Tagliente: “Definire violenti ultras significa riconoscerli e danneggiare il mondo del tifo che è e deve rimanere una risorsa del mondo del calcio, dei tifosi e del Paese”.
Fulvio Bianchi il giornalista di Repubblica oggi nella sua rubrica “spy calcio” affronta il tema del calcio e della violenza valutando criticamente l’idea del ministro Matteo Salvini di convocare i capi ultras al Viminale. Non ha senso – scrive Fulvio Bianchi – dare voce e visibilità agli ultras violenti anche se molti politici, anche di sinistra, sono sovente cascati in questa trappola. Speriamo che Salvini ci ripensi: basta che chieda a chi sa, a chi si occupa di questo problema così complesso, intricato, dalle mille sfaccettature. Non lontano dall’ufficio del ministro d’altronde c’è l’Osservatorio sulle manifestazioni sportive: uno dei padri fondatori, Francesco Tagliente, ha parlato ieri, parole di saggezza, da chi conosce il problema a fondo.
Il prefetto Francesco Tagliente ieri nel corso di una intervista al TG5 delle 20 ha parlato delle dinamiche di certe forme di violenza da stadio. Abbiamo chiesto al prefetto di chiarire ulteriormente il suo pensiero per i nostri lettori.
Ecco le parole del prefetto Tagliente ai microfoni di SportPaper: E’ difficile, molto difficile – ha esordito Tagliente – capire le dinamiche di certe forme di violenza. Ci sono varie concause che spesso non hanno nulla a che vedere con il calcio. Quindi definire questi violenti ultras significa riconoscerli e danneggiare il mondo del tifo che è e deve rimanere una risorsa del mondo del calcio, dei tifosi e del Paese.
Tra le concause la leva principale è la follia caratterizzata da odio viscerale con ritorsioni ad affronti reali o ritenuti tali. In alcuni ambienti c’è poi la leva economica della vendita di gadget, droga e ancora dei biglietti lì dove la complicità di qualcuno lo consente. Raramente le animosità per ideologie di destra o sinistra sono sfociate in incidenti violenti.
Per quanto riguarda la gestione della violenza da aggressività istintiva o da follia da stadio – ha detto il prefetto Tagliente – penso alla necessità di un nuovo tipo di prevenzione. Alla tradizionale prevenzione strutturale degli impianti con le diverse aree di sicurezza e alla prevenzione ambientale per circoscrivere le animosità tra le tifoserie a ironia e sfotto, bisogna aggiungere la prevenzione sociale che chiama in causa tutti gli attori e non solo il mondo del calcio, le Autorità e le forze di polizia.
Penso alla personalità di alcuni soggetti indifferenti rispetto agli ammonimenti e al pericolo come nel caso dei pluri daspati.
Ho sperimentato con successo i risultati delle audizioni dei daspati da parte di psicologi. A Roma – ha proseguito Tagliente – nel 2012 attraverso il “riascolto” dei soggetti “daspati” da parte degli psicologi della Polizia di Stato, è stato valutato positivamente l’effetto rieducativo del provvedimento, tanto da ritenere in alcuni casi possibile la revoca o la riduzione della durata del divieto. Al di là della strategia di prevenzione e contrasto bisogna tornare a riflettere come gestire i pluridaspati.
Forse – ha detto ancora l’ex numero uno dell’Osservatorio – è opportuno ora domandarsi se il problema sia solo di polizia ovvero se sia sufficiente fermarsi al daspo o se non si debba andare oltre per capire cosa c’è oltre alla spia del daspo. Per la gestione dell’aggressività, il daspo risulta senza ombra di dubbio una misura efficace ma come punto di partenza per capire se ci sia necessità di gestire eventuali fragilità psicologiche o vere e proprie situazioni di psicopatologia da valutare con l’ausilio di specialisti della psicologia e della psichiatria. Capire come l’impulso violento di un uomo in certi contesti ambientali si può trasformare in un mostro omicida – ha concluso Tagliente – non è compito solo della Polizia.