I 70 anni di Marazico, in arte Bruno Conti

37
Bruno Conti ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

La storia di Bruno Conti parte da lontano, anche se non troppo, e passa addirittura per un altro sport: Conti nasce infatti il 13 marzo del 1955 a Nettuno, città di mare a meno di 70 chilometri dalla Città Eterna e tempio italiano del Baseball, che vanta una delle squadre più titolate d’Italia e vincitrice anche di alcune Coppe d’Europa.

Gli esordi

Bruno non sfugge al fascino del “diamante”, anzi viene ben presto considerato una vera promessa dello sport cittadino, tanto da arrivare anche ad esordire, giovanissimo, in prima squadra e da attirare l’attenzione del Santa Monica, che arriva a chiederne il trasferimento in America per farne un grande campione; ma il piccolo Conti, di origini umili e poco incline allo studio, ha un’altra passione in fondo al cuore e quando può scorazza per le strade di Nettuno con un pallone in mezzo ai piedi.
La classe è da subito evidente, specie quel suo piede sinistro, piccolo e fatato, col quale sembra poter fare davvero di tutto.

Ciononostante, al calcio, quello vero, arriva piuttosto tardi: ha già 18 anni, infatti, quando, dopo una serie di provini andati male con Bologna, Roma e Lazio, per via di quel fisico così minuto e della statura tutt’altro che da corazziere, la Roma ci ripensa e Trebiciani lo porta al “Tre Fontane”, impianto dell’Eur dove all’epoca (siamo nella prima metà degli anni 70’) si allenano i giallorossi.
Abilissimo nel dribbling, fondamentale nel quale a volte s’intestardisce anche troppo (“ero innamorato del pallone, avrei dribblato pure i pali della porta”…), Conti è un folletto irrefrenabile che corre su tutto il fronte offensivo, indossa la maglia numero 7, tipico dell’ala destra, ma opera spesso sulla fascia opposta, liberandosi al tiro col suo piede preferito o confezionando cross al bacio per i suoi compagni di reparto. Nonostante la statura è molto potente nelle sue conclusioni, alle quali riesce a dare effetti difficili da prevedere dai portieri avversari, anche se non sarà mai un bomber, bensì una vera fucina di assist e fantasia.

La Roma di Liedholm

Al primo anno, anche grazie al suo apporto, la Primavera vince lo scudetto e Liedholm, che di giovani se ne intende, non esita a portarlo in prima squadra facendolo esordire contro il Torino il 10 febbraio del 1974; l’anno dopo le presenze diventano 3 ma l’ambiente giallorosso è difficile per un giovane alle prime armi, sia pure di gran talento, e così Bruno viene spedito a farsi le ossa al Genoa, in serie B. Qui, sotto l’abile e saggia guida di Gigi Simoni, il mago delle promozioni, Conti disputa una stagione straordinaria collezionando 36 presenze “condite” da 3 reti ed innumerevoli assist per il centravanti rossoblù, Roberto Pruzzo, con il quale instaura una solida amicizia condividendone anche l’esperienza di leva.

Il bomber di Crocefieschi infila 18 palloni nelle reti avversarie e anche grazie alla collaborazione di Conti diventa il capocannoniere della serie B. Il Genoa vince il campionato e torna nella serie maggiore mentre il giovane tornante viene richiamato alla base; a Roma tuttavia, nonostante un impiego più continuo, non riesce ad imporsi per il suo reale valore ed accetta quindi di buon grado di tornare in Liguria quando la dirigenza genoana lo pretende in cambio dell’acquisto dello stesso Pruzzo.

Roma per sempre

Sembra l’epilogo amaro e malinconico della sua avventura in giallorosso, la solita storia del talento inespresso, della promessa non mantenuta…ma il Barone Liedholm non lo ha dimenticato, e, tornato sulla panchina romanista, decide di ricomporre la coppia Conti –Pruzzo, segnando le loro fortune e quella della Roma che di li a poco, stagione 1982-83 tornerà ad essere Campione d’Italia dopo 60 anni!

