In una lunga chiacchierata concessa ai microfoni di Radio Serie A, il Ds dell’Inter, Piero Ausilio, ha affrontato diversi argomenti, tra cui la trattativa fallita per Lukaku la scorsa estate. Ecco uno stralcio delle due dichiarazioni.
Che percorso è stato per arrivare fino a qui?
“Un percorso lungo, di fatica e sacrifici. Ma anche bello, fatto con persone e allenatori importanti, e una proprietà che è stata in grado di essere vincente dopo aver raccolto l’eredità della famiglia Moratti”.
Che interista è?
“Sono una persona che cerca di vivere nel presente. Provo a dare una mano a questa società: ho fatto il mio percorso, e attraverso degli step mi sono formato e sono diventato più forte. Oggi mi sento solido, forte e competente per dare il mio contributo all’Inter”.
Nasce interista?
“No, nasco con il piacere per il calcio. Sono cresciuto nella Pro Sesto e ci ho anche lavorato, avendo finito la mia carriera prestissimo”.
Ha mai pianto per il calcio?
“Sì, tante volte. Ma sono esperienze che ti rendono più forte nella vita”.
La prima volta che ha pianto per l’Inter?
“Per qualche finale persa: non ho pianto, ma un po’ di amarezza resta. Anche se dal giorno successivo c’è subito la voglia di ripartire”.
Si ricorda il primo incontro con l’Inter?
“Trattai col responsabile del settore giovanile di allora: volevano che lavorassi a tempo pieno, ma stavo ancora studiando. Vinsi io: cominciai con un contratto di sei mesi, part-time. Anche se molte volte lavoravo parecchie ore in più. Era l’Inter di Ronaldo: la prima partita che vidi allo stadio da tesserato nerazzurro fu quella al Parco dei Principi nella finale di Coppa UEFA. Un giorno, poi, Moratti mi fece chiamare da un suo assistente chiedendomi di seguire la prima squadra: ero a San Paolo, dovetti andare a Kiev, dove si consumò una delle partite più importanti per il Triplete del 2010”.
Ausilio: “A Moratti devo molto. E su Thuram…”
Chi le ha cambiato la vita all’Inter?
“Devo moltissimo a Moratti: ho fatto con lui quindici anni, non posso che ringraziarlo. Il vero cambiamento è avvenuto con Thohir, fu lui a darmi l’incarico di direttore sportivo. Poi ci sono stati momenti non facili, è stato importante avere la fiducia di Steven Zhang: ldopo un periodo di assestamento mi ha dato grande fiducia. Li ringrazio tutti e tre”.
L’acquisto che la rende più orgoglioso?
“Si rischia di fare un torto… Quella di Lautaro è una storia particolare: era di fatto dell’Atlético Madrid, furono quattro giorni di trattative pazzeschi. C’era una clausola che fortunatamente Lautaro non voleva esercitare, e lì si giocò su tante cose: Zanetti mi diede una mano con i procuratori, Milito era il direttore sportivo del Racing e ci aiutò. Poco prima di chiudere Lautaro fece una tripletta con l’Huracan, ci costò qualcosa in più ma lo portammo a casa. Cito poi Balotelli: non se l’è giocata al massimo, purtroppo, nella sua carriera”.
E quello più complicato?
“Ce ne sono tanti: non è stato semplice strappare Pavard al Bayern Monaco, ma perché non c’era la volontà del suo club di privarsene”.
Quello mancato più clamoroso?
“Il miglior talent scout di questi anni in Italia è stato Pierluigi Casiraghi: i giocatori bravi li vedeva prima degli altri. Si accorse di Fabregas quando aveva 16 anni, si fece di tutto per prenderlo ma non ci fu la possibilità, perché andò all’Arsenal dal Barcellona”.
Lukaku è stato una delusione?
“Preferisco non parlare di un giocatore che è di un’altra società, non l’ho mai fatto in questi mesi. Dico solo che mi piace pensare al presente e al futuro, e Lukaku fa parte del passato: con lui abbiamo vinto uno Scudetto, ci ha portato una plusvalenza importante, e abbiamo perso due finali”.
Cos’è successo davvero con lui?
“Preferisco non parlarne. Dico solo che devono esserci educazione e rispetto: le cose stavano andando avanti, è evidente, ma a un certo punto sono venute a mancare. Ci sono operazioni che non vanno in porto, ma se c’è rispetto non è mai un problema. Quando invece ci si nasconde o si mandano risposte tramite altre persone si pensa a voltar pagina. Per me è un capitolo chiuso dall’8 luglio: non c’è alcun rammarico”.
La famosa telefonata in cui si arrabbiò è reale o una leggenda?
“No… Fu una telefonata decisa, ma nulla particolare. Dissi a Romelu quello che pensavo, dopo un po’ di tempo che non riuscivo a sentirlo”.
