Berlusconi racconta il suo Milan

Berlusconi

Domenica sera, Silvio Berlusconi ha visto Milan-Napoli ad Arcore insieme a Matteo Salvini, leader della Lega Nord e grande tifoso milanista, che nella giornata di ieri ha raccontato di un presidente rossonero molto arrabbiato per la sconfitta contro la squadra di Sarri, soprattutto pensando ai tanti soldi messi questa estate per la campagna acquisti. Il serbo ha avuto un colloquio telefonico con Berlusconi, nel quale ognuno ha chiarito i propri punti di vista.

Nella giornata di domani, uscirà in libreria la biografia di Silvio Berlusconi, scritta da Alan Friedman (il titolo è “My way”). Il presidente rossonero ha parlato di tutto, anche di Milan e di cosa significhi per lui il club milanista: “Il vero significato del Milan per me è che mi ricorda l’infanzia, mi ricorda mio padre. Ne parlavamo quasi ogni sera, quando lui tornava dal lavoro. Quando mi chiedeva della scuola e dei compiti, io cercavo subito di indirizzare la conversazione sul Milan. A quell’epoca non era un grande club, non vinceva mai niente. Ma in qualche modo mi proiettavo in quella squadra. Mi identificavo con i singoli calciatori. Fantasticavo. Così quando nel 1986 mi proposero di comprarla, pensai subito a mio padre, e mi decisi. Comprai il Milan anche per questo”.

L’edizione odierna della Gazzetta dello Sport riporta poi altre anticipazioni di questa biografia, come per esempio quella che riguarda la famosa questione delle formazioni dettate agli allenatori: “Ho mai dettato una formazione? No. Ne ho suggerito una? Certo. Molto spesso. Discuto sempre con i miei allenatori, parliamo della formazione e di ciascun calciatore prima di ogni partita. Certe volte non sono d’accordo con l’allenatore, e in questi casi vince sempre lui. Così non ho mai abusato della mia posizione di proprietario e presidente del club. Non ho mai tentato di essere superiore al coach. Dopo tutto, è lui il responsabile dei risultati della squadra. Con Sacchi, per esempio, abbiamo inventato la formula di un Milan che avrebbe sempre comandato il gioco, abbiamo inventato una squadra che si sarebbe sempre divertita a giocare, che avrebbe rispettato gli avversari e per questo sarebbe stata applaudita dai suoi tifosi. Ecco, credo che adesso questo concetto sia ormai un elemento fondamentale del Dna del Milan”.

Sullo stile Milan: “Lo stile Milan è un comportamento sempre corretto, in campo e fuori dal campo. Significa essere leali nei confronti degli avversari, evitare reazioni eccessive e mantenere la calma qualunque cosa succeda. E significa anche un certo modo di presentarsi. Oggi, per esempio, ci sono giocatori coperti di tatuaggi o con strane pettinature. Ai miei tempi, mi spiace usare quest’espressione, io controllavo perfino il nodo della cravatta, prima che un calciatore si presentasse a fare una dichiarazione in tv. Quali giocatori del mio Milan ho sempre nel cuore? Dei vecchi giocatori di quando ho cominciato la mia missione nel Milan io ho soprattutto nel cuore Maldini e Baresi”.