Bonucci: “Addio alla Juventus? Manifestazione di potere di un singolo”

L'ex calciatore è tornato a parlare del proprio addio ai bianconeri, toccando gli elementi caratterizzanti che hanno portato alla separazione.

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MASSIMILIANO ALLEGRI E LEONARDO BONUCCI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

I tempi del magico tridente difensivo BonucciBarzagliChiellini sono ormai solo un dolce ricordo, che rievoca ai tifosi della Juventus un periodo colmo di successi in patria, in cui la Vecchia Signora era l’indiscussa regina della Serie A, ma insieme al loro calo (naturale conseguenza dell’inesorabile avanzare dell’età) è corrisposto quello della squadra, in cui i bianconeri sono stati spodestati dalle due milanesi.

Bonucci: “Allegri? Per lui un estraneo”

Nonostante la parentesi al Milan e il passato nelle giovanili dell’Inter, la carriera di Bonucci è stata esclusivamente a tinta bianconera, ma stando alla narrazione dell’ex difensore, non ha ben digerito le modalità con cui è stato indotto a lasciare il club in fin di carriera, e al Podcast di Gianluca Gazzoli ‘Passa dal Basement’, ha avuto modo di parlare della suddetta situazione e ha anche svelato alcuni retroscena sul suo trasferimento.
Ecco le sue parole:

L’ADDIO ALLA JUVENTUS:

“Sicuramente è una ferita che rimarrà perché quando dai tanto, ti aspetti anche tanto. E devo dire che la Juve a me ha dato tanto però chiudere in questa maniera è stato veramente un colpo che mai mi sarei aspettato. Che mi ha fatto male. Perché ancora oggi parlarne mi dà un po’ di dispiacere. Vedo altri giocatori che hanno giocato alla Juventus che hanno fatto meno di me ricevere il giusto tributo e io me ne sono dovuto andare quasi scappando perché qualcuno aveva deciso che doveva andare così. È stata la manifestazione di potere di un singolo che non meritavo, perché io se fossero stati chiari avrei anche accettato di andare. Se tutti avessero detto l’anno prima ‘Guarda, qua è finita’, invece a me hanno detto ‘Guarda, noi abbiamo delle priorità rispetto a te, però averti nel gruppo è importante’.”

IL RITIRO:

“Era una decisione presa da diverso tempo. Volevo farlo intorno ai 37 anni e sapendo che c’era l’Europeo avevo programmato che sarebbe stata l’ultima stagione. Non pensavo che sarebbe stata così, il mio sogno era di chiudere la carriera con la maglia della Juventus. Non ho ricevuto il saluto che meritavo per quello che ho dato alla Juve, ho anteposto il club a mia moglie, i mei figli e anche al mio benessere”.

RETROSCENA SUL SUO ADDIO:

“Poi appena arrivato Giuntoli, che non aveva modo di fare diversamente, mi ha detto che non sarei più stato nei piani del club. All’inizio mi sembrava uno scherzo, dopo più di 500 partite ricevere il ben servito in questa maniera…Invece era tutto reale. Non so ancora oggi darmi una spiegazione, o meglio so che è stato un gioco di potere. Mi avrebbe fatto piacere se si fosse conclusa in maniere diversa. E’ stata dura da digerire e la rabbia che avevo dentro mi ha fatto fare scelte sbagliate perché avevo la forza di un contratto firmato per andare contro la Juve, ma alla fine non era la Juve il problema di tutto. Se avessi proseguito la battaglia legale avrei vinto, perché era mobbing. La rabbia era per chi mi aveva messo fuori rosa, non per la Juve. Poi nei mesi successivi ho parlato con Giuntoli, che era d’accordo con me, e mi ha detto che si poteva gestire diversamente. Juve A contro Juve B poteva essere l’occasione giusta per salutare, eravamo tutti felici. L’ultimo rapporto che ho avuto lui (Allegri, ndr) è stata dopo la partita di Udine, anche al centro sportivo non c’è mai stato un confronto in un mese e mezzo, come se fossi per lui un estraneo. Un confronto sarebbe stato il minimo”.

IL TRASFERIMENTO AL MILAN:

“Quando sono andato al Milan l’ho fatto perché non volevo essere un problema all’interno dello spogliatoio. Ho preso quella strada per non fare del male alla Juve per tutto quello che era successo negli ultimi sei mesi della stagione precedenti. Sapevo di dover andare via perché sarei stato deleterio per le squadra, mi conosco. E’ stata una scelta condivisa con allenatore e direttore, che mi hanno venduto a poco per il valore di quel momento. […] L’esultanza allo Stadium? Io ho sempre detto che non capisco chi non esulta contro la sua ex squadra: se sei stato venduto è perché la società ha deciso, non rispetti i tifosi della tua squadra e avevo ricevuto solo fischi e insulti da tutto lo stadio. Non è mai stata una mancanza di rispetto”.

IL MANCATO TRASFERIMENTO ALLA ROMA:

“I tifosi giallorossi dicevano che uno juventino con la maglia della Roma non si può vedere: io sono e sarò sempre juventino, ma quando scendo in campo con una squadra gioco per la maglia che indosso”.

L’ESPERIENZA ALL’UNION BERLIN:

“Pensavo di trovare un organizzazione di un certo tipo. La serenità che ti dava la Juventus lì non esisteva: mi sono muovere da solo per trovare casa e noleggiare la macchina. La cosa mi ha sorpreso, ma devi saperti adattare”.