Il Milan è tornato, al Bernabeu vittoria e applausi per tutti
L’effetto Amarcord è servito, e l’esito è quello che nemmeno il più fiducioso dei tifosi rossoneri si sarebbe potuto immaginare. Il Milan sbanca al Bernabeu con un 3-1 da rifarsi gli occhi. Lo fa quando nessuno ci credeva, lo fa sulle amate note della Champions che è parte imprescindibile della sua storia, e lo fa ai danni di un uomo che lo è altrettanto. A conferma della serata nostalgica, la presenza di Carlo Ancelotti sulla panchina del Real crea un cortocircuito strano. Se la vittoria contro il Real rievoca dolcissimi ricordi di un passato (troppo) lontano, farlo al cospetto di Re Carlo ha un retrogusto amaro e quasi spiacevole. Nel labiale rubato a fine partita tra i due allenatori al consueto saluto di fine match, emerge il commento ideale della serata: “complimenti”. Questa la considerazione reiterata più volte dall’allenatore del Real Madrid durante la stretta di mano con Fonseca. E come dargli torto?!
Da giorni la sfida tra Real Madrid e Milan era stata dipinta con un nostalgico sguardo al passato, un tempo in cui le due compagini si sono avvicendate nel ruolo di regina della Champions, pardon, della Coppa dei Campioni. Da più parti, però, la rappresentazione è sembrata più un De Profundis per la squadra oggi allenata da Fonseca, vittima sacrificale annunciata con tanto di plotone di esecuzione vestito di blanco pronto ad attenderlo nel glorioso palcoscenico del Bernabeu.
Se nel raffronto con le foto del passato il tifoso milanista vive di sola nostalgia, quello madridista gode di una presenza costante nella élite Champions da venti anni a questa parte. E questo è un fatto, innegabile. Evidentemente, però, più di qualcuno ha dimenticato una regola incontrovertibile del calcio, ossia che tutte le partite iniziano palla al centro con il tabellino che recita zero a zero.
Di questo è consapevole Fonseca, e per questo motivo da settimane ormai corre dritto per la sua strada. Se il mondo mediatico trova una sorta di godimento maniacale nel proporre ossessivamente il tema dello scarso feeling tra lui e il connazionale Leao, Fonseca non guarda in faccia a nessuno. Al netto delle sconfitte più brucianti della stagione (Fiorentina e Napoli) la formula fin qui adottata gli ha dato ragione. A nessuno piace vedere i campioni immusoniti nella penombra di una panchina, ma a volte un periodo di purgatorio può far bene. Nella notte che conta, Leao è stato schierato da titolare ed è stato l’uomo della serata. Lo scontro diretto contro Mbappé è stato vinto ancora una volta (era già successo l’anno scorso col PSG), ma ancor di più Leao è stato uomo squadra, violino solista di una perfetta serata concertante.
Il Milan è stato squadra, collettivo, tra le performance da eroe omerico di Morata – giocatore onnipresente che ritrova anche il gol in Champions – e i passi di danza di Reijnders, fino a una prestazione quasi perfetta del reparto difensivo su cui svettano le mani di amianto di Maignan. E il plauso principale va al direttore d’orchestra Paulo Fonseca, autore di una impresa che nemmeno ad Arrigo Sacchi era riuscita: battere il Real Madrid mel fortino di casa sua. Il partito della sfiducia da cui è stato accolto l’allenatore portoghese sin dal suo arrivo a Milanello, probabilmente dopo questa notte magica avrà meno sostenitori per trovare un nesso di attualità con le lezioni che in contemporanea si sono svolte in America.
Il suo Milan è un cantiere aperto, e certamente vivrà altri momenti difficili con un andamento da montagne russe che probabilmente non poterà trofei a fine anno, ma mai dire mai. Anche perché la prestigiosa vittoria di questa sera, oltre a riaccendere le speranze per la classifica Champions, propone un tema interessante. In una pur non esaltante stagione fin qui, è la seconda volta che il Milan trova la vittoria contro avversari sulla carta superiori. Era già successo con l’Inter e i nessi sono numerosi. Successi nati come reazione a momenti di flessione, questi due risultati sono arrivati rispettivamente contro i Campioni d’Italia e i Campioni d’Europa in carica.
L’assioma che emerge dimostra che il Milan di Fonseca teoricamente può giocarsela alla pari con qualunque avversario. I suoi detrattori – gli stessi che derubricarono la sua vittoria nel derby a una partita vinta contro un avversario stanco – troveranno analoghe pecche nella performance del Real. Ma due indizi fanno una prova.
Se la prestigiosa notte da Campioni vissuta dai rossoneri rappresenterà la vera svolta stagionale sarà il tempo a dirlo. Lo si era detto in occasione del derby, ma qualcosa non ha funzionato nelle successive partite. Ieri sera si è rivisto il Leao dello scudetto, e chissà che non possa essere proprio questa la chiave di volta per la svolta. Forse la panchina purgatorio a qualcosa è servita, ma la rotta non può essere il paradiso: il Diavolo deve tornare all’Inferno per smetterla di vivere di soli ricordi. La strada è ancora lunga, certo, ma forse è iniziata oggi.