È stata un’estate interessante, considerando anche il caso Samardzic.
“Sono esperienze, dalle quali si impara sempre qualcosa”.
Che coppia è Ausilio-Marotta?
“Una bella coppia, che funziona in modo perfetto. Marotta ha una grande qualità: delega e dà fiducia alle persone, e io a mia volta trasmetto questa cosa ai collaboratori. Marotta è intervenuto con un no per un calciatore forse un paio di volte, magari perché conosceva aspetti caratteriali che io non conoscevo. È una grande fortuna, consente a un direttore sportivo di occuparsi del suo lavoro: io ho bisogno di un amministratore delegato, che si occupi dei rapporti, delle istituzioni, mi consente di restare concentrato sulle cose che mi appartengono di più”.
A proposito di coppie, Lautaro-Thuram?
“Una bella coppia, anche se mi piace parlare di quartetto: Sanchez ha iniziato a far vedere quello che può dare, presto lo farà anche Arnautovic”.
Quando ha iniziato a pensare all’acquisto di Thuram?
“La prima volta che ne parlai in società fu dopo la cessione di Lukaku al Chelsea: giocava esterno al ‘Gladbach, non sapeva nemmeno lui di essere un centravanti. Prendemmo Dzeko, ma ci mancava un altro elemento: lui era il prescelto, la negoziazione stava procedendo spedita grazie anche a Mino Raiola, ma purtroppo si infortunò al ginocchio. Dovemmo cambiare obiettivo. Ma quegli incontri rimasero la base per farlo arrivare quest’estate: il padre Lilian non aveva dimenticato che fossi stato il primo a dirgli che suo figlio potesse fare l’attaccante centrale”.
Sostituire Onana con Sommer è stato un azzardo?
“Avevamo bisogno di certezze, se n’era andato anche Handanovic. Approfitto per dire che Samir resterà a lavorare con noi, c’è un progetto che lo coinvolgerà. Si poteva puntare su portieri più giovani, ma Sommer era quello di cui avevamo veramente bisogno e lo sta dimostrando. Quando è arrivato aveva già imparato le parole importanti in italiano per un portiere, un professionista pazzesco”.
Meglio la coppia Marotta-Ausilio o quella Lautaro-Thuram?
“Per ora Marotta-Ausilio per questioni di anzianità (sorride, ndr). Ma spero possano crescere entrambe”.
Perché ci si affida sempre più ai parametri zero?
“Noi possiamo fare investimenti con grande attenzione, non si possono fare follie. Ci sono club che hanno molte più possibilità. Noi però siamo bravi: riusciamo a trovare situazioni più economiche, o ad arrivare prima sul giovane”.
E il sogno Champions quanto è vicino?
“Nella finale di Istanbul è cresciuta la consapevolezza di essere molto forti e competitivi. Siamo ambiziosi: esistono realtà che hanno dimensioni più grande della nostra, ma la pelle vogliamo venderla cara. Con Suning siamo partiti dal 50esimo posto del ranking, oggi siamo tra il settimo e l’ottavo. Forse questo ci darà la possibilità di partecipare al Mondiale per Club. Ora vogliamo qualificarci a tutti i costi agli ottavi”.
Cosa apprezza di Inzaghi?
“Semplicità, umiltà, genialità. E pigrizia (sorride, ndr). Ha la sua routine e delle esigenze che non puoi cambiare. È molto diverso dagli altri allenatori che abbiamo avuto. Lui è geniale: ha talento, ha un buon gusto per il calcio di qualità e fa star bene tutti. I ragazzi stanno bene insieme, ed è importante”.
È stato vicino all’esonero lo scorso anno?
“Mai, sono sincero: non è nella cultura di Zhang e di Marotta. Sapevamo che fosse un momento di difficoltà, ma che con unità d’intenti, e pungolando un po’ l’allenatore, ne saremmo potuti uscire. Siamo stati bravi a farlo e riprendere un cammino pazzesco, che ci ha portati di nuovo in Champions League, a vincere la Coppa Italia e a disputare la finale di Istanbul. L’esonero non è mai stato preso in considerazione”.
Che presidente è Zhang?
“Dal punto di vista tecnico, non avendo esperienza, non può magari dare un giudizio tecnico sulle qualità di un giocatore. Credo sia una grandissima cosa: permette ai dirigenti di fare il loro mestiere. Lui ha grande passione, segue tutte le partite ed è molto vicino a noi. Ci dà grande tranquillità e serenità, non si è mai arrivati all’esasperazione con lui. Cito il caso Skriniar: con altri presidenti avremmo visto atteggiamenti diversi, lui dà sempre l’idea di guardare oltre. È giovane, ha una mentalità molto imp