Intervistato a Dazn, Edoardo Bove ha parlato della Roma e soprattutto di Josè Mourinho. Queste le parole del centrocampista romano.
Bove: “Sono carico. Su Totti e De Rossi..”
Come stai a livello fisico? È stato un allenamento duro?
“Si, è stato bello intenso. Abbiamo appena finito e quindi ho ancora un po’ di scorie dall’allenamento, ma sono contento di essere qui“.
Come stava il mister, carico?
“Bene, bene carico come sempre“.
Tu sei nato e cresciuto nella Roma. In famiglia sono tutti romanisti o è stato una scelta tua?
“La mia famiglia mi ha sempre trasmesso questa passione. Poi mio papà ha origini napoletane e mia mamma tedesche e quindi sono un pochino metà e metà. Ho preso un po’ la parte severa da mamma e la parte un pochino più giocherellona e simpatica da papà. La passione per la Roma però l’ho iniziata ad avere fin da bambino. Poi sono entrato a Trigoria quando avevo dieci anni adesso ne ho ventuno e questo è il dodicesimo anno e quindi sono stato più volte qui che a casa. So cosa vuol dire, più passa il tempo e cresci, capisci anche l’importanza di dove sei man mano che vai avanti. È quella la cosa più bella perché magari uno dice sono dodici anni che sei alla a Roma e magari iniziai a diventare una routine e un’abitudine. Invece ogni anno che viene è ancora meglio e spero di continuare così“.
Questi anni hanno fatto la differenza per te per diventare da giovane promessa a punto fisso della Roma?
“Sì, sicuramente hanno fatto la differenza perché sono tutti piccoli step che uno fa in una carriera. Poi ognuno ha un percorso differente, io sono stato fortunato e bravo a sfruttare un determinato tipo di occasione e a rimanere qui per tutto il tempo. Adesso, naturalmente, sono contento di quello che sto facendo. È un momento molto bello perché ti proietti sempre al futuro essendo anche giovane, quindi sei sempre molto attivo e molto energico”.
Anche grandi responsabilità, sei un leader silenzioso della Roma anche perché Mourinho ti ha dato tante responsabilità?
“Si, il fatto di darmi tanta responsabilità mi porta ad avere ancora un rapporto di grande fiducia. Quando un allenatore dà grande fiducia a un giocatore credo che ripagarla sia la cosa più bella. Naturalmente il mister è proprio un maestro sulla mentalità che ci trasmette, sulla cattiveria che dobbiamo avere in campo e durante gli allenamenti. Il fatto che mi abbia trasmesso questa fiducia è dato questa responsabilità mi ha aiutato a crescere. Perché una cosa è giocare senza pressione e un’altra cosa è confermarsi partita dopo partitica che è la cosa più difficile”.
In pratica sei cresciuto in un anno di dieci anni?
“No, in generale la carriera di un calciatore penso porti anche ragazzi giovani a crescere fin da subito. Perché un ragazzo di diciott’anni si trova in uno spogliatoio con anche uomini con figli e gli argomenti sono diversi e le responsabilità sono differenti. Quindi cresci già anche da altri punti di vista. Come se fosse tutto elevato all’ennesima potenza. Anche la maturazione è elevata e vedi miglioramenti. Ma è bello essere così al centro di un progetto”.
C’è qualcosa che senti che ti dà troppa pressione? O c’è qualcosa della tua giovinezza che ti manca?
“Sì e no. Poi quando uno risponde ricorda sempre i sacrifici. È vero magari un determinato tipo di cose un ragazzo di diciott’anni che si affaccia alla carriera professionistica non le può fare. Non tutti possono andare a scuola fino al quinto anno nella stessa scuola senza andare nel convitto della squadra, perché allenandosi la mattina anche tutto l’ambiente scolastico, che è una parte fondamentale, rischi di perderla. Fortunatamente io sto proseguendo gli studi universitari e cerco svaganti anche un po’ con gli studi, perché se poi pensi tutto il tempo al calcio così diventa molto complicato da gestire. Una cosa da gestire e si la voglia di migliorarsi ogni giorno, ma anche la gestione dei tempi perché si sei giovane ma devi stare attento a gestire il tuo corpo. Sono tutta una serie di considerazioni da fare nel momento in cui intraprendi una carriera calcistica. Sono scelte dettate, per me, dalla passione perché è la cosa che amo fare di più al mondo. Perché quando non avrò più voglia di andare al campo ci sarà qualcosa che non va e bisognerà cambiare qualcosina. L’obiettivo è alzarsi la mattina e andare a fare qualcosa che ti piace e di cui sei entusiasta”.
Che modo di svagarsi è lo studio?
“Magari ho sbagliato a usare la parola svagarsi però ho anche altre passioni. Studio economia e management. Mi è capitato anche che ragazzi della Primavera mi chiedessero dell’università ed è bello pensare che puoi essere anche da esempio“.
Per te c’è stato qualcosa che ti ha dato questo esempio?
“Sì, la mia famiglia mi ha sempre trasmesso a che lo studio fosse una parte fondamentale. Con mamma tedesca non scappi, hai un determinato tipo di equilibrio. Poi con papà si è equilibrata la severità. Lui tifa per me“.
C’è un campione o un giocatore che è passato per la Roma e pensi: “Cavolo avrei voluto condividere lo spogliatoio con lui”?
“Calcisticamente il giocatore della Roma che mi ricordo benissimo anche abbastanza recente è Nainggolan. Mi piaceva tantissimo come tipo di giocatore ed era uno dei miei giocatori preferiti. Questo per non essere banale, perché come fai a dire che non avresti voluto condividere lo spogliatoio con De Rossi e Totti?“.
Dopo dodici anni alla Roma ci si abitua mai ad entrare all’Olimpico?
“La cosa che dicevo all’inizio, è incredibile come man mano che cresci e come se ti rendessi conto di tutta la parte che c’è fuori. Dei tifosi, delle persone che lavorano qui. Da chi sta in portineria ai magazzinieri. È proprio una roba che magari quando sei piccolo e cresci qui dentro nemmeno ti rendi conto. Ma man mano che che cresci e inizi a capire più cose l’emozione del vestire la maglia cresce. Perché prendi consapevolezza di dove sei, di quello che hai fatto e di quello che vuoi fare ed è davvero un’emozione che cresce. Capisco cosa rappresento perché essendo stato uno di quei bambini so cosa vuol dire ed è bellissimo“.
Ti capita mai di giocare a tennis?
“L’ultima volta che ho giocato è stata la pausa dopo giugno con un mio amico Flavio Cobolli“.