Affaire – Allardyce come punto di svolta

IL SILURAMENTO DI “BIG SAM” SANCISCE LA MORTE DEFINITIVA DEL MANAGER ALL’INGLESE

Siamo a Marrakesh, in Marocco. Si stanno disputando i Mondiali per club, ultimo appuntamento calcistico che chiuderà l’anno solare 2014. Vincerà, come da pronostico, il Real Madrid di Carletto Ancelotti e Cristiano Ronaldo.

In quel dicembre però, su altri schermi si sta giocando un’altra partita, partita nella quale verrà messa la parola fine al fenomeno delle Third Party Ownership, le famigerate TPO. Dal 1 Maggio 2015, le multiproprietà dei calciatori sono vietate tassativamente su tutto il pianeta.

L’Inghilterra, grazie alla figura di Richard Scudamore, CEO della Premier League, aveva già anticipato i tempi, frenando quasi sul nascere un fenomeno che aveva preso campo in Sudamerica, attecchito in Europa e rischiato di contaminare il calcio dei maestri.

I casi Tevez e Mascherano sono stati un precedente, anzi, una condizione necessaria e sufficiente per far sì che certi mercanti venissero banditi dalla terra d’Albione, al fine di evitare tratte di schiavi più che campagne di trasferimento, senza contare poi il rischio di partite truccate, già messo a dura prova dato il numero e la varietà pressochè illimitata di scommesse legali presenti nel Regno Unito.

Rimaniamo in Inghilterra, dove si sviluppa la nostra storia. La Nazionale con i tre leoni sul petto, guidata da Roy Hodgson, è uscita malconcia dagli ultimi Europei, strapazzata dall’Islanda negli ottavi di finale.

La Football Association, volendo mantenere un imprinting prettamente inglese, nomina come successore Sam Allardyce, bandiera sul campo e in panchina del Bolton, nonchè tecnico anche di Newcastle, West Ham e Sunderland.

Per “Big Sam” finalmente si schiudono i cancelli di Wembley, dopo che già anni prima era andato vicinissimo a sedersi sulla panchina più ambita e più scomoda del Regno Unito, ma al suo posto venne scelto Steve Mc Claren, delfino di Sir Alex  Ferguson ai tempi di Manchester.

Grazie a un gol di Lallana allo scadere, all’esordio il 4 Settembre a Trnava, ottiene una risicata ma importante vittoria contro la Slovacchia di Hamsik nella prima partita che inaugura la campagna di Russia, sede dei prossimi Mondiali nel 2018.

Sarà un assaggio, perchè poi tutto precipiterà irrimendiabilmente. Il 26 Settembre, incastrato da due giornalisti d’inchiesta in incognito del Daily Telegraph, spacciatisi per affaristi che volevano mercanteggiare nel mondo dorato della Premier, avrebbe offerto loro, dietro lauto pagamento (400 mila pounds), eventuali consulenze per aggirare le regole volute da Scudamore. Il video che lo incastra fa il giro del mondo. Il buon (si fa per dire…) Allardyce si dimette il giorno dopo.

Il calcio inglese ne esce, a livello di immagine, letteralmente in frantumi.

Ma potrebbe, questa vicenda squallida dai contorni ancora non del tutto definiti, essere una buona occasione per cambiare totalmente l’approccio mentale alla professione di manager, dove all’ aspetto tecnico e tattico, per non dire atletico, veniva preferito appunto quello puramente manageriale.

Approccio che, nonostante la molteplice estrazione di gran parte dei tecnici della Premier, ha impoverito di parecchio il livello medio di preparazione degli allenatori di casa, indietro di almeno vent’anni e poco propensi ad un upgrade delle loro conoscenze, ormai legate ad una concezione preistorica del football.

Se il “kick and rush” continua a prendere piede in realtà piccole, che fanno della sopravvivenza il loro credo, nei quartieri alti ormai si viaggia a velocità siderali, grazie alla presenza di figure come Mourinho, Wenger, Klopp, Guardiola e via discorrendo. Lo stesso Ranieri, con un calcio fatto di semplici accorgimenti e buon senso, ha portato a casa una Premier miracolosa col piccolo Leicester. E il tecnico romano non appartiene di certo alla “nouvelle vague” del calcio, ma ha saputo aggiornare il proprio patrimonio di grande esperienza maturato sui campi di mezza Europa. Sinonimo questo di grande umiltà, unito ad un culto della professione unico, perchè improntato su una straordinaria umanità che lo ha reso una grande uomo spogliatoio, un compagno di lavoro.

La figura di Jurgen Klopp, poi , potrebbe essere seminale in tal senso. Arrivato sulla panchina del Liverpool nell’Ottobre 2015 al posto dell’ottimo Brendan Rodgers, dopo una stagione di rodaggio (che ha portato i Reds a una finale di Euroleague), quest’anno vede finalmente plasmarsi la sua creatura.

Quali cambiamenti ha introdotto il tecnico tedesco? Semplice, pur essendo uomo di campo, ha contribuito alla costruzione della squadra in sede di mercato, instaurando un rapporto simbiotico col presidente Mike Gordon, che di fatto lo ha nominato anche “director of football”. Della serie, Klopp si occupa prettamente del campo, ma i giocatori che faranno parte del suo progetto verranno prima valutati da lui (un privilegio che Rodgers non ha avuto….). Lato manageriale in funzione del lavoro da svolgere sul terreno di gioco, ma senza maneggiare una singola sterlina. L’ultima parola spetta al Fenway Group, ma il parere di Klopp avrà un peso enorme.

 

Se i risultati saranno all’altezza, i tecnici inglesi avranno l’occasione di recuperare il tempo perduto. Alla faccia dell’avidità che ha contraddistinto il loro essere manager da scrivania più che da rettangolo verde.

Intanto alla guida dei Bianchi coi tre leoni sul petto è salito, ad interim, Gareth Southgate, tecnico dell’Under 21, che in passato si è visto bazzicare nei pressi della Masia per studiare e conoscere l’universo – Barça.

 

Questo, rispetto ai vari Alan Pardew e compagnia , lo mette decisamente su uno scranno differente. A meno che alla FA non decidano di ridare una connotazione esterofila al progetto – Nazionale. I vari Laurent Blanc e Roberto Mancini, già peraltro avvistato a Wembley durante Inghilterra – Malta, attendono novità.