Quando la Spagna eravamo noi. 42 anni fa il trionfo Mundial

Paolo Rossi, Tardelli e Altobelli abbattono la Germania di Rumenigge in una notte fatata ed indimenticabile

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Paolo Rossi

La notte magica di Pablito; l’Italia conquista il suo terzo mondiale!

Quarantadue anni, mica un giorno!
Eppure mi ricordo tanto, quasi tutto di quella sera, poi divenuta notte, una notte magica.
Il primo flash è un botto, quello del tappo dello spumante che parte subito, quasi contemporaneamente al gesto di Coelho, l’arbitro brasiliano, che si china per raccogliere il pallone ed innalzarlo al cielo dopo l’ultimo tocco di Gentile; poi, ecco che appare mia nonna con la classica “cofana” piena di spaghetti calati per tempo, evidentemente in barba ad ogni forma di scaramanzia.
Del resto quella partita, quella finale, non la possiamo proprio perdere, non dopo aver surclassato i polacchi in semifinale, non dopo, soprattutto, aver buttato fuori dal Mondiale l’albiceleste del giovane Maradona, campione in carica e destinata a vincere di nuovo quattro anni dopo, ed il Brasile extralusso di Zico, Junior, Cerezo e Falcao, solo per citarne alcuni.
Quella sera nessuno ci può fermare, tantomeno i tedeschi occidentali, vecchi marpioni che arrivano sempre e comunque in fondo.
Tra tavolo, divano, sedie e postazioni di fortuna (noi più piccoli stiamo direttamente sul pavimento) saremo una quarantina; almeno tre, quattro famiglie riunite, come si faceva una volta per le feste comandate, e quella lo era, doveva esserlo e lo fu.
Cabrini un pochino ci spaventa gettando alle ortiche il facile vantaggio ma alla prima mischia, nel secondo tempo, la palla schizza in porta. E quando un pallone finisce dentro quasi senza che se ne capisca il motivo puoi giurarci che lui ci abbia messo lo zampino. Infatti: 1-0 Paolorossi!
Dopo è una cavalcata ma stavolta le valchirie siamo noi. Tardelli col suo urlo supera Munch, Altobelli danza sulla palla, Pertini in tribuna balla, in barba a qualsiasi protocollo…
E’ fatta! Siamo Campioni del Mondo per la terza volta; ma per me è la prima, la più bella, l’indimenticabile.
I calciatori dell’epoca diventano per tutti quelli della mia generazione delle figure mitologiche; “Gheddafi” Gentile è l’uomo del lavoro sporco. Zico e Maradona hanno temuto per anni di trovarselo pure in casa, tanto strette e asfissianti furono le sue marcature ”ad anima” altro che a uomo! Zoff, il capitano, ci ha tolto cinque anni di vita bloccando sulla riga un colpo di testa di Oscar agli sgoccioli della sfida col Brasile, ma passerà alla storia anche per lo scopone scientifico sull’aereo di ritorno in coppia col Presidente e per essere l’unico parlante di una compagnia silente. Da laziale un po’ mi rode ma il più forte gioca coi cugini; di nome fa Bruno, di cognome Conti, detto Marazico; un piccoletto tracagnotto tutto nervi e colpi di tacco; se devo ricordare delle immagini simbolo di quel mondiale, una è senza dubbio la sua cavalcata irrefrenabile contro la Polonia. Arriva fin sul fondo e poi la piazza proprio sulla fronte di Pablito che, quasi per ringraziarlo, per metterla dentro s’inginocchia…
E poi l’eterea eleganza di Scirea, i bulloni sudati di Oriali, la maturità precoce dello “Zio” Bergomi, il pianto di “Ciccio” Graziani costretto ad uscire anzitempo proprio sul più bello, ed in panca, pipa perennemente pronta all’uso, il “Vecio” Bearzot, padre padrone di quella banda di pirati un po’ sghembi e scalmanati che in quel magico mese spagnolo divenne un gruppo fantastico, una vera e propria famiglia della quale tutti noi, ancora oggi, ci sentiamo in fondo di far parte.