Manchester United e Mourinho in crisi
Lo United ha estromesso il City di Guardiola dalla Coppa di Lega inglese, ma i problemi rimangono
Ci sta che si possa perdere a Stamford Bridge. Ci sta che si possa perdere 4 a 0 contro il Chelsea. Ci sta che in casa possano vincere i Blues, tra le squadre più accreditate a vincere la Premier. Ci sta di essere a meno sei punti dalla prima posizione e a cinque dal quarto posto Champions League. Ci sta di fare un campionato anonimo. Non ci sta che la squadra di cui si sta parlando tra le righe sia il Manchester United di José Mourinho. I Red devils domenica scorsa hanno perso sonoramente 4 a 0 contro la squadra di Antonio Conte e, già dopo nove giornate, sembrano salutare i sogni di gloria di poter tornare a vincere, dopo quattro anni, la Premier League. Che scoppola per una squadra costruita in estate per cercare l’assalto alla vittoria nel campionato più bello del Mondo! Che scoppola per Mourinho, sonoramente sconfitto nello stadio che lo ha fatto diventare grande.
E lo stesso tecnico portoghese sembra essersi “travestito” contemporaneamente da David Moyes, Ryan Giggs e Louis van Gaal, i coach che prima di lui (e dopo sir Alex Ferguson) hanno preso in mano lo United cercando di farlo tornare ai fasti del recentissimo passato, non riuscendoci nella maniera più categorica. Ed invece, nonostante gli arrivi estivi di Zlatan Ibrahimovic, Paul Pogba e Henrix Mikhitarian, oltre ad una rosa superlativa già in essere, dalle parti Old Trafford si inizia a pensare male. E a fine ottobre essere (quasi) tagliati fuori per la vittoria di un titulo fa molto male. Soprattutto dopo che si è investito moltissimo proprio su un allenatore che di tituli se ne intende, ovvero lo Special One.
Nonostante la rosa molto forte, alcuni pezzi da novanta sono desaparecidos: dal fuori rosa Schweinsteiger a Schneiderlin e Young, dall’abulico Mikhitarian al nostro Darmian, da Rojo a Depay, stelle che sono in crisi da inizio stagione e o non sono riuscite a fare vedere il meglio del loro repertorio. Senza contare che Pogba sta incidendo poco e Ibra brancola nel buio e con appena quattro reti è il top scorer della squadra in campionato.
Squadra, coach o dirigenza: di chi è la colpa?
Dove sta l’errore in tutto ciò? Se si è preso il meglio in giro tra campo e panchina, come si fa ad inseguire a fine ottobre? Innanzitutto ci sarebbe da andare a monte, ovvero alla dirigenza: lo United da quando Ferguson ha deciso di dire basta, ha avuto troppa frenesia, ha comprato “figurine” unit a giocatori di scarso valore ed il fatto che Mourinho sia il quarto tecnico in quattro stagioni, fa pensare molto al fatto che nella Manchester sponda United si sia perso il concetto di programmazione, termine che piace nel calcio moderno nato proprio da quelle parti. Quattro tecnici totalmente agli antipodi tra loro, milioni e milioni di euro spesi per fare tornare grande lo United quando invece bastava anche solo prendersi un anno di pausa dopo il “pensionamento” del grande coach diGlasgow, ragionare accuratamente per poi ripartire di slancio. Ed invece, la appena citata frenesia sta facendo impazzire un’intera piazza poco incline a questi shock ma che invece inizia a “prenderci gusto”.
Per carità, ci sta di perdere contro il Chelsea, ma non come domenica con tantissimi errori difensivi e di impostazione quasi che il Manchester United fosse una normale squadra che lotta per salvarsi. Lo United a fine anno si salverà (ci mancherebbe), ma terminare un’altra stagione senza nulla di pesante in bacheca equivale come arrivare quart’ultimi, salvi per un pelo.
La dirigenza dei Red devils ha bruciato in queste stagioni fior fior di giocatori, arrivati a Manchester con le stigmate dei predestinati e lasciati andar via perché eterogenei con i vari progetti (leggasi alla voce “Angel di Maria” o “Chicharito Hernandez”), senza la benché minima traccia di plusvalenza. E fa quasi sorridere il fatto che il Manchester Uniter abbia in rosa gente del calibro di Memphis Depay, Daley Blind (al netto degli errori), Marcos Rojo, Luke Shaw, Marouane Fellaini, Juan Mata. Antony Martial, e sia costretto a rincorrere Manchester City, Arsenal, Liverpool e Chelsea ed essere dietro anche a Tottenham e alla sorpresa Everton. Sembrano lontani anni luci i tempi di Giggs, Scholes, Cristiano Ronaldo, Vidic, Ferdinand, Solskjær, Beckham e Van Nistelrooy.
In cinque anni, la famiglia Glazier ha speso oltre 600 milioni di euro in campagne acquisti e ha aperto la mitica bacheca dei Red devils per metterci dentro solamente una Premier League (con ancora sir Alex in panchina), una Coppa d’Inghilterra ed un Community Shield. E la vittoria di mercoledì sera in FA Cup contro il ManCity (gol di Mata) che ha estromesso i Guardiola boys dal prestigiosissimo torneo, potrebbe dare un po’ di ossigeno a Ibra e compagni.
Rooney o non Rooney, questo è il problema
E’ brutto dare colpe ed è brutto infierire, ma si può parlare di un problema Rooney in casa Red devils: il rosso attaccante di Liverpool, arrivato ad Old Trafford nell’estate 2004, è il faro di questa squadra nonché il capitano e per lui parlano i numeri (e l’ingaggio). Eppure questo Rooney, che ha appena compiuto 31 anni, non serve a nulla a questo United. Il motivo? Semplice, non regge il ritmo ed il fatto di non voler capire di dover lasciare spazio ai giovani (leggasi alla voce “Marcus Rashford”) è un problema. Mourinho non lo ha convocato per la trasferta di Londra e nelle ultime tre partite di Premier ha giocato in tutto neanche quarantacinque minuti totali, ha segnato un solo gol (alla prima giornata contro il Bournemouth) e servito due assist vincenti. Se lo United è a -6 dalla first position non è colpa del solo Rooney, ma in una squadra di calcio si vince e si perde tutti insieme, anche se ci si chiama Wayne Rooney, si è il capitano e miglior marcatore di sempre della Nazionale e con i Red devils si sono segnate 246 reti.
Anche Mourinho non è esente da colpe, soprattutto nella gestione di molti giocatori. Arrivato a Manchester dopo lo scotto dell’esonero dal Chelsea dello scorso dicembre, quasi un anno dopo è lo stesso Chelsea a gelare il mago di Setubal che ora deve fare i conti con le statistiche: dopo nove giornate di campionato, il suo United ha lo stesso passo di quello di Moyes (14 punti in nove giornate), considerato uno dei peggiori allenatori visti ad Old Trafford negli ultimi decenni. Ma come, il grande Mou alla pari di un allenatore di provincia? Eh si, i numeri non mentono mai, anche perché Moyes prima dello United aveva allenato per ben undici anni i cugini poveri del Liverpool, l’Everton, senza vincere nulla ed ottenere un quarto posto come best ranking mentre il palmares di Mou parla da solo.
AAA cercasi risultati convincenti per una grande del calcio mondiale che ha perso la bussola.