Auguri Ronaldinho: El Gaucho spegne le candele in cella
La quiete dopo la tempesta. La tempesta dopo la quieta. Al di là dei ludici scambi linguistici, c’è una realtà sottile che separa la vita dalla morte, l’apogeo divino dal punto più basso della mondanità e lo scotto da pagare è grandissimo. Il dettato europeo avrebbe recitato un solido “alla fine dei conti”, ma il taglio enunciativo poco si confà alle normative dell’America latina e ancor di più al brioso Brasile, che di per sé non spegne mai le luci sui singoli e redime le loro anime viziose.
Ronaldo de Assis Moreira, noto soprattutto come Ronaldinho, compie gli anni e raggiunge “quota” quaranta. E non è un compleanno qualsiasi. I piedi fatati si muovono in uno spazio ristretto e i comandi cognitivi non danno alcun impulso alla genialità precostituita. L’ex Milan è in carcere, ormai da diverse settimane, e la sensazione è che possa rimanere a lungo in Paraguay, il paese in cui attualmente sta scontando la pena.
I motivi dell’arresto
Lo scorso 6 marzo Ronaldinho è stato arrestato con l’accusa di aver esibito alla polizia aeroportuale paraguaiana, un passaporto falso. Insieme all’assolo brasiliano è finito dentro anche il fratello e agente, complice e anche lui sorpreso in fallo. Nei mesi scorsi erano rimbalzate alcune notizie, che volevano El Gaucho privo di liquidità, a causa dei troppi vizi contratti nel corso di una lunga carriera. Tuttavia stando al voluminoso budget, che il suo avvocato ha presentato alle autorità, sembrerebbe che l’assistito navighi ancora nell’oro. Ma non è tutto. Si rincorrono con insistenza, le voci, che vorrebbero la stella ex Barcellona vicina ad un giro d’affari clandestino e in cui i passaporti falsi rappresenterebbero di certo il nocciolo centrale.
A pane e Socrates
High hopes. Mentre correva l’anno ’82, Ronaldinho era ancora in fasce e un certo Socrates faceva sognare una nazione intera contro l’Italia. “So di non sapere”, il detto corrispondeva propriamente alla personalità dell’attaccante, che era un medico e non ne faceva per nulla sfoggio. Lontano dalla Spagna, cresceva invece il personaggio di un fumetto, buffo ma allo stesso tempo imprevedibile e che da lì a poco avrebbe vendicato il nome del Brasile in tutto il mondo, anche lui con umiltà. Poco riflessivo, ma con la verve giusta per sfondare. Una personalità iperbolicamente mite contrariamente a un Socrates che amava osservare e mettersi in disparte. Uno vicino al partito di Bolsonaro, l’altro democratico fino al midollo; uno con una gran fama in Europa, l’altro con una stagione alla Fiorentina e il rientro immediato in patria. Generazioni a confronto, specchi di una stessa stanza i cui arrendamenti cambiano in base al contesto storico e alle velleità sociali. Entrambi però croce e delizia per un paese, che non li ha mai disprezzati, ma consacrati, come due volti di una stessa medaglia e che campeggia la scritta “progresso”.