Intervistato dalla testata francese Views.fr, Moise Kean ha parlato della Juventus ma anche del suo futuro, facendo tralasciare dei dubbi su una sua possibile partenza verso la Ligue. Queste le parole dell’attaccante bianconero:
Il calcio è sempre stato il mio sogno. Poi quando inizi a dare forma a un metodo di lavoro, devi avere un sogno e credere in quello che stai facendo. Da quando avevo 9, 10 anni, sono sempre stato il più piccolo a giocare per strada. Le persone intorno a me credevano più di me che potessi diventare molto bravo. Mi ha aiutato anche a credere in me stesso. A 16 anni sono diventato il giocatore professionista più giovane nella storia della Juventus. Come ho gestito le pressioni? Sono una persona che non sente la pressione. Stavo sempre con persone più grandi di me. Questo mi ha spinto ad avere sempre più ambizioni fin da giovane”.
Sui momenti difficili trascorsi: “Ci sono sempre momenti difficili. Ma so come uscirne, perché in ogni momento complicato c’è un esito positivo. Non ho fretta, non vado mai nel panico, fa parte della vita. Tutto accade per una ragione, e l’unica cosa che posso fare e continuare a lavorare sodo. Ho avuto la possibilità di giocare con alcuni dei migliori giocatori del mondo. Ne sono grato, perché mi ha insegnato molto. C’è una storia che non dimenticherò mai. Avevo 15 anni, entrai per la prima volta negli spogliatoi della squadra professionistica della Juventus, e lì Mario Mandžukić mi disse: “Cosa ci fai qui?”. Dico: “Mi hanno mandato qui”. Poi continua: “Non pensare di restare qui, rimani forse una settimana e poi te ne vai”. Lì, mi dico: “Wow, voleva mostrarmi quanto fosse difficile. In quel momento ho imparato molte cose, anche se mi chiedevo se fosse solo cattivo o se fosse per aiutarmi. Oggi so che lo ha fatto per aiutarmi e perché mi voleva bene”.
Sul razzismo che ha subito in carriera: “Sono nato in Italia, e da quando andavo a scuola, so quanto sia difficile per un uomo di colore vivere in questo paese. So come ci si sente ad essere una vittima del razzismo. Mi sono successe molte cose e spero che cambieranno. Quando è successo di recente a Romelu Lukaku, non sono rimasto sorpreso. Mi sono detto: “Benvenuti in Italia n****!” Mi auguro davvero che un giorno le persone capiscano che questo è qualcosa che non ha bisogno di esistere. Tutti sono umani, hanno un’anima e un cuore. L’episodio a Cagliari? Quando è successo a me, non me l’aspettavo. Sapevo benissimo che c’è molto razzismo, ma non pensavo che sarebbe arrivato al calcio. Ed ero ancora molto giovane. Non avevo idea che potesse accadere in uno stadio. Posso forse capire che succede fuori, con persone che non conosci, ma in uno stadio dove porti la tua famiglia, i tuoi figli, è un peccato. Ho reagito così perché è l’unico modo. E non ho reagito male. Il mio primo obiettivo era segnare e poi festeggiare così, perché capissero che non c’è posto per il razzismo, né nel calcio né nel mondo.
Sull’esperienza al PSG: “È stato il momento più bello della mia carriera, mi sono davvero divertito qui. Non potevo dimenticare tutto quello che ho imparato lì e tutti i bei momenti che ho vissuto lì. Stavo facendo grandi cose. Nessuno può sapere cosa accadrà domani. Se penso che la storia col PSG non sia finita? Non lo so. Come ho detto, vivo giorno per giorno concentrandomi sull’essere uno dei migliori attaccanti. Se succede, succede. Tutto accade per una buona ragione”.