Conti, con Falcao, Ancelotti, Di Bartolomei e lo stesso Pruzzo, costituisce il nucleo storico di quella squadra che vince anche per cinque volte la Coppa Italia e, nel 1984 arriva a toccare il punto massimo della sua storia, disputando, proprio all’Olimpico, la finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool. L’esito non è quello sperato e Conti, con Graziani, è uno dei protagonisti più sfortunati della serata, calciando sulla traversa uno dei rigori che portano il titolo nelle mani degli inglesi.

Tra alti e bassi la sua storia nella Roma prosegue fino al 1991 quando, vittima di un infortunio e poi delle forti incomprensioni con il tecnico Bianchi, disputa una sola gara (di Coppa Uefa) in tutta la stagione; nel giorno dell’addio, il 23 maggio 1991, sono più di 80.000 i cuori giallorossi che vanno a salutarlo, superando le presenze registrate il giorno prima per la finale di Uefa persa contro l’Inter. Questo dato la dice lunga sull’amore che il popolo romanista ha riversato nei confronti del suo “figlioccio” prediletto.

Un amore chiaramente ricambiato perché Bruno Conti non solo rifiuta, nei suoi anni migliori, la corte degli squadroni del nord e del Napoli di Maradona (che lo vorrebbe al suo fianco reputandolo con Giordano uno dei pochi calciatori italiani alla sua altezza), ma si lega indissolubilmente al club anche nel dopo carriera, divenendo uno straordinario scopritore di talenti nelle vesti di Responsabile del Settore Giovanile, incarico ricoperto fino a pochi anni fa. Nella stagione 2004-05, dopo le dimissioni del tecnico Luigi Delneri assume per alcuni mesi la guida della prima squadra, portandola in finale di Coppa Italia e garantendole l’accesso alla Coppa UEFA.

Il 20 settembre 2012 è stato tra i primi 11 giocatori ad essere inserito nella hall of fame ufficiale della Roma.

Grande anche in Nazionale

Bruno Conti scrive delle pagine storiche anche in maglia azzurra, con la quale conquista il titolo di Campione del Mondo in Spagna nel 1982. Bearzot lo chiama per la prima volta nel 1980, inserendolo gradualmente al posto di Franco Causio e preferendolo all’altro talento capitolino Vincenzo D’amico, dotato di altrettanta fantasia ma meno continuo e poco propenso al sacrificio. In complesso totalizza 47 presenze con 5 reti all’attivo.
Decisivo in molte circostanze, Conti è superlativo nel mondiale spagnolo guadagnandosi l’appellativo di “MaraZico”! Pelé lo definisce il “più brasiliano degli europei” e lo elegge miglior giocatore della competizione, anche se il Pallone d’oro finisce nelle mani di Paolo Rossi. Azione simbolo di quella straordinaria campagna azzurra l’azione del raddoppio di Rossi alla Polonia, con “Pablito” che s’inginocchia per deporre in rete il pallone “al bacio” servitogli dal Campione di Nettuno.

Vita Privata – Figlio di Andrea, muratore, Bruno aiuta l’economia familiare consegnando bombole del gas in giro per Nettuno. Prima di diventare Marazico viene soprannominato il gnappetta per il suo metro e sessantanove d’altezza, ed il Glorioso come il lanciatore mancino di baseball, Giulio Glorioso, suo idolo dell’infanzia. Sposato con Laura, conosciuta quando da bambino lavorava nel negozio di casalinghi della zia, ha due figli: Daniele (Nettuno 9 gennaio 1979) che esordì in serie A con la Roma il 24 novembre 1996, ed è stato capitano del Cagliari, ed Andrea (Roma 23 agosto 1977) meno costante del fratello e protagonista all’estero e nelle serie minori sempre con squadre di secondo piano.

Recentemente ha affrontato la partita più dura mostrando la solita caparbietà e voglia di vincere, dribblando, si spera definitivamente, anche il destino.
Buon compleanno campione!