l’annuale marasma di nomi e cifre, sparati più o meno a vuoto. In cuor nostro, abbiamo imparato a rassegnarci ai colpetti a salve del mercato di riparazione (che quasi mai “ripara” ciò che si è rotto dall’estate ad ora) ma poi il fascino di un “Juve-Gundogan: ora si può” vince su ogni diffidenza e allora avanti ogni anno col solito carrozzone, quasi sempre di “sóle” e meteore, flop e carneadi che difficilmente capovolgono l’inerzia del nuovo club.
Basti dare un’occhiata allo scorso mercato invernale, del 2015. Milan e Inter mettono a segno, sulla carta, diversi colpi importanti, ma la stagione rimane anonima, a tratti deprimente, per entrambe le squadre: 6 mesi dopo il Milan aveva già liquidato tre dei 6 colpi invernali (Destro, Paletta e l’inspiegabile “cameo” di Bocchetti), un altro ha appena lasciato in questa sessione (Suso) e un quinto sembra essere al passo d’addio (Cerci). Antonelli è l’unico confermato di un mercato che sarà ricordato più per la funesta cessione di Saponara a mezzo milione con diritto di riscatto.
Vani anche i botti dell’Inter con Shaqiri e Podolski, che hanno deluso le attese e lasciato la Pinetina già in estate, così come Felipe (francamente prevedibile); Santon a tratti bene ma spesso fuori dai radar e il solo Brozovic a pagare i dividendi dopo circa un anno. Il tutto mentre la Juve, sotto traccia, prende senza sganciare un euro Sturaro e Matri, niente di altisonante, ma comunque determinanti, assecondati certamente dall’annus mirabilis della compagine bianconera.
Cosa poi abbia trovato la Roma in Spolli, Ibarbo e Doumbia per puntare su di loro alla rincorsa della Juve, in piena lotta per il titolo, rimarrà sempre un mistero: loro presto liquidati con disonore e Roma che da gennaio a maggio prosegue sulla scia di una stagione anonima che aveva posto le proprie basi da novembre/dicembre.
Il vero colpo lo aveva messo a segno la Fiorentina, con l’egiziano Salah accolto con diffidenza nell’ambito di uno scambio col Chelsea per la cessione di Cuadrado, in breve tempo idolo e altrettanto in fretta diventato nemico pubblico in una giostra di contraddittorie emozioni suscitate nei tifosi viola, ai quali non ha neanche risparmiato lo sgarbo di un gol alla prima da ex. Non lo stesso tourbillon hanno scatenato gli altri colpi di gennaio: Rosi e i tre figliol prodighi Rosati, Diamanti e Gilardino, tutti e quattro congedati a fine stagione.
Lontani dall’essere memorabili anche gli innesti di Mauricio e Strinic per Lazio e Napoli, con i partenopei che hanno comunque aggiunto alla lista della spesa Manolo Gabbiadini, protagonista di un buon impatto lo scorso anno.
Lo scorso mercato di gennaio è stato molto povero, confusionario e non ha riparato nulla praticamente per nessuno, ma non è stato un caso isolato, piuttosto la conferma di una sessione che risulta spesso un tentativo più grottesco che provvidenziale.
Lo sanno bene i tifosi interisti che, nonostante ogni gennaio le spese siano ingenti per migliorare la rosa, negli ultimi anni hanno dovuto sorbirsi gli acquisti inutili di Kuzmanovic, Kharja e Schelotto, il canto del cigno di un Tommaso Rocchi in età pensionabile, le grandi e mai attese speranze di Hernanes, Ranocchia e Kovacic. Pure nell’anno del triplete, a Mourinho a gennaio venne regalato un McDonald Mariga, a conferma che se è l’anno giusto vinci anche se acquisti un keniota che in tre stagioni e mezzo in nerazzurro collezionerà la bellezza di 21 presenze con un gol segnato, ovviamente realizzato nell’anno di grazia 2009-2010. La speranza nel 2016 per Roberto Mancini sarà di godere di acquisti più redditizi rispetto al suo primo quadriennio interista quando, dal 2004 al 2008, nei mercati di riparazione gli furono consegnati solo l’esterno laziale Cesar e la meteora portoghese Maniche (uguale bottino per entrambi: 8 partite e un gol).
