Home Editoriale Azzurro tenebra: dentro gli “elementi del disastro”

Azzurro tenebra: dentro gli “elementi del disastro”

Vivai e big che puntano sull'usato sicuro proveniente dall'Estero, Spalletti che cerca alibi, Gravina che si nasconde dietro un dito, e il ricordo sbiadito di un calcio che fu. L'Italia non si desta e non ha voglia di farlo.

nazionale italiana di calcio
IL CT AZZURRO LUCIANO SPALLETTI PENSA ALLE CONVOCAZIONI PER EURO 2024 ( FOTO FORNELLI/KEYPRESS )

Una disfatta che nasce da lontano

Sintetizzare il cammino azzurro a UEFA EURO 2024 è davvero complicato. Un viaggio che parte da due amichevoli senza colore pre-competizione, contro Turchia e Bosnia, un prologo che mostrava già, in chiare lettere, l’imminente Caporetto, l’ennesima dell’ultimo decennio del calcio italiano. Entrare negli “elementi del disastro”, citando lo scrittore argentino, Álvaro Mutis, vuol dire partire da lontano, dal 2010, punto di avvio di un declino irreversibile, con la grande illusione di una vittoria europea a Wembley al centro, e nulla più. Ci ritroviamo per l’ennesima volta, nel giorno dopo una sconfitta, ad ascoltare frasi del tipo “Che sia un punto di partenza“, “Bisogna ricominciare da qui“. D’altronde, l’aver toccato il fondo dovrebbe garantire quantomeno una pallida risalita, come nel 2017, come nel 2022, ma come si può ricostruire da una prestazione come quella di ieri? Semplice, perché peggio di così non si può. Quello che non fa ben sperare è la ricerca dell’alibi di Spalletti che si è ritrovato a parlare di “poco tempo”, ed un po’ ha ragione, o una squadra senza idee, che quando tiene palla preferisce regalarla all’avversario piuttosto che cercare la porta. La spedizione tedesca mostra una scarna lista di soluzioni, complice un calcio italiano che preferisce puntare sull’acquisto dall’estero piuttosto che rifornirsi dal vivaio, e anche quando lo fa, spesso, è più facile far emergere lo straniero che il locale (vedi lo scudetto Primavera 1 dal Lecce, si contino gli italiani in rosa, ma si guardi anche tutto il resto). Ora si cerchino i grandi campioni in Serie A, basta dare uno sguardo alla copertina dell’album delle figurine Panini, semplificando ai minimi termini e banalizzando il tutto, per canalizzare la questione, e far la conta degli italiani più importanti di ogni squadra. Detto questo, l’Italia non esce sconfitta dalla gara contro la Svizzera, ma c’è già arrivata sconfitta, dalle partite contro la Croazia, la Spagna, dal secondo tempo contro l’Albania, dalla fortunata uscita contro l’Ucraina, dalla Svezia, dalla Macedonia del Nord, e dall’appagamento post-Europeo vinto del 2021. Le colpe le hanno tutti, a partire da Gravina, come le aveva nel 2022, come le ha raccolte Spalletti, che dalla sua ha la responsabilità di un’eredità pesante, un macigno preso nel mezzo del nulla, tra una qualificazione da conquistare, per evitare di finire sul ciglio del burrone, e un Europeo dalle alte aspettative, ad un sistema calcio che non ne vuol sapere di cambiare, per mancanza di voglia e modo, non sapendo da dove ricominciare, ad una serie di mesti ricordi che allontanano ancor di più la gente dal calcio, a tutte quelle scuole calcio che propongono di insegnare la tecnica a bambini, figli di una politica del guadagno, per allontanarli dal valore concreto dello sport, lontani dalla strada, figli di modelli ultramilionari, visibili più sui social che su un campo da calcio, di tanti genitori pretenziosi che pensano di avere in casa un Maradona e fare risse sui campetti, delle tante polemiche sterili della domenica. Ecco da dove ripartire: dai giovani, dai valori. Lo ripetiamo per la terza volta in pochi anni, ma questa Nazionale è quanto di più lontano dal passato e dal futuro che vorremmo.

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