Non è da meno il Milan che, toccando probabilmente il fondo con la commuovente pantomima di Galliani a casa di Destro per convincerlo ad accettare il trasferimento, ha raggiunto il culmine di una serie di mercati di riparazione dispendiosi e deficitari: dal contributo alla pensione di Michael Essien ai quattro mesi neanche così terribili del marocchino con problemi di peso Taarabt, dalla deprimente rassegna di terzini sinistri (Mesbah, Didac Vilà, Emanuelson) ai giovani in rampa di lancio (Salamon e Adiyiah), passando per la storia strappalacrime di Maxi Lopez chiuso in hotel ad aspettare la chiamata del Milan. Fuochi d’artificio invece nel gennaio 2011, culminato non a caso con la vittoria del campionato grazie anche all’apporto di Cassano e Van Bommel (più timido, per usare un eufemismo, il contributo di Legrottaglie). Alzi la mano chi ricorda i mesi rossoneri di Amantino Mancini nel 2010, che si fece notare solo per un gol sbagliato contro il Napoli che avrebbe regalato al Milan il sorpasso sull’Inter di Mourinho al primo posto della classifica.
Non aveva grande bisogno di rinforzi la Juve negli anni di Antonio Conte e allora passano in secondo piano gli acquisti, assolutamente dimenticabili, di Osvaldo, Peluso, Anelka e Borriello (comunque pesantissimo il suo gol al Cesena). Ne avrebbe avuto bisogno invece nel 2010, durante la nefasta gestione Ferrara, il tecnico napoletano che a gennaio non riuscì ad invertire la rotta nonostante gli “imponenti” acquisti di un giovane Candreva (liquidato con troppa fretta) e del talento Paolucci (attuale attaccante dei romeni del Petrolul, a conferma della lungimiranza dell’operazione).
Sempre molto attiva la Roma che, nell’era Pallotta-Sabatini, ha regalato ai tifosi le giocate brasiliane di Marquinho, Rafael Toloi e Michel Bastos: male ma si può fare molto peggio e nell’inverno 2015 il capolavoro negativo, spendendo cifre più vicine ai 40 milioni che ai 30 per i cartellini di Doumbia e Ibarbo, il prestito di Spolli, il riscatto di Yanga-Mbiwa e i giovani Pepin e Radonjic.
Ma le storie più imbarazzanti le regala forse la lotta salvezza: nel 2013 il Pescara neopromosso, dopo un girone di andata neanche tanto male (tre vittorie nelle ultime quattro partite), decide di fare grandi investimenti per confermare la categoria: arrivano gli argentini Bianchi Arce e Caraglio, gli espertissimi (logori) Kroldrup, Zauri e Sculli, il promettente Rizzo e il colpaccio D’Agostino. Il risultato? 2 punti nel girone di ritorno e ovvio ultimo posto. Uno dei due punticini arriva in casa del Palermo, anch’esso in procinto di retrocedere e anch’esso attivissimo a gennaio: qualcuno si ricorda di Anselmo, Nelson, Boselli, Faurlin, Formica, Fabbrini e Sperduti arrivati in quel mese di gennaio 2013? Insieme a loro l’us(ur)ato sicuro di Aronica e Dossena e retrocessione senza colpo ferire.
Inarrivabile, infine, la prestazione leggendaria dell’Ancona 2003-2004 che a gennaio cedette 16 giocatori e ne acquistò 14, imbottendo la squadra di vecchi e di vecchissimi (regalando momenti di puro imbarazzo come la presentazione e le condizioni di Jardel). La rivoluzione sortì ottimi risultati, dato che ad aprile arrivò la prima vittoria stagionale, peccato la retrocessione fosse già certa a quel punto. Dettagli.